Puglia, riprende la corsa alle perforazioni in Adriatico
Il Mite pubblica il Pitesai. Riprende la corsa all’estrazione degli idrocarburi al largo della costa pugliese e l’impari lotta nei tribunali: serve un nuovo slancio vitale delle istituzioni e degli enti territoriali
BARI - Nel tardo pomeriggio di venerdì il MITE (Ministero della transizione ecologica) ha pubblicato il PITESAI (Piano della transizione energetica sostenibile delle aree idonee), il documento che anche ufficialmente sospende la moratoria per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi, con la logica di rilanciarne l’attività.
Il documento, oltre a marginalizzare il ruolo degli Enti territoriali nei principali percorsi decisionali, esclude il petrolio tra le fonti energetiche future che potranno essere autorizzate ma, al contempo, rilancia fortemente sul gas naturale.
Il risultato di questo documento confuso e poco programmatorio, nel nostro caso specifico, è il rilancio della corsa al gas naturale nel basso Adriatico, comprese le coste pugliesi (come si può vedere dalla mappa).
Aspetto molto preoccupante, dato che le modalità di ricerca del gas naturale sono fortemente impattanti sull’ecosistema marino, le stesse del petrolio (attraverso l’utilizzo dell’air-gun) e i rischi connessi alle trivellazioni off-shore non sono molto minori. Motivo per cui avevamo criticato la posizione “morbida” tenuta dalle Regioni nel corso della Conferenza Unificata dello scorso dicembre.
Nelle prossime settimane, inoltre, il Governo Draghi dovrebbe approvare una serie di provvedimenti tesi ad accelerare l’aumento di estrazione del gas naturale, con il paravento dell’attuale crisi energetica. La prima fase sarà l’aumento dell’estrazione nei territori in cui vi sono già le trivelle (in primis l’Emilia Romagna) ma la seconda fase, inevitabilmente più lenta, riguarderà la riattivazione dell’iter di nuovi permessi.
Aspetto, quest’ultimo, che riguarderà inevitabilmente anche il basso Adriatico.
Le estrazioni di gas naturale coprono, attualmente, il 5% del fabbisogno nazionale dello stesso e nel corso di alcuni anni, si potrebbe arrivare poco sopra al 10%, tra l’altro attraverso la concessione a compagnie private che lo rivenderebbero al Paese, dopo averlo estratto a condizioni molto vantaggiose.
Un dato incredibile, che non spiega perché nuove aree sensibili del Paese, specie a mare, dovrebbero essere lasciate all’assalto delle compagnie, a fronte di vantaggi minimi e discutibili.
Su questo, sarebbe opportuno che il Governo Draghi e il Ministro Cingolani non strumentalizzino i timori dei cittadini italiani.
In Puglia prendiamo atto, con l’avanzare del ricorso al Consiglio di Stato contro Global Petroleum, della conferma di una spiccata sensibilità sul tema, e del ruolo che il Presidente Michele Emiliano e l’Assessora Maria Grazia Maraschio hanno scelto di continuare a rivestire. Ma si tratta di una battaglia che presto potrebbe diventare impari.
La Puglia, con le sue scelte rilevanti in campo dell’energia sostenibile, attraversata da TAP e che sta vedendo l’installazione di nuovi parchi eolici off-shore, dovrebbe chiedere con forza che il suo mare sia esentato dall’estrazione del gas, in linea con la tanto osannata (ma mai applicata) transizione energetica.
Anzi, in realtà si tratterebbe di una scelta che dovrebbe riguardare tutti i nostri mari chiusi, fatta eccezione per le aree in cui le trivelle vi sono già e i costi connessi a un repentino smontaggio sono superiori ai benefici della loro prosecuzione.