Telefonini, spuntano antenne come funghi a Molfetta
Sei nuovi ripetitori per l'Umts. L'amministrazione comunale punta a fare cassa
Spuntano come funghi, è proprio il caso di dire. Sì, perché i 6 nuovi ripetitori per telefonia mobile che da poco meno di un mese hanno messo le radici sul territorio di Molfetta, proprio dei funghi hanno l'aspetto.
Enormi, altissimi, sfoggiano il loro metallico cappello, bene in vista da ogni parte della città. Sono le prime antenne Umts. A servirsene saranno i telefonini di ultima generazione, in grado di inviare anche immagini e suoni.
Ma, si sa, il progresso della tecnologia non sempre basta a convincere i cittadini, peraltro potenziali acquirenti, che ripetitori e antenne a uno schioppo dalla propria abitazione, siano oggetti innocui e “amici”. E così, installate le 6 antenne (tutte su suolo comunale, anche in zone densamente abitate), si sono levate proteste e malumori. Dei residenti, prima di tutto. Che si chiedono quali criteri di scelta siano stati adottati per individuare le aree di installazione. E quanto le casse comunali intascheranno da questa operazione.
Disagi e polemiche sono sorti anche all'interno delle forze politiche.
Antonello Zaza, consigliere comunale di Rifondazione comunista, si prepara a presentare, su questa discussa iniziativa dell'amministrazione, un'interrogazione consiliare. A lui abbiamo rivolto alcune domande.
La recente installazione delle nuove antenne Umts ha già sollevato polemiche e malumori tra i cittadini. Esiste un problema di partecipazione e condivisione delle scelte praticate dall'amministrazione?
“Ritengo proprio di sì. Basti pensare che quando hanno installato la prima antenna all'interno del mercato ortofrutticolo gli assessori all'Ambiente (Luigi Panunzio) e al Territorio (Pietro Uva) non erano a conoscenza di quello che si stava verificando nel nostro territorio. Dunque, è evidente che gli amministratori non si sono preoccupati di favorire un percorso di partecipazione e condivisione dei cittadini alle scelte dell'amministrazione, rispetto a un tema che negli ultimi tempi nella nostra città ha suscitato un forte dibattito e una sensibilità nuova. Non solo. Il problema dell'elettrosmog sembra interessare così poco agli amministratori da non ascoltare le giuste ragioni dei cittadini che vivono in quella zona”.
Sono state adottate misure di precauzione e di tutela della salute pubblica nelle zone interessate dalle installazioni?
“In questa materia adottare misure di precauzione e di tutela della salute pubblica significa prestare attenzione ai luoghi in cui si decide di installare le stazioni radio base. Ebbene a voi sembra che ciò sia stato fatto? Paradossale è stata, a mio avviso, la scelta di installare un'antenna in una zona, quella del mercato ortofrutticolo, molto frequentata dai cittadini. Fra l'altro a soli pochi metri dall'antenna è situato l'oratorio salesiano in cui quotidianamente si riversano centinaia di bambini e di adolescenti. Una zona, quella, che vede già da molti anni la presenza di un'antenna di una radio cittadina. Stessa cosa potremmo dire per l'antenna installata in pieno centro cittadino e cioè sul palazzo della ex pretura”.
Tutti ripetitori Umts insistono su aree di proprietà comunale. Come giudica la scelta dell'amministrazione di “ipotecare” un pezzo del proprio territorio in favore della telefonia di ultima generazione?
“Assolutamente negativa. Proprio ora, infatti, dopo l'episodio di via Martiri di via Fani, in città avevamo assistito a un innalzamento del grado di attenzione dei cittadini nei confronti del problema dell'elettrosmog, tanto da indurre alcuni condomini che avevano già dato la loro disponibilità all'installazione di antenne, a rivedere le loro posizioni. L'amministrazione, anziché puntare su una maggiore opera di sensibilizzazione facendo blocco con i cittadini e trattare, da una posizione di forza, con le aziende di telecomunicazione in vista di soluzioni migliori (l'installazione delle antenne in zone più neutre e meno densamente abitate), ha deciso, forse per ragioni di cassa, di abdicare alla sua funzione. Oggi ci ritroviamo con sei antenne in più nel centro urbano che, naturalmente, vanno ad aggiungersi a quelle già installate”.
A quanto ammontano i proventi che il Comune intascherà da questa operazione? Quale destinazione avranno?
“Si tratta di circa 20 milioni di vecchie lire per ogni antenna. Non ho idea di quali siano le intenzioni dell'amministrazione in merito alle possibili destinazioni di queste risorse. In una prossima interrogazione consiliare chiederò all'amministrazione comunale, in via prioritaria, di conoscere le loro motivazioni rispetto alla scelta della localizzazione delle antenne e se intendono o meno valutare la possibilità di rescindere i contratti di locazione con le aziende di telecomunicazione, per individuare nuove zone in cui trasferire i ripetitori. Con la stessa interrogazione proporrò di destinare le risorse incamerate dalla locazione dei siti, all'acquisto di strumentazioni tecniche necessarie a monitorare in città i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici provocati dalle stazioni radio base. Tra l'altro tali strumentazioni servirebbero anche a rilevare la presenza di eventuali antenne non regolarmente denunciate”.
L'iter burocratico per la messa in opera di nuovi ripetitori di telefonia mobile è stato ampiamente “snellito” dal decreto Gasparri. Quali spazi possono ancora ritagliarsi gli enti locali per regolamentare e arginare il fenomeno “antenna selvaggia”?
“Dire che il decreto del ministro Gasparri (198 del 2002) semplifica le procedure significherebbe usare un eufemismo. In realtà il decreto dà la possibilità alle aziende di telecomunicazioni di fare ciò che vogliono. Per loro l'unico problema è avere un suolo. Infatti col decreto è stato eliminato ogni vincolo: gli stessi enti regionali che avevano legiferato in materia, prevedendo che le antenne dovessero essere installate a distanze ragionevoli da ospedali, scuole e parchi, si sono viste annullare leggi che sancivano il principio di tutela della saluta pubblica. E pensare che solo nel 2000 Alleanza nazionale, partito del ministro Gasparri, aveva proposto una bozza di legge che andava in tutt'altra direzione rispetto al decreto. Evidentemente a questo punto il problema è squisitamente politico-culturale, almeno fino a quando non cambierà la normativa di settore. Innanzitutto gli enti locali dovrebbero sensibilizzare e indurre alle partecipazione i cittadini, per una soluzione condivisa di questi problemi. L'obiettivo è la costruzione di un comune sentire che rifiuti la logica della non unanimità della scienza sulla nocività dell'esposizione ai campi elettromagnetici, usata strumentalmente come semplice pretesto per tollerare la presenza sempre più diffusa di stazioni radio-base. Il passato ci insegna che la mancanza del principio di cautela può provocare migliaia di vittime: per esempio tra coloro che per anni hanno lavorato a contatto con le polveri di amianto e con altri materiali come il Pvc. Alle istituzioni locali, anche il compito, sul piano concreto, di spingere i gestori dei servizi di telecomunicazioni a trovare soluzioni che abbiano il minor impatto possibile sulla popolazione: tutte iniziative che chi governa la nostra città ha deciso di non intraprendere”.
Tiziana Ragno