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Tappa a Mosca Racconti di viaggio
15 novembre 2024

Lasciamo Kiev con un po’ di rimpianto, prossima tappa del nostro viaggio: Mosca, ne ho ricordi spezzati. C’è ancora il cambio della guardia davanti al Mausoleo di Lenjn. Vietato ridere e parlare a voce alta: uno del gruppo lo fa e vediamo due guardie che si avvicinano con fare minaccioso agitando i manganelli. Con grande sorpresa vediamo una giovane sposa con l’abito nuziale che va a depositare il suo bouquet da sposa sui gradini del Mausoleo. C’è ancora molta povertà o perlomeno molte ristrettezze. Ricordo che una di noi ha gettato nel cestino della stanza d’albergo un paio di calze di nylon smagliate e abbiamo visto una cameriera che andava a prendersele e quando si è vista guardata ha chiesto tante volte scusa: le abbiamo dato tutte le calze nuove che avevamo, accolte con grande gioia. Mi avevano detto di portarne qualche paio in più perché sarebbe stata mancia gradita. Mi avevano anche suggerito di portare quante più possibili penne e matite. Incontriamo un gruppo di bambini in una delle nostre passeggiate, una di noi comincia a distribuire biro e matite, ci circondano senza parlare. Donato tutto il materiale disponibile vedo un bambino biondo, con gli occhi chiari pieni di lacrime, non è riuscito ad avere niente, era sempre dietro a tutti. Prendo dalla borsa la mia penna e gliela do, c’è un dialogo muto fra noi due e vedo rasserenarsi i suoi dolci occhi azzurri. Hanno bisogno di contatti umani, di solidarietà. Una delle mattine me ne vado coraggiosamente da sola a vedere la Galleria Tret’jakov, chiedo ad una ragazza, occhi celesti, treccia bionda arrotolata intorno alla testa come arrivarci e lei mi fa segno di seguirla e mi porta direttamente alla Galleria. È una Galleria fuori dai giri turistici ed è una vera scoperta. Ci sono grandi quadri di Turner, il pittore della luce: meravigliosi! Vederli dal vivo è tutta un’altra cosa, nessuna riproduzione può renderne l’atmosfera. Resto incantata, non mi interessa vedere altro: “sono sazia”. Riesco a tornare in albergo senza chiedere indicazioni, e per me che ho poco senso di orientamento è una conquista. Non possiamo partire da Mosca senza essere andati nella Metropolitana: è assolutamente da vedere, gigantesca con scale che sembra ti portino sottoterra o nelle nuvole con una velocità da mozzare il fiato, tutte le sue 14 stazioni hanno grandi decorazioni alle pareti. La sera è d’obbligo la visita al Mausoleo di Lenin. Nella vasta piazza non c’è nessuno, poi, con grande sorpresa arriva una sposa, abito bianco e velo, con lo sposo e un piccolo corteo e deposita il suo mazzo di fiori sui gradini del Mausoleo come da noi le spose portano spesso il loro bouquet in chiesa. Siamo sbalorditi, ci avviciniamo e facciamo gli auguri agli sposi e io traggo dalla borsa un astuccio con pettine e specchio mai adoperati e glielo offro: è felicissima! Commentiamo a voce piuttosto alta l’avvenimento quando gli sposi sono andati via e si avvicinano minacciosi due soldati agitando i manganelli. Non ridiamo più e ce la filiamo in silenzio. Si erano uniti a noi, tre, quattro ragazzi che hanno attaccato discorso volendo parlare in italiano e sono spariti appena visti i soldati e non sono tornati più. Il Mausoleo di Lenin, nella Piazza Rossa è un monumento funerario in stile neo-egizio che accoglie le spoglie di Vladimir Il’c Ul’janov che fu primo ministro della repubblica russa, leader della rivoluzione russa e fondatore dell’Unione Sovietica, sotto la sua guida la Russia e in seguito l’Unione Sovietica diventò uno stato socialista monopartitico governato dal partito comunista dell’Unione Sovietica. Alla sua morte la sua salma fu imbalsamata per restare in permanenza visibile al pubblico. Non mi passa lontanamente per la testa di andare a vederla, mi dà un senso di oppressione la sola idea, con i miei compagni di viaggio parliamo e ridiamo nel modo più silenzioso possibile nella piazza quasi deserta. Si uniscono a noi anche qui due ragazzi che sembrano essere venuti fuori dal nulla: “Ehi, ragazzi fateci parlare un po’ in italiano che di russo non ne possiamo più”. Sono qui per uno scambio culturale e le famiglie che li ospitano parlano solo russo e così sono costretti a parlarlo, ora ridono felici di poter parlare italiano. La nostra conversazione si svolge a bassa voce nonostante ciò si avvicinano, quasi sbucati dal nulla due militari che agitano minacciosamente i manganelli, “Dobriy vyecher” (buonasera), diciamo con aria ebete, ci guardano male senza rispondere… ci eclissiamo. Il Cremlino è il cuore della città, era originariamente una cittadella medioevale fortificata con costruzioni in legno, ora è un luogo storico unico al mondo, dichiarato Patrimonio dell’umanità dall’Unesco. La grande piazza è deserta, ci fermiamo a un bar che ha i tavolini all’aperto, vicino al nostro tavolo c’è un bel ragazzo che sta sorseggiando una bibita, ci sente parlare e si avvicina: “Fatemi parlare in italiano, sono qui per lavoro e sono costretto a parlare e ascoltare russo tutti i giorni”. Naturalmente gli facciamo subito posto al nostro tavolo e gli parliamo di noi e lui ci racconta di sé: dovrà fermarsi ancora per alcuni mesi e poi tornerà in Italia. Chiacchieriamo un po’ con lui, ci scambiamo gli indirizzi anche se sappiamo che non ci rivedremo più e poi lo salutiamo con grande cordialità. La nostra permanenza a Mosca sta per finire, il giorno successivo ci prepariamo di buon’ora per prendere l’aereo che ci porterà a Leningrado, allora si chiamava ancora così quella che successivamente è stata chiamata San Pietroburgo e che è la seconda capitale della Russia. Per quanto so di Leningrado, mi aspetto cose bellissime… e il viaggio continua.
© Riproduzione riservata

Autore: Marisa Carabellese
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