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Lazzaro Gigante: “Don Tonino provocatore di speranze”
15 maggio 2019

Cosa vuol dire essere oggi educatore? Quale valore si attribuisce al ruolo di maestro? Chi è l’educatore e come si è evoluto il suo ruolo? La casa editrice La Meridiana, da sempre impegnata in prima linea nella condivisione e approfondimento di temi etici, ha affrontato questa nuova sfida: far conoscere la figura dell’educatore anzi di quegli educatori che con pazienza certosina hanno tessuto trame sottili ma di acciaio indistruttibile di valori, andando controcorrente. Essi, come abili artigiani hanno fatto proprio il ruolo di educatore seguendo, non le convenzioni culturali correnti, ma semplicemente il proprio cuore, il proprio istinto, la propria ragione. E non è un caso che la casa editrice molfettese abbia voluto dedicare a tre grandi educatori, il ciclo di incontri “Artigiani dell’imprudenza”, individui che prima ancora di essere educatori, sono stati uomini. Non si può essere educatori teorici, occorre essere pratici, concreti, vivi, sempre in prima linea come Alberto Manzi, colui che tutti conoscono come il maestro conduttore di “Non è mai troppo tardi”, un uomo che osò sfidare lo stereotipo della cultura tradizionale, visse prodigandosi in opere di volontariato, una figura che è molto di più di quello che la ricerca storica vuole farci ricordare, una persona prima di tutto, ricettore di valori e che ha trasmesso cultura, come ricordato da Angela Paparella che ne ha guidato la conoscenza durante il primo incontro e la sorprendente scoperta di un uomo ricco, integerrimo che ha amato, come pochi, il suo ruolo. Artigiani imprudenti come Claudio Imprudente , nome omen che ha voluto fortissimamente voluto ri-abilitare la cultura, ri-abilitare un concetto di disabilità come ricordato nell’incontro guidato e a lui dedicato da Pino Modugno, educatore e profondo conoscitore di Claudio Imprudente, scrittore, educatore, che ha tratto dalla propria personale condizione di disabilità profondi insegnamenti, input derivanti dalla privazione dalla parola disabilità del prefisso dis, perché estrapolando dalla parola disabilità il prefisso rimane la parola abilità, un immenso patrimonio di ricchezza di cui tutti siamo dotati. L’educatore è un risvegliatore di coscienze. “Io sono un educatore, potete fare qualunque cosa ma non fuggo, sarò sul cavallo come la mosca cavallina”, parole di Socrate, così antiche e moderne, così utopistiche e concrete che sembrano un abito perfettamente cucito sulla imponente figura di un umile prete di strada. Lazzaro Gigante lo sa benissimo, sa che un educatore è un disturbatore e durante l’ultimo incontro del ciclo, ha sottolineato come la figura di Don Tonino Bello si sia nutrita di tanti maestri, i poveri, coloro che, per transumanza di esperienze di vita, hanno profuso sapere e insegnamento vivo, costante, cocente, perenne. Don Tonino è un provocatore di speranza, ha seguito piste laiche per cercare di dare significato alla parola UOMO, non come persona dalle sembianze umane ma come colui che vuole vivere una dimensione umana. Don Tonino affermava che occorre essere uomini fino in fondo anzi fino in cima. Come educatore di strada, predicava il dis-inter-esse vale a dire il depotenziare la pretesa del proprio essere ad comportarsi da sovrani. Don Tonino ha fatto suoi gli insegnamenti filosofici di Italo Mancini, suoi anche alcuni temi cari ad Antonio Gramsci, ha posto sul suo altare il povero. L’uomo deve spersonalizzarsi, svuotarsi per darsi, per riempirsi di popolo, partire con la bisaccia del viaggiatore vuota, affinché questa venga riempita durante il viaggio, poiché i poveri hanno un potenziale evangelizzatore. Don Tonino, mentre ascoltava il povero, stava procedendo ad una investitura: il povero che diventa protagonista della risoluzione di un problema, vedendo nel povero, l’Angelo mandatogli sotto mentite spoglie da Lui. Don Tonino era energetico, di una energia positiva, di coraggio, fattiva, concreta. E non serve ricordare le sue prese di posizione a favore dei lavoratori delle Acciaierie di Giovinazzo, la Casa per la Pace, l’apertura del seminario vescovile a famiglie di sfrattati, la sua attenzione attiva verso le città della Diocesi, la sua presenza costante nelle scuole, nei centri di accoglienza, il suo ruolo nella Pax Christi, il sorriso, l’arma con cui avrebbe disarmato anche il più tenace guerrafondaio, lo stesso che portò con sé a Sarajevo, pochi mesi prima del suo dies natalis in cielo. Non poteva concludersi in modo migliore “Artigiani dell’imprudenza”, non solo tributo a educatori contemporanei ma iniezioni di partecipazione attiva sull’esempio di chi, imprudentemente, ha cercato, riuscendoci, di smuovere coscienze sopite, come Don Tonino. Sono passati 21 anni ma per alcune persone l’assenza è più invadente di una silenziosa presenza. Non è mai andato via, c’è.

Autore: Beatrice Trogu
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