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L'ospedale dall'emarginazione alla crescita
15 marzo 2010

Non poteva non essere intitolato al compianto vescovo don Tonino Bello il nostro ospedale. E che ciò stesse a cuore alla popolazione molfettese, si desume dal fatto che ben 2.000 cittadini firmarono la petizione per intitolare all’amato vescovo il nosocomio. Il quale è in via di trasformazione. Infatti, la costituzione della ASL unica della provincia di Bari ha comportato la necessità della riorganizzazione delle strutture ospedaliere di Molfetta, Terlizzi e Bitonto. La delibera del direttore generale della ASL Bari ha sancito la costituzione del Presidio Ospedaliero unico del quale facessero parte i presidi sanitari delle tre succitate città. La riorganizzazione delle strutture aziendali ha, di conseguenza, comportato cambiamenti rilevanti: organizzazione delle aziende, economia della gestione e la facilitazione dell’interazione ed integrazione con le altre strutture aziendali di Terlizzi e Bitonto. Tale Presidio avrà un’unica Struttura complessa di Direzione medica e di Direzione Amministrativa. Pare che l’accorpamento dei tre presidi non dovrebbe portare a soppressione di reparti o a spostamento dei servizi, tutto a vantaggio degli utenti. Attualmente Il Presidio ospedaliero conta 1.000 dipendenti per un bacino d’utenza di circa 200.000 cittadini facenti parte dei tre distretti sanitari. Il costo di gestione si aggira intorno agli 80 milioni di euro. Di rilevante c’è da sottolineare l’inaugurazione il 30 novembre scorso del reparto di Medicina Interna. Abbiamo chiesto al Direttore Sanitario dott.ssa Annalisa Altomare di parlarci dell’attuale stato di salute del Presidio Ospedaliero. Dott.ssa Altomare, ci faccia una breve cronistoria del nostro Ospedale. Cosa è cambiato in questi ultimi anni? «Era un ospedale che doveva vedere trasferiti in altre città tutti i reparti chirurgici ed aumentati i posti letto di lunga degenza, con poco personale. Oggi è un plesso ospedaliero nel quale ogni unità operativa è attiva, ha un suo Primario e di anno in anno migliora le sue attività sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Questo, grazie alle risorse che sono state destinate, ma soprattutto alle qualità professionali ed umane di coloro che ci lavorano». I nuovi reparti hanno reso, a suo avviso, il servizio sanitario più confacente alle aspettative degli utenti? Quali e quanti reparti? «Bisognerebbe chiederlo ai cittadini. Sicuramente è cresciuta la complessità dei casi trattati e l’affluenza dell’utenza. Pensiamo per il 2009 ai 30.000 accessi al Pronto Soccorso, ai 2.400 interventi chirurgici, ai 56.000 esami radiologici eseguiti, ai 5.700 ricoveri, alle nuove tecniche implementate in Urologia, Ortopedia, Chirurgia, agli 85 Pacemaker impiantati in Cardiologia e ai tanti pazienti passati in UT cardiologica, alle 300.000 prestazioni del Laboratorio Analisi, al peso dell’attività del Servizio Trasfusionale (riconosciuta oltre i confini della regione), alla rinnovata qualità dell’assistenza nell’UO Di Medicina Interna, alle 3.200 ore circa di assistenza dell’UO di Anestesia e Rianimazione, alle 500 donne che hanno scelto il “Percorso Donna”, alle 3.600 visite ambulatoriali del DS di Ginecologia, ai tanti (circa 700) bambini seguiti del DH di Pediatria (con un solo pediatra), alle oltre 10.000 prestazioni della Senologia (con un solo medico senologo)». E’ sufficiente il numero degli operatori sanitari oppure la struttura si trova sotto organico? «Mancano medici specialisti in tutte le Unità Operative. Importante è la carenza di infermieri, personale ausiliario ed autisti». Fino a non molto tempo fa, i pazienti si lamentavano delle lunghe attese per sottoporsi a visite specialistiche. Crede che siano cambiate in meglio le cose? «Siamo al paradosso: sono aumentate le prestazioni, ma non si accorciano le liste di attesa. Certamente il potenziamento delle strutture territoriali (Distretto, Poliambulatorio, ecc.) alleggerirebbe il carico sugli ambulatori di pertinenza ospedaliera». Ci risulta che molti pazienti si rivolgono ad altre strutture sanitarie, specie quelle situate al Nord Italia, per sottoporsi a visite specialistiche o ad interventi chirurgici anche non necessariamente delicati. Forse una parte dell’utenza ritiene che la nostra struttura sanitaria non sia in grado di soddisfare e loro esigenze? «Anche in questo caso, bisognerebbe chiederlo agli utenti. Penso che anche un miglioramento dell’aspetto “alberghiero” delle strutture ospedaliere limiterebbe l’esodo verso il privato». Ci auguriamo che il nuovo Presidio sanitario, tenendo conto delle risorse sia umane che tecnologiche, sappia essere un buon punto di riferimento per tutti gli ammalati che hanno bisogno di cure adeguate e soprattutto di solidarietà, calore umano e vicinanza.

Autore: Rossella Marzocca
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