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Le novelle di Gianni Antonio Palumbo
15 giugno 2014

Gianni Palumbo, autore di romanzi, opere teatrali, contributi critici e versi, studioso dell’Umanesimo e del Rinascimento, nonché apprezzato redattore di La Vallisa, Quindici e Luce e Vita, ha aggiunto un’altra pietra miliare al suo già lungo itinerario di scrittura, per il quale mi permetto di rinviare al mio saggio Gianni Antonio Palumbo: narratore, drammaturgo, critico e poeta («La Vallisa», a. XXXII, n. 95-96, maggio-dicembre 2013, pp. 103-109). Infatti, dopo i romanzi I fantasmi di un poeta (La Meridiana, Molfetta 1998), Krankreich. Tramonto di un sogno (Palomar, Bari 2000) e Eternità. La leggenda di Destino e Sospensione (Palomar, Bari 2003), è tornato alla ribalta come narratore con Il segreto di Chelidonia e altre novelle (Secop, Corato 2014), illustrato in copertina dall’enigmatico e ancipite olio su carta I Gemelli della pittrice molfettese Marisa Carabellese e introdotto da una bella e densa prefazione della scrittrice bitontina Angela De Leo. Questa nuova opera narrativa si apre proprio con il testo eponimo, Il segreto di Chelidonia, un lungo racconto “giallo” di gusto erudito, con venature ironiche e surreali, che prende le mosse dal «segreto d’amore» di una giovane che porta il nome di Santa Chelidonia, patrona di Subiaco, uno degli scenari che, con Parigi, Bari, Molfetta e Brindisi, tra sortilegi e omicidi, tra Rinascimento e contemporaneità, fa da sfondo all’affannosa ricerca del caradrio, favoloso uccello dallo sguardo taumaturgico, di cui aveva parlato uno scienziato, commediografo e occultista del Cinquecento, Giovan Battista della Porta. Seguono le novelle L’ospite dell’alba, ambientata nell’antica Roma, dove un sogno anticipatore si tramuta in criminosa realtà, e Mena, che narra malinconicamente della giovinezza e dell’amore sfiorito di una bibliotecaria e di un professore. In Nonno Barbieri incontriamo la gioia della paternità scoperta, nell’attesa impaziente di un test di gravidanza, col rivivere mentalmente il ménage coniugale (ed extraconiugale) dell’avo ritratto in fotografia. Dallo stream of consciousness presente in questo testo passiamo all’affabulazione grottesca, onirica e ariostesca di Luna di gamberi e zucchine. Alla conoscenza della lirica rinascimentale e alla suggestione strutturale delle Operette morali di Leopardi si rifà il Dialogo tra un brigantaccio e Isabella Morra, presso il fiume Siri, in cui la «maledizione» e gli «occhi di luna» diventano il trait d’union tra il fuorilegge e il fantasma dell’infelice poetessa, vittima del delitto d’onore perpetrato dai fratelli di lei anche ai danni del precettore Torquato e del poeta don Diego Sandoval de Castro. Dal retroterra biblico emerge, invece, il metaracconto Nudità, una poetica interpretazione della condanna divina e della cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre, mentre Parola di Barabba prende le mosse dai Vangeli per abbozzare la figura di Gesù Barabba, zelota omicida per sedizione antiromana, che spregia il messianismo pacifico di Gesù Nazareno, ma non riesce a reprimere il senso di colpa per essere stato liberato al posto del giusto e misericordioso «figlio del falegname». Se La Casa del Sole è una rivisitazione del mito del “buon selvaggio” e un inno alla libertà, Limes Intifada è un’amara metafora dell’incomunicabilità, del confine invalicabile determinato dagli espropri territoriali e dalle divisioni etniche, che conducono ad attacchi suicidi per rivolta e alla follia per disadattamento e sottoalimentazione, ma non escludono la personificazione della Luna e del Sole. A sua volta Hotel Perseo offre un nuovo impianto giallistico di sapore colto a una sarabanda artistica e musicale liberata in quel palinsesto di epoche, monumenti e misteri che è la Firenze michelangiolesca, celliniana e moderna, con un procedimento di reduplicazione speculare e mise en abîme di fatti e personaggi abilmente collocati tra verità e immaginazione, realtà e sogno. Un godibilissimo siparietto è rappresentato da Angelica e Rinaldo alla fontana, dove, abbandonando gli stereotipi di Boiardo e Ariosto, un’improbabile principessa del Catai (o di Catania?) parla in siculo-salentino e mastica dialettalmente le rime petrarchesche, mentre il signore di Montalbano, che non disdegna un po’ d’inglese, dopo aver bevuto alla fonte dell’odio, disprezza la sconsolata Angelica e s’invaghisce del biondo Astolfo, il quale naturalmente se la dà a gambe levate. L’incantamento è un’amena storia di filtri magici propinati a un baldo giovane, che, a causa della prima fattura, lascia la bella fidanzata per una «iella del Signore » e, in virtù di una seconda pozione, assolve «agli obblighi di coscrizione» a inopinata gratificazione di una vecchia comare sdentata. Divertente è anche Il sogno: Alcesti 2013, una rivisitazione di Euripide sulla falsariga del teatro farsesco di Eduardo De Filippo, ma con le scoppiettanti trovate di Palumbo, che ambienta gustosamente la scena in un ben assortito e astuto parentado piccolo-borghese di Molfetta. Una poeticissima prosa d’arte è La sposa del tiglio, delicato invito ai ricordi d’amore rivolto dal vecchio sposo alla moglie resa immemore dal morbo di Alzheimer, seduta all’ombra di quel tiglio che aveva conosciuto il loro «incontro lontano». Novello Orfeo, lo sposo vorrebbe ammansire col canto «il signore del reame» che la imprigiona e, senza mai voltarsi, vorrebbe portarla fuori da quella terra irremeabile. Tiene dietro L’ultima messa, novella che mette in vista un vecchio parroco inquieto e pieno di dubbi, il quale, dopo uno scippo in chiesa durante la celebrazione e l’inseguimento del ladro tentato dal viceparroco, sente tramutarsi l’antipatia in improvviso affetto per il sottoposto, visto ora con occhi nuovi, quasi fosse «l’angelo della visitazione» sceso in terra ad addolcirgli il tramonto della vita. Chiude il libro La Pleiade storna, un racconto fiabesco non esente dalla suggestione dell’Alice di Lewis Carroll, ma anche frutto dell’esperienza e dell’affetto paterno dell’autore e della sua fervida fantasia, che vede un bambino e la sua paffuta cuginetta inghiottiti da uno specchio ottagonale e, tra varie (dis)avventure, sospinti nel regno di Adua, la Pleiade storna e cattiva, che sarà redenta dagli apprezzamenti estasiati della bimbetta. In definitiva Il segreto di Chelidonia e altre novelle di Gianni Palumbo è un’opera originale e ben assortita nel suo ventaglio narrativo. Pur conservando un background di raffinata cultura, pur esibendo un lessico a volte dotto e ricercato, pur incastonando costrutti sintattici preziosi, come il complemento di relazione o alla greca, la prosa del libro si rivela limpida e fluente, elegante e malleabile, aperta a coloriture vernacolari e popolaresche, a guizzi satirici e parodistici, con dialoghi impeccabili e con un taglio ora malinconico, ora ìlare, ora surreale o sorprendentemente immaginifico.

Autore: Marco I. de Santis
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