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Marco Di Stefano: regolamento poco coraggioso e poco green, non migliora la qualità della vita
15 febbraio 2019

Durante le sedute di Consiglio Comunale tenutesi il 12 e il 14 novembre 2018 in cui, tra i punti, vi era l’approvazione del nuovo Regolamento Edilizio Comunale, Legambiente Molfetta e L.U.P. - Laboratorio di urbanistica partecipata, con le loro osservazioni hanno apportato alla discussione il proprio contributo. Quindici ha intervistato il presidente del circolo Legambiente di Molfetta “Giovanna Grillo”, Marco di Stefano, sulle dinamiche che hanno portato alla stesura del Regolamento Edilizio attualmente in vigore. Approvate o bocciate il nuovo Regolamento Edilizio? «Il nuovo regolamento è uno strumento e in quanto tale serve a dare indicazioni precise a chi opera nell’edilizia. Piuttosto che bocciarlo o promuoverlo, bisognerebbe puntare al suo costante miglioramento ed aggiornamento, mentre la logica con cui è stato redatto appartiene ad una visione dell’edilizia ormai superata. Per questo motivo entrambe le nostre associazioni hanno basato le osservazioni su quegli aspetti che incidono sulla qualità della vita e del nostro abitare». Molti pensano che il regolamento riguardi solo l’edilizia, ma non è così, conferma? «Certo che sì: esso va ad incidere sulle strade, sui marciapiedi, sul recupero di immobili in zone storiche, sulla gestione dei rifiuti all’interno dei condomini, sulle rinnovabili, sulla possibilità di riutilizzo delle acque piovane. Investe molti campi riguardanti la sostenibilità dell’abitato non dal punto di vista economico, ma culturale, ossia, come un investimento per la collettività». Qual è il suo giudizio politico a proposito? «Definire le regole entro le quali poter svolgere l’attività edilizia pensiamo sia importante per evitare qualsiasi zona d’ombra. Quello che ci ha colpito riguarda più in generale la città, ossia, il fatto che le nostre due associazioni siano state le uniche a presentare delle osservazioni al regolamento edilizio, specchio questo di un dibattito cittadino ridotto ai minimi termini». A suo parere non si è trattato, quindi, di un dibattito partecipato? «I tempi e i modi per partecipare ci sono stati, evidentemente, il tema non ha suscitato l’interesse che avrebbe meritato. Le nostre osservazioni hanno comunque creato un dibattito all’interno del Consiglio Comunale: non sempre questo è avvenuto nella storia recente dell’associazionismo molfettese; ciò indica che la politica e gli uffici hanno compreso lo spirito con cui sono state redatte. E’ un risultato che rafforza il lavoro delle nostre realtà sul territorio». Il piano è stato da voi definito “poco green”, è vero? «Abbiamo affermato che il piano è “poco green” perché sono state riprese integralmente soltanto due osservazioni da noi proposte, quando ne sono pervenute all’amministrazione ben 31. Alcune sono state riprese solo parzialmente, altre invece sono state considerate non idonee». Quali sono gli aspetti più rilevanti che avete sottolineato? Quali sono le considerazioni da voi proposte che sono state accettate integralmente? «Una riguarda le piste ciclabili, l’altra è invece inerente alla gestione dei rifiuti nei condomini e la possibilità di avere strutture di compostaggio condominiali, una prospettiva che ormai appartiene a tutte le società evolute. Per quanto riguarda le piste ciclabili, proponiamo nei condomini la possibilità di avere un certo numero di stalli al servizio di chi utilizza la bicicletta, nell’ottica di uno sviluppo ragionato della mobilità dolce. Lo stesso vale per la gestio-ne dei rifiuti, prevedendo luoghi dedicati che vengano gestiti dagli stessi condomini, nell’ottica del miglioramento delle condizioni igieniche e del servizio porta a porta». Cosa riguardano le osservazioni che non sono state accettate? «Sarebbe lungo parlare degli aspetti non considerati nella valutazione delle nostre osservazioni. Ci preme dire però che il regolamento edilizio deve essere anche un atto coraggioso, che si proietta verso il futuro di una città: nel momento stesso in cui esso definisce regole e paletti non deve cercare la facile mediazione né lasciare troppo spazio alla discrezionalità degli uffici e della politica, favorendo le zone d’ombra che troppo spesso riguardano i rapporti tra pubblico e privato. A nostro parere tutto deve svolgersi con chiarezza e linearità: su questi presupposti sono nate le osservazioni al regolamento edilizio, sulla volontà di dare indicazioni precise che non lasciassero spazio ad eccessive mediazioni». Avete chiesto trasparenza in questa vicenda, facendo pubblicare sul sito del Comune tutto quanto per intero? «Ogni passaggio è stato pubblicato sull’albo pretorio insieme alla delibera del Consiglio Comunale: sia le nostre osservazioni che le controdeduzioni degli uffici». A suo parere c’è stata mancanza di coraggio da parte dell’amministrazione comunale nel compiere alcune scelte? «Probabilmente non c’è stata la volontà di definire il rapporto tra interesse pubblico e privato, nell’ottica di dare a quest’ultimo uno spazio largo in cui potersi muovere. L’amministrazione secondo noi doveva avere una visione più ampia: manca uno sguardo al futuro che superi logiche legate ad un’edilizia vecchia, figlia di una visione economica dell’abitato ormai superata». Si tratta di un regolamento più tecnico che politico? «Nessun regolamento è esclusivamente tecnico, ma chiaramente anche figlio delle mediazioni della politica. A nostro parere ci voleva maggior coraggio nel superare i limiti di una visione solo tecnica e poco culturale». È una novità rispetto al passato oppure restiamo sempre sul classico? «Grazie all’azione delle nostre associazioni, la qualità del regolamento è cresciuta, anche il dibattito in Consiglio Comunale ne ha tratto giovamento». Sul fronte dei servizi il regolamento è adeguato o insufficiente? «Secondo noi, il regolamento sconta un problema che sta alla base del nostro piano regolatore, ossia, un piano dei servizi utile a definire le specificità dei comparti e migliorare le pianificazioni al loro interno. La sua presenza darebbe maggiore forza a tutti i regolamenti, compreso quello edilizio che si pone come obiettivo il miglioramento degli standard di vivibilità in una città. La mancanza di un piano dei servizi è l’ulteriore conferma di come questa città sia ancorata ad una visione vecchia, ampiamente superata dai tempi; è necessario recuperare sia nel dibattito che nelle azioni una prospettiva più moderna». Dato che per il sindaco si prevede un solo mandato, crede sia legata a questo aspetto una visione così limitata del regolamento? «Onestamente, è difficile rispondere a questa domanda, non conoscendo dall’interno le dinamiche dell’attuale maggioranza, piuttosto bisognerebbe dire che da troppi anni le nostre classi dirigenti hanno difficoltà a ragionare oltre il loro mandato amministrativo. Questo limita la capacità di agire con forza nella città e porta, progressivamente, ad una perdita della speranza che ci possa essere un effettivo cambiamento; forse, dovremmo ricominciare a sognare e ad immaginare una città diversa che si ponga degli obiettivi coraggiosi e li persegua con serietà. Già mettere al centro la qualità della vita e confrontarci con città che negli anni hanno lavorato su questo come Ruvo, Giovinazzo o Corato, superando una visione estremamente provinciale, sarebbe oggi un atto “rivoluzionario” ».

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