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Pd, Sel e Prc sull'aumento della Tarsu: la ricetta di Azzollini, tasse e disservizi
22 giugno 2011

MOLFETTA - Amara sorpresa per tutti i molfettesi che, in questi giorni, stanno ricevendo i bollettini per il pagamento della Ta.r.s.u. (Tasse per i Rifiuti Solidi Urbani).
«L’aumento del 10% deciso dall’amministrazione comunale guidata dal centrodestra, infatti, pesa in maniera rilevante sui bilanci familiari, e questo a maggior ragione in un periodo di grave crisi economica come quello attuale che sta colpendo, in particolare, le fasce più deboli della popolazione - denunciano il Partito Democratico, Sinistra Ecologia e Libertà e Rifondazione Comunista in un comunicato - ma quel che desta ancora più scalpore è che a questo aumento della tariffa non corrisponde affatto un miglioramento dei servizi, anzi si registra un sensibile peggioramento dal momento che in diversi quartieri della città la raccolta dei rifiuti avviene spesso con gravi ritardi e lo spazzamento delle strade è, per usare un eufemismo, pressoché saltuario, con le gravi conseguenze sotto il profilo del decoro urbano e dell’igiene pubblica che tutti i molfettesi conoscono bene».
E l’impianto di compostaggio Mazzitelli? Potrebbe rappresentare un importante fattore di sviluppo per una virtuosa gestione del ciclo dei rifiuti, ma «continua ad essere completamente abbandonato a se stesso, vittima della conclamata incapacità di questa amministrazione».
Sarebbe questa la “sana gestione economica” di cui vaneggia il sindaco Antonio Azzollini su alcuni manifesti affissi in questi giorni in città? «Ormai il trucco è scoperto: l’amministrazione comunale di centrodestra, per pagare i suoi disservizi e le sue incapacità (oltre che i ben noti risarcimenti danni) - spiegano i partiti di opposizione - non sa far altro che limitarsi a mettere pesantemente le mani nelle tasche dei cittadini».
«E se a tutto questo aggiungiamo che a causa delle manovre economiche del governo Bossi-Tremonti-Berlusconi, passate con il pieno e convinto sostegno del Presidente della Commissione Bilancio, senatore Antonio Azzollini, il Comune di Molfetta ha perso trasferimenti pari a 2 milioni e 400 mila euro -  si legge nel comunicato - crediamo davvero che sia giunto il momento di chiedere a gran voce che questo centrodestra, a tutti i livelli, vada a casa e la smetta di tartassare i cittadini con la sua vuota propaganda».
Il centrosinistra, forte di un crescente consenso popolare, a Molfetta come ovunque nel Paese, si candida a rappresentare un’alternativa di governo autorevole e credibile, capace di interpretare la sempre più diffusa voglia di cambiamento dei cittadini, per aprire una nuova stagione politica e amministrativa.

 
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Discutiamo della follia del potere. Il conte Axel Oxenstierna, cancelliere svedese durante la Guerra dei Trent'anni, parlava con ampia cognizione di causa quando disse: “Renditi conto, figlio mio, che ben poco viene lasciato alla saggezza nel sistema con cui è retto il mondo”. Con questo non si vuol dire che teste coronate e ministri siano incapaci di governare saggiamente. Di tanto in tanto si registra qualche eccezione e, come nel caso della follia, queste epifanie di saggezza non presentano correlazioni spaziali né temporali. L'ateniese Solone, forse il più saggio di tutti gli uomini di governo, fu uno dei primi esempi. Nominato arconte, e cioè magistrato maggiore, nel VI secolo a.C. in un momento difficile per l'economia e caratterizzato da discordie civili, Solone ricevette l'incarico di salvare lo stato e ripristinare la pace sociale. Fermenti di rivolta serpeggiavano in Atene a causa del rigore delle leggi, in base alle quali i creditori potevano impadronirsi dei terreni offerti in garanzia dai debitori o addirittura ridurre in schiavitù i debitori stessi. Solone non aveva oppresso il popolo come i ricchi e non si era schierato dalla parte dei poveri, riuscendo così accettabile a entrambi le fazioni, privilegio piuttosto insolito. Nel mettere a punto il codice che porta il suo nome, Solone si preoccupò di rendere giustizia ai poveri senza far torto ai ricchi. Abolì la schiavitù per debiti, concesse il voto ai plebei, fissò una normativa che regolava l'entrata in possesso delle eredità, stabiliva i diritti civili dei cittadini e le pene per i delitti. Alla fine, per non correre rischi, pretese che gli ateniesi giurassero fedeltà alle sue riforme per 100 anni. Poi fece una cosa straordinaria, che probabilmente nessun altro capo di stato ha mai più ripetuto: acquistò una nave e, con la scusa di mettersi in viaggio per vedere il mondo, andò in esilio per dieci anni. Avrebbe potuto conservare il potere e accrescerlo fino a diventare il tiranno della sua città – e ci fu perfino chi lo rimproverò per non averlo fatto – ma lui sapeva che lo attendevano innumerevoli richieste di modifiche da apportare alle sue leggi, e la malevolenza dei concittadini se si fosse rifiutato. E allora, per salvare l'integrità del suo codice, Solone preferì allontanarsi da Atene. Dal suo comportamento emerge che mancanza di snodata ambizione e intelligente buon senso sono tra i principali ingredienti della saggezza. Al primo posto tra le forze che alimentano la follia politica c'è la sete di potere, che Tacito definì “la più scandalosa delle passioni” e che, potendo essere soddisfatta dal dominio sugli altri, trova nella politica il suo campo d'azione ideale. I detentori del potere, sostiene un esperto del calibro di Henry Kissinger, non imparono nulla che sconfini dalle loro convinzioni personali, da lui definite “il capitale intellettuale che spenderanno durante la permanenza in carica.”-

Possiamo incominciare a discutere della follia del potere. Dai tempi del cavallo di Troia il sonno della ragione ha sempre accompagnato i fatti della storia. Perché non può mancare la “corda pazza” nel cervello degli uomini che hanno il compito di reggere lo stato e di farne gli interessi? Per quale ragione, volendo cominciare proprio dal principio, i reggitori di Troia fecero trascinare nella città quel cavallo di legno dall'aria poco rassicurante quando era naturale considerarlo una trappola preparata dai Greci? Al di fuori della politica l'uomo ha fatto miracoli: ha sfruttato il vento e l'energia elettrica, ha trasformato sassi pesanti in aeree cattedrali, è riuscito a vincere quasi tutte le malattie, ha cominciato a penetrare i misteri del cosmo. “In tutte le altre scienze si sono registrate notevoli progressi” – ebbe a dire una volta John Adams, secondo presidente degli Stati Uniti – “ ma non in quella del governo, la cui prassi è rimasta immutata rispetto a 3000 o a 4000 anni fa.” L'eccessiva ambizione, la inadeguatezza e la decadenza, come testimoniano le vicende del tardo impero romano e, infine la follia o la perversità. L'ottusità, madre dell'inganno verso se stessi, svolge un ruolo di primo piano nell'attività di governo. Sua caratteristica è quella di valutare le situazioni sulla base di idee preconcette, ignorando o addirittura respingendo tutto ciò che può risultare contrario al loro contenuto, che poi equivale ad agire secondo i propri desideri senza tenere minimamente conto della realtà dei fatti. Troviamo una sintetica ma pregnante definizione di questo atteggiamento nel giudizio che uno storico dà di Filippo II di Spagna, campione assoluto di ottusità tra le teste coronate: “Nessuno scacco, per quanto bruciante, poteva scuoterlo dalla certezza della fondamentale eccellenza della sua politica.” Per 2500 anni, i filosofi politici, da Platone a Marx passando per Aristotele, San Tommaso d'Aquino, Machiavelli, Locke, Rousseau, Jefferson e Nietzsche, si sono occupati di grandi temi etici quali la sovranità, il contratto sociale, i diritti dell'uomo, la natura corruttrice del potere, l'equivoco tra libertà e ordine. Pochi hanno concentrato la loro attenzione sulla follia pura e semplice, che pure ha rappresentato un problema cronico e molto diffuso in ogni epoca. Lord Acton, uomo politico inglese del secolo scorso, usava dire che il potere corrompe, e di ciò ormai siamo perfettamente convinti. Meno consapevoli siamo del fatto che esso alimenta la follia, che la facoltà di comandare spesso ostacola e toglie lucidità alla facoltà di pensare. L'eccesso conduce da un lato al disordine e dall'altro all'ingiustizia. Nessun essere umano sa resistere alla tentazione del potere arbitrario, e non ce n'è “uno che in circostanze di questo genere non soccomba alla follia, la peggiore delle malattie.” Le virtù quali la VERITA', la GIUSTIZIA, la TEMPERANZA saranno anche alla portata di tutti, ma in un contesto elettorale hanno ben poche probabilità di vittoria contro chi si presenta armato di denaro e ambizione. Possiamo soltanto tirare avanti alla meno peggio, come abbiamo fatto finora, attraverso zone di luce vivida e di decadenza, di grandi tentativi e d'ombra.-


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