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Libellus, il Liceo Classico si racconta Una pubblicazione sulla storia della scuola che ha oltrepassato il secolo
15 novembre 2001

Una scuola è tante cose, non solo una sede d’istruzione e formazione delle giovani generazioni, ma anche un luogo capace di raccontare una storia, la propria e insieme quella della città in cui agisce. Questa doppia storia prova a raccontarla e ad illustrarla Libellus, pubblicazione a cura del Liceo Classico di Molfetta. Istituzione scolastica che di storia alle spalle ne ha davvero tanta, come si dice nell’introduzione. Istituito nel 1893, in conformità ad un accordo stipulato tra il Comune e il Seminario, protagonista anche di una coraggiosa scelta protofemminista, quando, considerato il divieto opposto alla frequenza delle donne nel Liceo Classico del Seminario, si decise la costruzione della sede storica in Corso Umberto, quella occupata ancora oggi dall’Istituto. Costruzione che mise a dura prova le casse comunali e portò addirittura alla presa di posizione di Gaetano Salvemini. Questi, in un ciclo di conferenze fra 1901 e 1902, sostenne come unica ipotesi possibile era chiedere la regificazione dell’Istituto e la conseguente assunzione delle spese di gestione da parte dello Stato. Una regificazione concessa nel 1903 che segnò la strutturazione giuridica definitiva della scuola. Cento anni di cui si rende conto con alcune testimonianze, di Dionisio Altamura, Berardino Claudio, Beniamino Finocchiaro, Antonio Maralfa, Francesco Matarrese, Gianni Palumbo, testimonianze in cui il ricordo del Liceo si mischia con quello della propria giovinezza, più o meno lontana. Il Liceo non vive di passato. Un’ampia sezione di Libellus è dedicata all’attività degli ultimi anni, vi sono elencati i progetti realizzati, le attività teatrali, gli incontri con personalità del mondo culturale. Tutto corredato da un ricco apparato di foto, da quelle in bianco e nero, in cui schierati in maniera disciplinata compaiono alunne in gonna a pieghe e capelli ordinati e alunni con giacca e cravatta, a quelle recenti, in cui i colori non sono esclusivamente quelli della pellicola fotografica, ma di alunni con capelli lunghi ed orecchino al naso, impegnati in rappresentazioni teatrali o in una delle molteplici attività extracurricolari organizzate negli ultimi anni. Una scuola viva che, raccontando se stessa, vuole ricordare alla città e a coloro che oggi la animano qual è il suo passato e allo stesso tempo qual è il ruolo che ancora le compete sostenere nella vita culturale cittadina. Michele de Sanctis jr.
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