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Porto: security sì, ma chi paga?
15 maggio 2005

Diventano operativi tra malumori e polemiche i piani di sicurezza previsti dall'Isps (International Ship and Port Security), il codice internazionale di sicurezza marittima varato dopo l'11 settembre che si occupa della prevenzione e della repressione degli atti terroristici e stabilisce quali misure porti e navi dovranno adottare a riguardo. Il codice, entrato in vigore il 1° luglio del 2004, è stato istituito il 12 dicembre dalla conferenza diplomatica dell'Imo (International marittime organization) che ha modificato la Convenzione Solas e dal 1° luglio del 2005 si applicherà anche al traffico marittimo (navi traghetto, passeggeri e merci, unità veloci in navigazione oltre le 20 miglia). 427 sono gli impianti portuali interessati di cui ben nove pugliesi: Bari, Brindisi, Taranto, Barletta, Manfredonia,Molfetta, Monopoli, Gallipoli, Otranto. Il ministro delle Infrastrutture con un decreto del 25/2/2004 ha previsto uno stanziamento di 19 milioni di euro per i primi cinque mentre restano tagliati fuori gli ultimi quattro. Molfetta, dunque, 40° porto in Italia classificato come regionale, non ha potuto beneficiare di tale finanziamento né del fondo nazionale istituito per i porti di Vibo Valenzia, Crotone, Barletta, Pescara, Pesaro, Chioggia, Monfalcone, Porto Torres, Oristano, Porto Empedocle. Ci si chiede perché e quali siano stati i criteri adottati nella scelta degli impianti portuali da “salvare”: casualità, scelte economiche o anche boicottaggi politici per cancellare magari dalle rotte commerciali e turistiche certi porti per favorirne altri alimentandone indotti e bilanci? Si è tenuto conto delle posizioni geografiche, dei tonnellaggi di merce manipolati o della pericolosità delle stesse? Nei casi, comunque, in cui non è lo Stato ad accollarsi le spese per le opere di sicurezza, sono i privati a doverlo fare: per la precisione, gli imprenditori portuali che appunto nel porto svolgono la loro attività lavorativa ed utilizzano il suolo per caricare e scaricare merci. La legge parla chiaro: tocca alle imprese terminaliste “blindare” il porto realizzando le infrastrutture di controllo ed isolamento con cancelli, varchi e barriere, sistemi di videosorveglianza e dissuasori di vario genere ed è anche loro compito, sempre secondo il codice Isp, vigilare costantemente sulle aree commerciali. Il capitano Vito Totorizzo, amministratore della Spamat di Molfetta e procuratore della Istop di Bari, spiega: “Terminaliste, secondo l'ex art. 18 della legge 84, sono le imprese portuali che, in virtù di una concessione, utilizzano mezzi e spazi in maniera esclusiva mentre quelle autorizzate utilizzano gli stessi mano mano che si liberano. A Molfetta ci sono solo aziende di questo tipo, cioè semplicemente autorizzate ad imbarcare e sbarcare merce. Anche a Bari nessuna impresa è terminalista, però molte si comportano come se lo fossero e, pur non pagando la concessione, occupano le banchine ad uso esclusivo, in maniera surrettizia. Mi riferisco alla Terminal Cemento, alla Terminal Granaglie, alla Terminal Container, mentre la Spamat utilizza le banchine pubbliche. A Molfetta, per una interpretazione estensiva della legge da parte del Comando Generale della Capitaneria, le imprese autorizzate sono state assimilate a quelle terminaliste e, in un certo senso, hanno dovuto subire la decisione di accollarsi i costi della sicurezza”. Precisa che la spesa totale è stata di 18.000 euro (recinzione del porto, costruzione di barriere in cemento tipo “New Jersey”, griglie antiscavalcamento alte fino a 2 metri ) ma che era indispensabile per poter classificare il porto come “sterile” cioè sicuro. Gli impianti, infatti, considerati “contaminati” potrebbero essere evitati dalle navi che, dovendo dichiarare i precedenti 10 porti dove si sono fermate, correrebbero il rischio di essere respinte se, appunto, “contaminate” da un porto non dotato di misure di controllo. Totorizzo è polemico anche sulla definizione e l'attribuzione delle responsabilità, altro motivo per cui ha incontrato il viceministro alle Infrastrutture e Trasporti, Mario Tassone: “Non si può delegare ai privati una funzione che compete alla Capitaneria, cioè allo Stato – aggiunge -, anche perché ciò vorrebbe dire costi aggiuntivi che non si saprebbe come scaricare visto che le tariffe da noi applicate sulle merci sono contenute, proprio per poter essere competitivi. Siamo piccole realtà locali e una guardia giurata costa 22 euro l'ora: perché dovremmo essere noi imprenditori a difendere il suolo pubblico? Noi siamo unicamente responsabili della sicurezza delle operazioni portuali e infatti i nostri operai (14) lavorano tutti a norma con elmetti, caschi, scarpe di gomma,ecc. Se mi dessero la concessione per 30 anni allora sì, attrezzerei la zona come fosse casa mia…”. Ci mostra le chiavi del porto di cui sembra essere diventato l'unico guardiano: “Questo è un porto tranquillo dove non è mai accaduto nulla se si esclude l'episodio di alcuni candelotti trovati l'anno scorso, ma all'esterno. Vigilanza e sorveglianza sono compiti istituzionali della Capitaneria che pare, invece, dedicarsi solo ad attività burocratiche e amministrative non lavorando il sabato e nemmeno la domenica. Voglio solo aggiungere che la sicurezza non è un optional e va realizzata nei porti piccoli come in quelli grandi”. Il comandante del porto: chiusura necessaria per antiterrorismo Il Comandante del porto di Molfetta, capitano di fregata Massimo Gasparini ci riceve in Capitaneria insieme al tenente di vascello Rocco Pepe. Dal 15 marzo è entrata in vigore l'ordinanza da lui emanata che regola l'accesso alle banchine commerciali ed alle navi ormeggiate nel porto. Spiega che tale ordinanza rientra nella normativa introdotta dal Codice Internazionale per la Sicurezza delle navi e delle installazioni portuali, meglio nota come “Port Security”, entrata in vigore il primo luglio dello scorso anno con la finalità di proteggere navi e porti dalle minacce terroristiche. Lo scorso giugno, dopo aver sentito i locali comandi di Carabinieri, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco e Dogana, la Capitaneria è passata alla stesura dei conseguenti piani di sicurezza contenenti le misure per abbattere i rischi rilevati in materia di antiterrorismo. I piani sono stati poi vagliati e approvati dal Prefetto e dal Capo del compartimento marittimo nei tempi previsti dalla legge e ora ci si sta occupando dell'implementazione, cioè della realizzazione delle opere infrastrutturali e della organizzazione di controllo previste dagli stessi. Dal 15 marzo è vietato l'accesso nell'area interessata al traffico commerciale (Port Facility) alle persone e ai mezzi non autorizzati. Sono previste sanzioni molto salate per chi viola la normativa in questione: da un minimo di 1.032 ad un massimo di 6.197 euro. I controlli della Guardia costiere saranno serrati soprattutto in presenza nel porto di navi mercantili da “proteggere”. Beatrice De Gennaro
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