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Ostinata passione con gli occhi di una donna
15 aprile 2015

“Nessuno di noi può dire di aver vinto se la metà di noi è lasciata indietro”. Recita Malala Yousafzai, la giovane attivista pakistana vincitrice del Premio Nobel per la pace che si è battuta per il diritto all’istruzione e per i diritti civili negati alle donne di Mingora, la sua città. È questa la frase che la Consulta femminile assume come propria nella ricorrenza dell’8 marzo, la Giornata internazionale della donna in cui si celebrano le conquiste sociali, politiche ed economiche, ottenute con grande fatica, impegno e determinazione ma che ancora oggi non vengono riconosciute ogni qualvolta un uomo ricorre alla violenza per sopraffare una donna, ogni volta che una gravidanza è motivo di licenziamento, ogni volta che nel mondo si nega ad una donna il diritto di studiare, di lavorare, di essere libera, di amare o di non amare arbitrariamente secondo la sua volontà. La Consulta femminile ha voluto ricordare la condizione femminile nella seconda metà del Novecento, dagli anni ‘50 agli anni ‘70, un periodo di fermento che ha portato, attraverso un difficile percorso di emancipazione, alla conquista dei diritti per le donne, come il diritto al voto. Ed ha voluto farlo, come spiega la stessa presidente della Consulta, Alina Gadaleta Caldarola, portando al pubblico l’esempio della pugliese Cecilia Mangini, la prima regista documentarista italiana di quegli anni. Nata nel 1927, si è occupata di dare voce alle donne e ai problemi sociali, fotografando la realtà femminile nel dopoguerra e nel lavoro in fabbrica. “La sua passione è stata ostinata al punto da condurla ad inserirsi in una realtà lavorativa che era tutta al maschile, in un periodo in cui l’emancipazione muoveva i primi passi” spiega la presidente. L’attrice Marianna de Pinto, membro della Consulta in rappresentanza dell’Associazione Culturale Malalingua, ha realizzato e interpretato “Ostinata passione” la trasposizione teatrale di un libro di Gianluca Sciannameo intitolato “Con ostinata passione – Il cinema documentario di Cecilia Mangini”. Lo spettacolo, con la regia di Marco Grossi, è riuscito a catturare l’attenzione del numeroso pubblico che ha ripagato la bravura dell’attrice con un lungo e meritato applauso: la storia narra di una donna, Elisa, legata alla famiglia e alla sua terra, prima in quanto figlia e in seguito come madre e moglie. I rituali del corteggiamento, del pudore e della virtù da proteggere come unico valore che rende desiderabile una donna. I giovani mariti partiti alla conquista dell’Africa, terra in cui il duce annunciava che avrebbero trovato lavoro e dignità e dove invece molti vi trovarono la morte. E poi, successivamente il boom economico del dopoguerra, il lavoro in fabbrica, il trasferimento in una casa in città, il tutto vissuto con ironia e drammaticità attraverso gli occhi di questa donna, ma con lo sguardo rivolto a tutte le donne che vissero questo cambiamento sociale contradditorio, composto da balzi in avanti verso l’uguaglianza e improvvise regressioni.

Autore: Marianna Palma
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