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Vigilesse per passione, in divisa per scelta, severe per dovere
15 marzo 2005

Cinque volti nuovi vestono la divisa del corpo della polizia municipale della nostra città, due di questi appartengono a due giovani donne. Abbiamo chiesto di incontrarle e di conoscerle un po' meglio, non solo per capire come funziona il binomio donna-vigile urbano, ma anche perché il loro sorriso e la loro voce diventino familiari alla maggior parte dei cittadini, prima del loro fischietto e del loro taccuino delle contravvenzioni. Patrizia Vivacqua e Giovanna Fumarola sono le nuove vigilesse in forza al comando dal 15 dicembre 2004: Patrizia ha 37 anni, è sposata, laureata in scienze politiche ed è originaria e tuttora residente a Giovinazzo; Giovanna ha 28 anni, è laureata in matematica, vive anche lei a Giovinazzo, pur essendo molfettese, ha una bimba di pochi mesi. L'iter concorsuale che le ha viste protagoniste è stato lunghissimo ed è cominciato addirittura nel 2000: un finanziamento messo a disposizione dall'Unione Europea, previsto nel bando di concorso, ha richiesto il superamento di numerose prove, sostenute a Bari e a Roma, superate le quali, le due donne hanno avuto accesso ad un corso svoltosi a Pozzuoli cui sono seguite altre prove. Una volta concluso il tutto, è subentrato il varo della nuova finanziaria del 2002 che prevedeva il blocco delle assunzioni per i Comuni che non avevano rispettato il patto di stabilità - e Molfetta era uno di questi -; poi, finalmente, le assunzioni nel 2003 di due unità e, solo nel 2004, delle altre per coprire i restanti posti a concorso. Nel frattempo è cambiato il codice della strada, è stata introdotta la patente a punti… ed è arrivata, finalmente, la divisa. La scelta professionale «Mio padre era vigile urbano a Molfetta». Giovanna Fumarola (nella foto) ci tiene subito a puntualizzare, con orgoglio, che la sua scelta lavorativa è stata motivata da un desiderio che aveva fin da bambina. Ha scelto di portare la divisa della polizia municipale e la sua determinazione le ha dato ragione. Patrizia Vivacqua invece non nasconde di essere stata attratta dall'idea di fare questo tipo di professione solo in un secondo momento e soprattutto nella selva delle possibili strade lavorative che una giovane donna può scegliere di intraprendere. Due donne dunque, in un ambiente dove la maggior parte dei colleghi sono uomini: ci siamo chiesti, peccando un po' di retorica forse, se questo… ha fatto - e fa - la differenza soprattutto nel rapporto con il cittadino. Entrambe affermano con sicurezza un benessere professionale immediato come, del resto, l'impatto positivo con la città: «se il cittadino ritiene di dover contestare qualcosa, non bada tanto a chi porta la divisa». Non mancano certo momenti di intemperanza ma, “di fronte a delle signore” è più facile che la contestazione si faccia meno colorita che non in presenza di soli uomini. Quando parlano dei colleghi poi, è evidente la gioia di far parte di uno staff all'interno del quale cortesia e rispetto sono la costante, in servizio e non: tutti le hanno accolte come due innesti qualificati e professionalmente “alla pari” accettando però contemporaneamente l'inevitabile ruolo di guida per un mestiere che necessita molto – anzi soprattutto – del buonsenso e della perizia che si acquistano solo dopo anni di servizio. «Siamo quotidianamente portate ad imparare dai nostri colleghi professionalmente più anziani – racconta Patrizia Vivacqua (nella foto) – e, se a questo si aggiunge il piacere di lavorare con uno staff qualificato ma, prima ancora, umano, il lavoro si fa più leggero e piacevole». Il quotidiano Dopo i primi giorni di comprensibile curiosità (momenti “di paese” tipici di una città come la nostra) la loro presenza per le strade di Molfetta è diventata una costante cui tutti sembrano essersi subito piacevolmente abituati: è facile infatti che, proprio perché si ha che fare con delle donne prima che con dei vigili, i cittadini si rivolgano loro anche per un consiglio, per denunciare disfunzioni, per informazioni di ogni genere… per chiedere aiuto. Non mancano nemmeno momenti fuori dalle ordinarie competenze di un agente di polizia municipale e questo, le due donne ne sono sicure, avviene perché la gente è abituata a vedere proprio nei vigili urbani il canale intermediario per contattare i carabinieri, i vigili del fuoco o per allertare le strutture ospedaliere: è possibile che la loro mediazione nei confronti di queste figure dia la sensazione di essere maggiormente tutelati. Dopotutto, capita sovente, che gli agenti di polizia municipale collaborino con le altre unità come, appunto, i carabinieri o i vigili del fuoco perché, a seconda del caso specifico, può essere necessario un numero di uomini maggiore di quello disponibile al momento o bisogna espletare più mansioni che richiedono la partecipazione di diverse figure, ognuna con mansioni diverse. Conciliare lavoro e privato poi, non è un problema per nessuna delle due donne. I quotidiani turni di sei ore permettono loro di organizzare perfettamente la loro vita familiare, dalla quale ci tengono a tenere ben lontana l'ufficialità della divisa, affrontando con piacere il loro ruolo di moglie o di madre che ha, evidentemente, la priorità su tutto, perché alle ore in servizio e alla divisa è legato un ruolo che è diverso da quello che si ricopre in casa e in famiglia. Il sorriso con cui siamo stati accolti è lo stesso con cui ci congediamo da queste due donne. È lo stesso con cui ogni giorno prendono servizio e si dedicano, è il caso di dirlo, alla nostra città. Parlare con loro è stato un modo per guardarla da un ulteriore punto di vista… che ci è piaciuto. Francesca Lunanova francesca.lunanova@quindici-molfetta.it
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