Sequestrato lo scalo di Molfetta
Lo scorso lunedì 27 giugno, una task force costituita da Funzionari della A.S.L., della G.d.F. e del Ministero del lavoro (S.P.E.S.A.L.) è intervenuta nell’area dei Cantieri navali di Molfetta, per eseguire verifiche tecnico/normative riguardanti aspetti di sicurezza sul lavoro, sicurezza delle strutture industriali, rispetto delle normative di legge e quant’altro ritenuto opportuno dalle circostanze o emerso appunto dalle verifiche eseguite. Il risultato finale di tale intervento ha portato alla chiusura dell’attività dei Cantieri Cappelluti & de Candia S.n.c.; Cantiere Antonio de Ceglia di Silvestro Capurso & C.. Sono stati apposti sigilli, con blocco dell’attività, anche al rimessaggio nautico facente capo all’Associazione Nautilus che occupa una vasta area sempre nella zona dei cantieri. L’azione di sequestro ha interessato anche le strutture di attività collaterali alla costruzione e manutenzione navale, di Aziende dell’indotto che operando sullo Scalo, avevano strutture di deposito e/o officine sempre nella area. Non sono ovviamente ancora note le motivazioni che hanno indotto l’Autorità intervenuta ad adottare un simile provvedimento che, dall’oggi al domani, priva la Marineria molfettese, e non solo, della possibilità di raddobbare e riparare i natanti, durante tutto l’arco dell’anno (per necessità contingenti: avarie di scafo e di macchina), ma soprattutto, avendolo già programmato da tempo, durante il prossimo fermo biologico. Rimangono bloccate anche e soprattutto le costruzione di nuovi natanti per la pesca (uno è in avanzata fase di realizzazione; un altro è già in progetto), oltre ad alcuni pescherecci in riparazione. Per sommi capi, sappiamo che le contestazioni elevate ai Titolari riguardano seri problemi di sicurezza sul lavoro, mezzi e macchinari non a norme, strutture fatiscenti e insicure, area di calpestio e di manovra molto deteriorata. Ricordiamo che in tutta la zona che va dal fabbricato della Foresteria della Capitaneria di Porto, alla radice del Molo Pennello – definita toponomasticamente Spiaggia Maddalena – i fabbricati industriali sono di proprietà dello Stato: risalgono a molti anni f à e non sono mai stati soggetti a radicali lavori di consolidamento statico delle strutture; l’area marina prospiciente è sotto la giurisdizione del Demanio Marittimo. La concessione ai vari Operatori viene data per periodi rinnovabili quadriennali, con pagamento annuale di canone. A termini di contratto di concessione il Concessionario è tenuto, a proprio carico, alla manutenzione ed alla cura delle strutture concesse. Una delle contestazioni elevate riguarda lo stato della pavimentazione dell’area. Obiettivamente il piano di calpestio è molto deteriorato: anni ed anni di relativa incuria, hanno fatto sì che anche i mezzi meccanici utilizzati dai Concessionari, per la movimentazione di tavole, attrezzi e tutto quanto necessario allo svolgimento delle riparazioni ed alla costruzione di nuovi natanti, può risultare problematica, se non pericolosa. Altro problema contestato riguarda il sistema di alaggio e varo dei natanti. Come storicamente documentato l’alaggio ed il varo dei natanti, avviene per mezzo di giochi di funi metalliche che, azionate da verricelli elettrici alano (tirano in secca, sullo scalo) le barche che sono state sistemate su invasature apposite; invasature che scorrono su un ‘letto’ di palanche di legno duro, opportunamente insevate. E’un sistema antico, che prima dell’avvento dei motori elettrici, veniva eseguito dall’uomo, con l’aiuto di animali da tiro. Ebbene, si è contestato che l’uso di funi metalliche che giacciono sull’area del cantiere presenta aspetti di carente sicurezza, anche per il pericolo che possano rompersi, sotto lo sforzo di trazione, anche se opportuni rinvii di pulegge e taglie, ne limitano lo sforzo per adeguarlo al carico di rottura della fune. L’area dunque, al momento, ed in attesa di ulteriori sviluppi, è interdetta all’uso degli Operatori. I problemi sono immaginabili: costruzioni di nuove barche sospese, sine die; barche in riparazione che non possono essere rimesse in mare, con rilevanti danni per gli Armatori ed a seguire, per i Cantieri. Mancanza di lavoro – e di salario – per gli Addetti. Nei mesi scorsi, prima che la crisi istituzionale investisse Molfetta con le dimissioni del Sindaco eletto (dr.ssa Paola Natalicchio), il Comune si era già mosso, con azioni volte a iniziare la regolarizzazione – per quanto possibile – di una situazione carente, anche dal punto di vista igienico: erano in corso provvedimenti per dotare l’area e gli Operatori, di scarichi di fogna e prese di acqua potabile, assolutamente inesistenti e per le quali, mai nessuno si era preoccupato!. Inoltre era stato commissionato uno studio tecnico sullo stato dell’arte della zona dei Cantieri, con l’evidente scopo di predisporre azioni, a medio termine, per ridare dignità ai Cantieri, così importanti, come detto più volte, per una fetta dell’economia cittadina. Sappiamo inoltre che alcuni Operatori, consci delle condizioni forse precarie – dal punto di vista della sicurezza dei vari e degli alaggi – aveva richiesto autorizzazione per la realizzazione di un sistema più moderno ed efficiente di movimentazione delle barche da e per lo scalo: realizzazione di vie di corsa (braccioli: come definiti in gergo) in mare, per una lunghezza adeguata alle circostanze, per consentire lo scorrimento di carri ponte semoventi, dotati di imbracature idonee, a sollevare e reggere le imbarcazioni: così facendo, si eliminava l’uso (forse obsoleto) di funi metalliche e verricelli e le complicate manovre per sistemare le barche sull’invasatura. Non sappiamo se l’istanza è stata recepita o no. Ultimamente, alcune azioni di miglioramento delle condizioni generali di tutto il settore, sono in corso di elaborazione: ultimo fra queste, le azioni del neonato Comitato SAILORS. Alcuni manifesti, affissi su tabelloni pubblicitari, mostrano graficamente come potrebbe essere concepita tutta l’area del porto – quello attuale e quello in costruzione, ma sotto sequestro: quindi, di fatto inesistente per chissà quanto ancora. La grafica indica l’ubicazione dell’area cantieristica, giacente sia nell’attuale sito, sia sviluppantesi verso ovest, nella zona retrostante l’ex mattatoio. Ci pare un buon inizio per pensare a ristrutturare globalmente il settore cantieristico molfettese, par tanto tempo trascurato. Immaginiamo che la futura cantieristica – moderna, diciamo così – comprenda anche e soprattutto le attuali Aziende di costruzione di natanti da pesca e non solo cantieristica da diporto (certamente anche essa importante settore economico da sviluppare). Il problema che si intravede è che attualmente ci sono solo due cantieri che si occupano – sullo Scalo – di costruzione e riparazione di pescherecci. Lo fanno, come detto, su aree in concessione quadriennale. Che cosa dovrà succedere, a queste due realtà, nell’eventuale progetto di riallocazione/ ristrutturazione della cantieristica? Saranno spostati dal sito attuale? Potranno dotarsi, avendone mezzi ed autorizzazione, finora non concesse (salvo prova contraria), di attrezzature moderne per la movimentazione, previ lavori di restauro profondo delle aree? E, saranno in grado di affrontare/ gestire costi per investimenti, con la remota, ma possibile prospettiva che non venga loro rinnovata la concessione, allo scadere dei quattro anni di concessione? Sono quesiti che attualmente non possono essere sciolti, se non si hanno chiari i seguenti punti: che fine si vuol riservare all’attività cantieristica (attuale) molfettese; quando si potrà riprendere l’attività, con la prospettiva concreta di apportare modifiche sostanziali a quanto rilevato durante le verifiche svolte. Pensiamo che qualunque progetto a medio/lungo termine non possa prescindere da tali punti fermi e da un concreto coinvolgimento degli Operatori medesimi.
Autore: Tommaso Gaudio