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Neonati accolti dalle braccia della mamma, pronti a scoprire un nuovo mondo, aprono gli occhi sbalorditi, poi strillano, piangono e tra un gemito e l’altro sorridono. Grida riecheggiavano nel reparto ospedaliero, l’andirivieni delle infermiere si faceva più frequente e s’intravedeva un uomo in lontananza, leggermente appoggiato alla porta d’ingresso della sala, faceva rapidi cenni al caporeparto. Quest’ultimo si avvicinò all’uomo, si strinsero la mano e l’accompagnò al reparto di pediatria il cui paesaggio era rappresentato da una schiera molteplice di culle all’interno delle quali vi erano le prime creature. L’uomo all’apparenza freddo e formale, era un iniettatore di coscienza, funzionario riconosciuto dal nuovo Stato, che aveva il compito di creare prematuramente un pensiero, una coscienza prestampata al povero nascituro. Iniettata la “droga” al neonato, dopo il breve periodo di allattamento, erano già pronti a parlare, a sostenere, a far le veci dell’ unico e inconfondibile partito leader, il PDUL. Il partito dell’unica Libertà aveva fatto fuori nel giro di pochi anni tutti gli avversari e solo nel famigerato cimitero dei partiti si annusavano vecchi ricordi del PCI e del PSI e ancora PD e ancora una volta del PPI e ne mancavano ancora 47, vissuti nel fango da tempo, avevano ritrovato la loro meritata madrepatria. Protagonista del presente e dell’avvenire, era il nobile partito che rappresentava ormai la nuova Italia, madre di fi gli sempre uguali, identici, pronta a metter sul trono un unico pensiero invece di tanti e variegati. Dicevano che avevano raggiunto un equilibrio, una solidità nel Paese, niente Opposizione, nessuna coalizione, nessuno ormai ostacolava ciò che poteva destabilizzare una tanta desiderata armonia, fi nalmente erano liberi e felici…felici e liberi dicevano. Giorno di votazioni, nel Paese era per lo più un atto simbolico vedere milioni di Italiani depositare nelle urne il proprio voto a favore del tanto amato partito. Era tanto meraviglioso quanto scontato immaginare milioni di formiche di ugual colore ansiose nel metter in magazzino la propria briciola per assicurarsi una valida e inafferrabile speranza nel futuro. 60.054.511 ab. italiani dovevano votare l’unica potenza della nazione, dovevano ribadire l’assoluta egemonia del partito, dovevano garantire sicurezza e solidità nel Paese. Ahimè non fu così, ringraziamo la divina Provvidenza, una qualsiasi divinità, perché tra le tante e infi nite urne vi era un’astensione, un foglio non macchiato, un voto scomparso tra i mille archivi, un voto anarchico, che se ne fregava dello Stato e che quel giorno stava passeggiando spensierato in campagna tra un sospiro di vento e l’altro. Il Paese in allarme, il Paese in fi amme, il Paese si piscia sotto. Sono sicuro che si cambierà.