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Molfetta e le perle dimenticate dal tempo e da noi
30 settembre 2008

MOLFETTA -Chi passeggia per le vie dell'agro molfettese non può fare a meno di scorgere fra le fronde degli ulivi e i rami ruvidi dei mandorli, mentre cercano di inerpicarsi al cielo, alcuni antichi caseggiati che il più delle volte stanno cadendo o sono già caduti in malora. Per chi non lo sapesse, e, a Molfetta, sono ormai in tanti, nella maggiore dei casi questi edifici austeri e maestosi, non sono altro che le antiche torri (nella foto, Torre Alfiere). La nostra città, infatti, in passato era dotata di un complesso sistema di difesa che spaziava dalla costa sino alla campagna e in cui erano inglobati come difesa e vedetta il Duomo S. Corrado, il Torrione Passari e le torri. La leggenda, la tradizione e la storia stessa sostengono che le due torri gemelle del Duomo comunicavano con le altre torri sparse in campagna, tramite segnali di fumo di giorno e fuochi di notte, immediatamente dopo aver avvistato dei possibili pericoli provenienti dal mare (per la maggiore attacchi di Saraceni). Questo affascinante sistema stuzzica molto l'immaginazione della gente che, magari leggendo un libro sull'argomento, prova a immaginarsi e a immedesimarsi, nell'epoca suddetta. Probabilmente un buon libro riguardante la storia molfettese e quindi anche le torri, non bastano a ricreare o a riportare l'atmosfera che creerebbe una visita dal vivo a questi storici edifici. Purtroppo con i tempi che corrono e che stanno mutando in fretta, specialmente nella nostra città, nessuno sembra dare più peso alle nostre perle antiche e allo stesso tempo rare (e alcuni le reputano addirittura delle stupidaggini) che ormai cadono sempre più, ogni giorno che passa, nel baratro del dimenticatoio (Nella foto, il Pulo). Tempo fa, mi capitò di ascoltare una domanda di un bimbo al padre, che chiedeva dove e cosa fossero le torri e il Pulo. Il genitore non era in grado di spiegare al figlio cosa in realtà fossero. Questo è lo specchio di quanto sta succedendo nella nostra città, uno specchio che riflette l'immagine di una Molfetta ricca di industrie e nuovi poli commerciali, straricca di traffico, iper-ricca di sporcizia, ma sempre più povera di se stessa. Ben venga tutto il progresso, la ricchezza e le nuove opportunità di lavoro ma cosa diventeremo noi molfettesi senza il nostro passato e la nostra storia cancellati dal nostro presente? Occorrerebbe maggiore coinvolgimento delle nuove generazioni sia da parte dei genitori che delle scuole cercando di creare un certo interesse verso i nostri monumenti. Sta capitando, infatti, che intere generazioni non conoscono affatto cosa il contenitore artistico e culturale molfettese contenga in realtà. Una mano potrebbe venire sicuramente da nuovi e significativi progetti da parte dei nostri “cari” politici. La giunta comunale, che ormai è da mesi al lavoro, nonostante non abbia ancora avviato concrete opere di valorizzazione verso le nostre attrattive turistiche sostiene invece, assurdamente e rocambolescamente, che Molfetta è ormai una città turistica. Il fatto che siamo una città turistica viene dato già per scontato ma in realtà le iniziative a tal proposito sono pressoché inesistenti. Il materiale su cui operare ci sarebbe ma se nessuno vuole lavorarci su a cosa servirebbe? In effetti, però, a qualcosa sta servendo: basti pensare al Duomo e al piazzale antistante che ormai è uno dei parcheggi più in voga nella città: Qualche giorno in cui il flusso del traffico è stato massiccio, è stato addirittura notato un parcheggiatore abusivo nei pressi del monumento. Quindici nei giorni scorsi ha rivolto una domanda circa il suddetto problema alle autorità comunali competenti senza aver mai ricevuto una dovuta risposta. Continuiamo ad attendere… Ma se a Palazzo di città pensano di aver risolto il problema dei parcheggi selvaggi dinanzi alla chiesa romanica con l'installazione di paletti dissuasori che, a nostro modo di vedere sono di cattivo gusto per il luogo in cui si trovano, significa che non hanno mai fatto un giro nella zona perché questi ferri di cavallo rovesciati e piantati nelle antiche chianche, non stanno servendo proprio a nulla. Per il momento, dispiace dirlo, ma questa è la nostra Molfetta, una città… (continuate voi, se volete, nei commenti). Tornando all'argomento iniziale, le torri (verso le quali, come per tutti gli altri monumenti, tanti molfettesi sono ormai indifferenti) vorremmo condividere con voi queste splendide righe scritte dallo scrittore, nostro concittadino, Orazio Panunzio. Leggendole siamo sicuri che a qualcuno, magari, chissà, ripensando a tempi ormai passati, verrà un po' di malinconia! «Le torri sono tutte intorno a noi. Da ponente, da mezzogiorno, da levante si stringono facendo una selva. Le possiamo vedere benissimo. Sono nobili e altere. Ma non vi ardono più i roghi; le vedette non hanno più lo sguardo affisso nelle lontananze. Io e il mio amico ci siamo seduti su un muretto. C'è odore d'acqua nell'aria; forse, finalmente pioverà. Ci viene incontro una nuvoletta, a zig zag; ora si dilata, ora si addensa scurendosi. E' un gruppo di stornelli che ci passa sul capo, si dissolve. Il mio amico non riesce a sorridere. Sono i primi uccelli migratori che vediamo questa primavera. Tra me e il suo caro viso è scesa la sera». Orazio Panunzio (dal libro ''Molfetta attraverso le costellazioni'' 1976)
Autore: Francesco Tempesta
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