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L’acqua, fonte di vita sempre più rara Non sprechiamola! INCHIESTA. Preminente perfino sul petrolio, la scarsità potrebbe generare conflitti
15 marzo 2023

L’ACQUA! L’acqua è semplicemente… la vita. Ormai è acquisito che la vita, intesa come manifestazione dell’attività di ‘entità, più o meno, intelligenti’, che interagiscono con altre simili e con l’ambiente che li ospita, sviluppando rapporti e perfino conflitti, non esisterebbe senza l’acqua. La Scienza dimostra inconfutabilmente che il corpo di qualsiasi essere vivente, dall’organismo uni-cellulare, al genio, è costituito – in maggioranza – di acqua; senza l’acqua non può esistere vita biologica; dove esisterebbe acqua, perfino in ambienti alieni, extra-terrestri, è possibile che vi sia una qualche forma di vita biologica; l’uomo nasce e si sviluppa in acqua (in senso lato, il liquido amniotico potrebbe essere assimilato all’acqua) e, così via. Si muore prima di sete (per mancanza d’acqua) e poi di inedia, di fame! E’ straordinario come una molecola – H2O –… semplice, relativamente ad altre complicatissime fra la miriade di molecole esistenti in Natura, abbia un ruolo fondamentale, così grande. Bene, dopo questa sorta di apologia per la (molecola) acqua, veniamo alle nostre considerazioni. Un po’ di dati per comprendere ed orientarci nello sviluppo del discorso: (*) Il volume totale delle acque del nostro pianeta è di circa 1390 milioni di km3 (1390 milioni di miliardi di m3.) che contribuiscono con 1,4 x 1018 (10 seguito da diciotto zeri) tonnellate alla massa del pianeta; in superficie insiste il 98,3%; nel sottosuolo c’è l’1,65% - pari a 23 milioni di km3; nell’atmosfera c’è lo 0,05% - pari a 695 km3. Il 97,5% è acqua salata (mari e oceani) che assomma a un volume di 1340 milioni di km3. Le acque dolci – quelle che più interessano l’Umanità e, in generale, la vita in superficie – sono così distribuite: Ghiacciai = 68,7%, cioè 2,0% del totale (27.800.000 km3) Sottosuolo = 30,1% (12.500.000 km3) Permafrost (1) = 0,8% (332.000 km3) Superficie e atmosfera = circa 0,8% (332.000 km3) Di tutta questa massa, l’acqua ‘potabile’, quella che più interessa la vita dell’Uomo, è circa l’1% del totale, vale a dire, 409.600 km3! Nel 2022 (**) il consumo idrico pro capite negli U.S.A – con 332 milioni di abitanti – compresi gli usi in agricoltura, assomma a 1700 m3, per un consumo totale di 564,4 miliardi di m3. In Africa, con 1,22 miliardi di individui, si consumano 250 m3 p.c./anno, che assommano a 30,5 miliardi di m3; inoltre si stima che circa 1 miliardo di persone – l’82% degli abitanti del Continente – non abbiano un rubinetto in casa! In Italia, con 59 milioni di abitanti, si consumano 6 m3/g, che fanno 354 milioni di m3/anno. Come possiamo osservare dai numeri indicati, il problema dell’acqua, inteso come la materia prima per eccellenza, è preminente rispetto anche al petrolio ed alle fonti di energia in generale. Potrebbe diventare causa di conflitti, guerre per potersene accaparrare e possedere. E, verosimilmente, soppianterà il valore dei metalli più preziosi, che oggi rappresentano la… ‘ricchezza’. Negli ultimi anni si è prodotta una situazione paradossale. La Popolazione mondiale, negli ultimi cinquant’anni, è passata da 3.700.000.000 individui degli anni ’70, agli oltre 8.000.000.000 di oggi; e le previsioni di crescita dànno una popolazione che sarà vicina ai 10.000.000.000 di individui, nel 2050! Le risorse disponibili, al netto di turbative dovute a conflitti, accaparramenti eccetera, mostrano che saranno sempre più scarse e, per alcuni, sempre più costose, per chi vorrà disporne. In più, lo sta scoprendo anche i più distratti di noi, è in atto uno sconvolgimento… ambientale che, se non si riuscirà ad invertirne la tendenza, costituirà una delle minacce più importanti per la vita sulla Terra; l’hanno definito climate change (volgarmente) clima impazzito! Il clima delle zone temperate, in altre parole, quelle che sono comprese a nord e sud della zona dei tropici (del Cancro, fra il Circolo polare artico e, appunto, il Tropico del Cancro e del Capricorno fra il Circolo polare antartico e il Tropico del Capricorno), in particolare nel nord del Pianeta, che racchiude le zone con più elevata concentrazione di abitanti, che vuol dire, tecnologia, sviluppo di città ‘megalopoli’, grandi concentrazioni urbane con industrie energivore ed inquinanti, quindi con popolazioni generalmente abituate a… ‘consumare’ (energia, suolo, risorse agricole, risorse animali, acqua, deforestazioni per ricavarne suolo agricolo o da allevamento, emissioni e quant’altro), sta mutando. La responsabilità? Alcuni l’addebitano a cicli meteorologici, già verificatisi in epoche preistoriche, quindi… reversibili? I più l’addebitano allo tumultuoso assalto alle risorse naturali, generato dal crescere sfrenato delle popolazioni – più che raddoppiate in cinquant’anni! – quindi tendenzialmente irreversibili, in mancanza di drastici interventi. Questo ha causato una divaricazione sociale che, accentua la ricchezza (quindi, il consumo) di pochi a discapito delle masse che sono sempre più depresse, povere e che stentano ad avere il minimo vitale. Il paradosso, un altro, è che nelle megalopoli troviamo la ricchezza più sfrontata e la povertà più tragica e, forse questo ha anche influito ad innescare/favorire il fenomeno del cambio di clima. Le piogge sono sempre più scarse, i fenomeni estremi, sempre più ricorrenti: quando piove si verificano violenti nubifragi che oltre a non ‘rimpinguare’ le falde acquifere (l’acqua ruscella e finisce in mare, invece di penetrare il ‘terreno scoperto’ – sempre più scarso, a causa del consumo del suolo), gli invasi di fiumi e laghi straripano, generano catastrofi con inondazioni, vittime e danni. Le nevicate invernali, sulle catene montuose, nelle pianure nordiche, ai Poli che – dovrebbero – alimentare i ghiacciai (la vera riserva idrica di acqua dolce e che, sciogliendosi nelle stagioni calde, alimentano fiumi e laghi) sono diventate sporadiche, irregolari. L’innalzamento delle temperature medie annue (ormai, siamo abituati a estati roventi e secche, perfino nelle ‘zone temperate’ ed inverni miti e con poche precipitazioni) rende ancor più drammatico lo scenario; piove e nevica poco e, le temperature anomale, sciolgono più velocemente i ghiacciai anche ai ‘Poli’. Questo genera l’aumento anomalo del livello dei mari, mettendo a rischio le popolazioni rivierasche, per non parlare dei famosi Paradisi tropicali (atolli, isole e litorali antropizzati)! Una combinazione esplosiva! Se questo fosco scenario non dovesse subire un drastico cambiamento, la sete, intesa come sempre maggiore carenza di acqua, innescherà scenari da incubo. Non diciamo nulla di originale, che non sia già stato detto e ridetto. Tuttavia, se e quando si partirà con le politiche volte ad ottenere un cambio radicale delle abitudini (più attenzione all’inquinamento, uso più razionale delle risorse, meno consumo di suolo, arresto della deforestazione, ecc.), una delle azioni più urgenti sarà razionalizzare i consumi di risorse vitali e ‘reperirne’ di altre. L’acqua è sicuramente una di queste. Per far fronte al depauperamento delle riserve idriche funzionali alla vita – più acqua dolce – sarà necessario considerare anche e, più di quanto si faccia adesso, l’ipotesi di attingere dalla enorme riserva di acqua dagli oceani. Come? Con la desalinizzazione – più semplice e gergale la dissalazione dell’acqua di mare. Negli della seconda metà del secolo scorso, alcune Aziende (la Breda Termomeccanica e Locomotive Milano e la struttura Istituto di Ricerche Breda (I.R.B.) Bari - Gruppo E.F.I.M., per conto del C.N.R. Bari) hanno investito risorse economiche e scientifiche notevoli per la ricerca nel campo della dissalazione dell’acqua di mare, per ottenerne acqua dolce. Chi scrive ha lavorato presso l’I.R.B., appunto per la ricerca scientifica, su un impianto sperimentale di dissalazione dell’acqua di mare, del tipo Multiflash. Attraverso una condotta lunga circa 4 km, arrivava acqua di mare attinta da una pompa sommersa a circa venti metri di profondità sulla battigia, all’impianto (vedi schema). L’acqua, dopo opportuni condizionamenti chimico fisici, veniva immessa nel corpo del dissalatore, dove, evaporando e poi condensando, perdeva la salinità marina. Come detto, l’impianto era sperimentale – era costituito da sole quattro celle di evaporazione; operando con alcuni accorgimenti tecnologici, si potevano riprodurre/ simulare, all’interno delle celle, le condizioni di esercizio di un impianto industriale di oltre quaranta celle; impianto realizzato, dalla Breda, ed operante in una Raffineria in Arabia Saudita. L’impianto sperimentale serviva esclusivamente a fornire dati chimici, fisici termodinamici e strutturali con lo scopo di affinare le tecniche di progettazione di future unità di dimensioni industriali. L’equipe di Chimici, Metallurgisti, Fisici, Ingegneri e Tecnici poi, raccoglievano ed elaboravano dati (si usava il mitico elaboratore da tavolo “Olivetti P101”) per poter ‘riprodurre’ il ciclo di dissalazione e ottimizzarne prestazioni e strutture. L’evaporazione dell’acqua, come si intuisce, ha bisogno di energia; questa – nel caso dell’impianto industriale operante in Arabia, utilizzava il calore residuo della distillazione dei prodotti petroliferi. Quindi, tecnicamente parlando, si può dire che era un impianto a tecnologia ‘circolare’. Non doveva attingere a fonti energetiche fossili (petrolio, carbone da bruciare in generatori di vapore) ma sfruttava il ‘calore residuo’ delle lavorazioni in raffineria. Di energia di scarto, cioè quella parte di energia residua che viene rilasciata nell’ambiente – pensiamo alle acciaierie, alla produzione di cemento, raffinerie di petrolio, perfino impianti nucleari – ne abbiamo in abbondanza; nelle zone desertiche, impianti solari. Perché non sfruttarla? E’ ovvio che gli investimenti per la realizzazione di dissalatori attraverso l’evaporazione dell’acqua grezza, sono estremamente onerosi, ma non impossibili, con la necessaria volontà e sotto la spinta dell’’emergenza acqua’ che, prima o poi diventerà attuale. I sistemi per dissalare l’acqua di mare e/o di falda ad alto contenuto di T.D.S. (Total Dissolved Solids) sono molti; per citarne alcuni, su cui, negli anni di lavoro presso l’I.R.B., si faceva ricerca scientifica pura, vi sono: ELETTRODIALISI – pacchi di membrane cationiche (che, attraverso un flusso di corrente elettrica continua, attirano gli anioni, cioè gli ioni con carica positiva, ad esempio, il sodio Na+) e anioniche (che attirano i cationi come il cloro Cl-), separate da appositi distanziatori non conduttori di corrente, chiusi fra due piastre collegate ai poli positivo e negativo di una sorgente di corrente continua. OSMOSI INVERSA – sistema che sfrutta la capacità osmotica (fenomeno del flusso di un ‘solvente’ – l’acqua, fra soluzioni a diversa densità, separate da una membrana semi- permeabile). In estrema conclusione, si capisce che il problema esiste e, se non affrontato, a livello globale, con strategie politiche idonee, potrà degenerare in conflitti forse peggiori di quelli che oggi, ahinoi, osserviamo per ragioni di controllo di territori e risorse. © Riproduzione riservata

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