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Tornati a casa i molfettesi della “Garibaldi” “Grazie a Quindici on line siamo stati meno soli e più vicini a Molfetta”
15 marzo 2002

“Finalmente è finita”. Ha la voce rauca Angelo Michele Amato, sottufficiale molfettese della Marina Militare di ritorno dalla missione sulla portaerei italiana “Garibaldi”. E' molto raffreddato. Colpa dello sbalzo di temperatura improvviso. “Sa – ci spiega al telefono – laggiù nel mare Arabico, le temperature erano molto alte: mai al di sotto di 30°”. A Taranto, come gli altri 850 colleghi, è approdato lunedì sera, ma a casa, nella sua Molfetta, è rientrato solo martedì. Ad attenderlo, con gli altri parenti, la giovane moglie e la figlia. “Quando sono partito, a dicembre, mia figlia Ilenia aveva appena 15 giorni. Ora ha quattro mesi. Stentavo a riconoscerla per quanto è cresciuta”. Angelo Michele Amato ha solo 32 anni, “ma – precisa perché non vuole la palma del più giovane – a bordo delle tre navi italiane c'erano moltissimi altri ragazzi. Volontari, militari con ferma annuale, sottufficiali”. Giovani rimasti lontano da casa per 84 giorni. “E' un record assoluto per una portaerei della Marina Militare Italiana”, dice Angelo Michele Amato. Che però aggiunge: “La nostalgia in quei giorni è stata tanta. La famiglia, gli amici mancavano a tutti ed è stata dura trascorrere le feste di Natale lontano dai presepi, dalle tradizioni e soprattutto dall'affetto dei familiari”. Come gli altri, Angelo Michele poteva comunicare con la famiglia poche volte e per pochi minuti. “Una telefonata ogni 4-5 giorni: cinque minuti via cavo e niente di più”. Ma dalla Garibaldi il sottufficiale molfettese non si è perso d'animo e, approfittando delle nuove frontiere della comunicazione, ha dialogato con la sua città via mail. Ad ospitarlo, il sito di QUINDICI ON LINE che gli ha consentito di tenersi in contatto con la sua città. “Il computer e le notizie di Quindici on line (che ringraziamo affettuosamente) su Molfetta mi hanno permesso di restare dentro la mia città, anche se solo attraverso uno schermo, e di fare sentire la mia voce anche alla mia famiglia”. Confessa, il sottufficiale Amato, che gli altri 8 colleghi molfettesi non avevano molta dimestichezza con Internet e che è stata sua l'idea di tenere aperto un varco con Molfetta via mail. “Con gli altri molfettesi – racconta Amato – si faceva spesso gruppo. Era un modo per sentirsi più vicini a casa, anche se da Molfetta ci separavano migliaia di chilometri”. Nel golfo Persico per tutti, molfettesi e non, nessuna azione pericolosa, nessun colpo di mortaio, nessun corpo a corpo col nemico hanno messo in pericolo la vita. Il nemico vero è stata la nostalgia. Lontani dalle mogli, dai figli, dalle cose di tutti i giorni. Con un unico grande desiderio: tornare a casa. Tiziana Ragno
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