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Marisa Carabellese e l'architettura
15 febbraio 2009

Ho seguito l'attività della pittrice Marisa Carabellese da tempo, avendo io scritto una monografia sulla sua variegata produzione già nel 1984 “Labirinto in forma di rosa, rosa in forma di mistero”, tenendomi aggiornata sulla sua opera anche attraverso le varie mostre e partecipazioni organizzate periodicamente qui a Molfetta e fuori. Già allora aveva formulato e proposto quella che lei chiamava PITTURA CONGETTURALE, secondo la concezione di un'arte che interroghi tutti i segni della realtà che ci circonda, dalla natura, all'uomo e alla sua storia, e li decifri chiedendone e rivelandone i significati profondi. Nel 1981 la Carabellese aveva partecipato ad una mostra al NOUVEAU SALON di Parigi con cinque tele di “Congetture sugli architetti contemporanei” che riscossero apprezzamenti di pubblico e una valutazione altamente positiva di critica. Con il nuovo slancio creativo della sua pittura congetturale la pittrice molfettese non dipingeva più soltanto con il suo istinto pittorico e con l'anima di artista ma immetteva nella materia della sua ispirazione una linfa nuova, la tensione intellettuale della sua personalità e della sua intelligenza consapevoli di un nuovo discorso estetico e simbolico. In quelle tele ella assumeva e sviluppava i caratteri e il messaggio di una serie di architetti del nostro tempo per trarre sinteticamente e polemicamente dagli elementi stilistici che li contraddistinguono, rielaborati originalmente, l'occasione di rappresentare, in contrapposizione, le massicce contraddizioni, le esaltanti conquiste, le inquietanti prospettive del nostro tempo. Ma non solo congetture! Marisa Carabellese parte da un amore antico per l'architettura, che attentamente osserva in ogni particolare e ne sintetizza il risultato complessivo della costruzione e la sua forza espressiva rendendoli con un disegno preciso ed evocativo. Così lei, che è partita dalla grafica, già nel 1974 disegna il bellissimo soffitto dell'Auditorium San Domenico, con una intensa interpretazione della volta stellare, riuscendo a renderne nel disegno e nella forma, con l'efficacia e la potenza del suo tratto, persino l'effetto di gonfiamento delle vele che ricordano panneggi di pietra di padiglioni orientali. In seguito, in tanta parte della sua produzione più impegnata prevalgono scale che si inerpicano intersecandosi, rose di pietra a strati sovrapposti, voragini prospetticamente vertiginose, labirinti di atavica memoria e di varia forma in cui sono presenti, chiusi nel loro dramma, personaggi mitici, mentre il trepido gabbiano, simbolo di assolutezza libertaria, domina il campo della rappresentazione pittorica. Anche se poi lei è capace di passare dalle levità della piuma alla pietrosa immagine di antiche deità. Era quindi prevedibile che la pittrice riprendesse nel 2004 il tema delle Congetture sugli architetti contemporanei svolgendolo fino ad oggi in una serie di tele di grande suggestione (le ultime della serie in catalogo, dedicate a Frank O.Gehry., D. Libeskind e E. Saarinen, più la recentissima che interpreta il Mausoleo di Berlino per gli ebrei assassinati di P. Eisenman, sono state dipinte dopo la mostra del 2007 presso la Sala dei Templari a Molfetta) in cui parte dall'osservazione ossessiva delle caratteristiche forme dei più noti architetti contemporanei fissando sulla tela gli elementi stilistici più propri di ciascun artista, liberamente interpretati ma con un'adesione piena alla realtà. E ancora una volta Marisa precorre i tempi: infatti l'architettura viene oggi considerata l'espressione più caratteristica del nostro tempo, se non si tiene conto dell'arte digitale che propone simulazioni tridimensionali, anche godibili ma ahimè! virtuali, superando le tradizionali arti figurative proprio per le ampie prospettive sociali e creative di questa grandiosa attività umana. In ogni civiltà, a partire dalle più antiche, l'architettura è stata identificata e riconosciuta come una componente essenziale della società e della cultura, con il suo porsi tra arte e tecnologia. La tradizione medioevale identifica il Dio Creatore con il grande “architetto del mondo”. Non esiste contraddizione tra la creazione artistica e l'applicazione di norme tecniche: anche in tempi recenti è stata sottolineata la dimensione “morale” dell'architettura nei confronti del paesaggio, dell'ambiente, delle mode e della società ed essa diventa sin dai tempi più antichi simbolo della stabilità, di cui oggi abbiamo particolarmente bisogno,della sfida ai millenni. Come artista Marisa Carabellese ha sentito e sviluppato questa sensibilità, aperta anche al fascino del restauro, dedicando una tela all'attività di Rosa Mezzina, del Ministero dei Beni Culturali, cioè alla particolare funzione dell'architetto specializzato in restauro dei monumenti che, con amorevole cura e appropriata tecnologia, riaffida al futuro le opere architettoniche logorate dal tempo nelle parti strutturali e scultoree. Quindi pittura intellettualmente ricercata e complessa con una sicurezza di segno unito ad un'acuta sensibilità coloristica e ad un possesso quasi naturale delle leggi della prospettiva lineare e aerea che fanno di questa parabola creativa di Marisa Carabellese un'autentica scoperta. Ancora un'osservazione illuminante sull'immagine della copertina della monografia. La metà in grigio a sinistra è la riproduzione di parte di una precedente opera dell'artista, opportunamente rielaborata da Beby Rinaldi, in cui l'autoritratto della pittrice prosegue fantasticamente con una sezione di architettura ricca di scale che si incrociano e si arrampicano verso archi con altre scale e grate da cui si specchia bassa la luna e trova enigmatica definizione il volto pensoso dell'artista. Se questo non è un presagio che infine è diventato realtà!
Autore: Vittoria Sallustio La Piana
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