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Molfetta, serata sul massacro palestinese a Linea 5
25 gennaio 2009

MOLFETTA - Un incontro per riflettere, discutere, capire e proporre cosa possiamo fare, come molfettesi ma soprattutto come cittadini italiani, per non restare inermi di fronte al conflitto israelo/palestinese. Se ne è parlato a “Linea 5” in un incontro con Tajsiir Assan (foto), responsabile della Comunità Palestinese in Puglia, dal titolo “Contro il massacro in Palestina”. L'incontro è stato introdotto da una performance teatrale dal titolo “Senza nidi vagheranno i morti”, per la regia di Ahed Ababneh, presentato dal gruppo teatrale “Sesto Senso” dell'Associazione 35° Parallelo. Gli elementi a disposizione per comprendere il conflitto molto spesso non sono adeguati o sufficienti, pertanto è necessario discutere affinché la sensibilizzazione e la risposta della società civile sul massacro sia unanime e sentita. L'esigenza è forte di fronte alla gravità delle conseguenze dell'ultima operazione lanciata da Israele, “Piombo Fuso”, per evitare il rischio di cadere nella banalità dei comunicati stampa senza coinvolgere direttamente la cittadinanza. La storia parla chiaro. Prima del 1948 i palestinesi detenevano l'87,5% dell'intera Palestina, gli ebrei il 6,6%, il resto era sotto mandato britannico. Ma il progetto di creazione di uno stato ebraico, partito sin dalla fine dell'800, evidentemente prevedeva anche le conseguenze del conflitto. Dalla guerra del '48 alla guerra del '67 venne occupato il 79% delle terre assegnate ai palestinesi secondo la risoluzione ONU del 1948. Il prezzo al giorno d'oggi è catastrofico: circa 6.000 Palestinesi uccisi dalla prima Intifada del 1987, oltre 700.000 in stato di detenzione, confisca del 13% della terra fertile di Gaza, presenza di oltre 600 impedimenti fisici in Cisgiordania (controlli militari permanenti su strade e blocchi periodici dei traffici), 3.300 case demolite dal 1987, più di 500 villaggi distrutti. L'esodo dei palestinesi secondo l'UNRWA, allo stato attuale, include circa 5,5 milioni di persone, dislocate in ordine di presenza in Giordania, Libano, Siria, Egitto, Arabia Saudita, Kuwait, Libia e Iraq, Europa, Stati Uniti. A ciò si aggiunge l'embargo totale di Gaza (viveri, beni di prima necessità), i cui accessi sono controllati dall'esercito israeliano, la costruzione di mura alte 8 metri intorno a Cisgiordania e Striscia di Gaza, a partire dal 2002, presenza di insediamenti ebraici (circa 300 in Cisgiordania) sorvegliati dall'esercito israeliano e che si appropriano di acqua e terra palestinese. Si è parlato anche del ruolo di Hamas in questo scenario, e l'unica reazione del popolo in una situazione simile secondo Tajsiir è quella della difesa attraverso l'unico partito che difende i propri interessi, visto che Fatah non riesce in questo scopo. Il riflesso nella politica italiana è visibile. Quando un partito fallisce, l'altro ne esce fuori vittorioso. Si è discusso anche sulle iniziative che invitano al boicottaggio dei prodotti israeliani, e un forte segnale si è avuto nel 2008 alla Fiera del Libro di Torino. Non molti sanno che in aprile dello stesso anno, il sindacato giornalisti britannico (British National Union of Journalists) votò a favore del boicottaggio commerciale dello Stato ebraico, chiedendo sanzioni ONU contro Israele. Nello stesso tempo, oltre cento medici britannici fecero appello per boicottare la Israeli Medical Association. La riflessione è amara: dopo tanti anni di parlare, spiegare, diffondere la storia della Palestina, non è cambiato nulla, almeno in Italia, poiché purtroppo è più facile urlare allo scandalo per un sacrilegio che condannare apertamente un massacro. Alla fine, la verità viene fuori, per chi ne vuol fare uso.
Autore: Corrado la Martire
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Non si vede cosa possa fare l'opinione pubblica, per non restare inermi di fronte al conflitto israeliano/palestinese. Da anni e per anni nemmeno le grandi diplomazie, anche quelle religiose, riescono a far raggiungere accordi soddisfacenti alla due fazioni. Si sono fatte manifestazioni di massa con la partecipazione di intellettuali e politici di appartenenza a tutte le correnti politiche, religiose e potenze economiche, senza raggiungere risultati. Solo dei cessate il fuoco di breve durata. Capire ciò che sta accadendo in Palestina non è facile, perchè i grandi mezzi di comunicazione, in particolare la televisione, non ci aiutano. Ignorano o rimuovono deliberatamente le complesse radici del conflitto in atto, affidandosi esclusivamente alle cronache degli inviati speciali o alle dubbie competenze di esperti politici e militari, che danno l'impressione di non aver messo mai piede in Palestina. La negazione dell'esistenza di due popoli, una logica coloniale strettamente legata alle potenze europee e da esse sostenute in varie forme. Dopo aver a lungo progettato di costituire in Argentina, in Sudafrica o a Cipro la sede dello Stato ebraico, la scelta cade sulla Palestina non solo e non tanto per ragioni religiose, quanto perchè si sostenne che la Palestina era una "terra senza popolo per un popolo senza terra". Favoriti dalla persecuzione antisemitica e dalla tragedia dell'olocausto, si è dato al mondo l'impressione che l'elemento indigeno sia costituito dagli ebrei e che stranieri siano i palestinesi. Febbraio 1947 - La Gran Bretagna annuncia la rinuncia al suo mandato in Palestina e porta la questione davanti alle Nazioni Unite. Il 21 novembre l'ONU adotta la risoluzione per la divisione della Palestina in due stati e una zona internazionale per Gerusalemme. Da qui una "storia incredibile" i cui interessi internazionali sono sempre sfuggiti e mai chiari all'opinione pubblica. - 4 maggio 1948. Proclamazione dello Stato d'Israele. - 11 maggio 1949. L'ONU riconosce lo Stato d'Israele, negato a novembre del '48. Via via che gli anni trascorrevano, e ne sono trascorsi tanti, la "questione palestinese" è diventata sempre più complessa e difficile da risolvere. Molte generazioni sono cresciute ed educate all'odio per "l'altro da cancellare dalla cartina geografica". Sembra che la STORIA non abbia insegnato niente.
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