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Molfetta, passo carrabile: no strada pubblica, niente tassa?
02 ottobre 2012

MOLFETTA - Il Settore Tributi di Molfetta è stato più volte protagonista di “vicende” tributarie imbarazzanti e a volte nebbiose, forse risultato di una certa “confusione” amministrativa, come già Quindici ha denunciato in alcuni articoli. Forse anche condizionate dall’ultimo dictat imperativo: accaparrare soldi, se a breve è previsto un altro buco di 2milioni di euro, così come Quindici aveva profetizzato quando erano emerse dai conti comunali le prime avvisaglie di dissesto finanziario.
Ultima questione piuttosto intricata, la vexata quaestio della tassa sui passi carrabili, emersa dopo le lamentele a Quindici da parte di alcuni residenti di Viale Unità d’Italia. Nel caso specifico, i cittadini stanno lamentando un’applicazione del tributo a tappeto proprio dove le strade non sono state ancora completate e la percorribilità è limitata a veicoli e pedoni.  
In effetti, già la Corte di Cassazione con la sentenza n.16733/07 ha ribadito che non sono soggetti a tassa o tariffa i cosiddetti «passi a raso», cioè senza taglio di marciapiede, listoni delimitativi o altre opere, perché «non determinano un’occupazione visibile del suolo pubblico», «manca qualsiasi opera o manufatto realizzato su suolo pubblico» e «non presenta interruzioni sul marciapiede o modifiche del piano stradale che permettano, al proprietario dell’accesso, una posizione ed un uso diverso del marciapiede da quello di cui può fruire tutta la collettività».
Ecco perché i cittadini potrebbero anche non versare o chiedere la restituzione del tributo nel caso in cui il Comune abbia richiesto o ottenuto il versamento per la tassa per i passi carrabili «a raso» (in questi casi, è preferibile bypassare i tempi biblici della giustizia civile e magari attivare l’accertamento con adesione o ricorrere alla commissione tributaria di riferimento).
Tra l’altro, secondo una recente sentenza del Tribunale di Genova (n.2372/11) proprio sui passi carrabili e sulla distinzione tra strade pubbliche o private, requisito essenziale (oltre quello di non essere “a raso”) è anche l’effettiva sottrazione della superficie a uso pubblico, dovendo sussistere una limitazione all’uso normale in relazione alla utilizzazione che ne trae il singolo. Una limitazione che dev’essere provata in concreto dall’ente richiedente, condizione assente dalle carte inviate dal Comune di Molfetta al contribuente.
Perciò, non una qualsiasi strada privata che confluisce sulla strada pubblica è assoggettata al pagamento di un importo a favore del Comune, ma solo se sia accertato un più intenso uso da parte del privato rispetto alla collettività. È legittimo sostenere che se la zona posta al termine tra strada privata e pubblica è lasciata alla libera disponibilità o al libero posteggio di qualunque utente della strada, si dovrebbe escludere l’obbligo di corrispondere un canone. Se è alla discrezione di tutti l’utilizzo del tratto prospiciente il passo carrabile, per quale motivo il cittadino dovrebbe pagare?
Dunque, se la strada è solo formalmente pubblica, ma de facto non è aperta alla libera circolazione dei veicoli, è priva delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e, addirittura, sono i privati stessi a compiere tutti gli atti manutentivi, non si potrebbe parlare di vera e propria «strada» perché non è a tutti gli effetti adibita al flusso della circolazione. Inoltre, nel caso specifico, la sua manutenzione viene “lasciata” ai privati. Come potrebbe un Comune tassare un passo carrabile che confluisce su una strada che ancora de facto non esiste? È una contraddizione in termini.
Per gli artt. 38 e 44, comma 4, del D.Lgs. n. 507/93 costituisce presupposto per l'origine della Tosap non solo la modifica del piano stradale o «gli appositi intervalli lasciati nei marciapiedi, intesi a facilitare l'accesso dei veicoli alla proprietà privata», ma la cosiddetta «limitazione veicolare e pedonale» che nel caso di Viale Unità d’Italia non esiste ancora.
Insomma, la vicenda è davvero intricata e richiederebbe maggiore trasparenza da parte degli uffici comunali che hanno anche il dovere di tutelare gli interessi del cittadino, che ad oggi non conosce né l’istituto dell’accertamento con adesione, né i suoi diritti in materia tributaria.
 
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Autore: Nicola Squeo
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