Il tempo delle scelte
A Molfetta si esce da un quinquennio horribilis, per la presenza di personaggi e di personale politico discusso e discutibile, coinvolto in vicende giudiziarie ancora aperte e dalle conseguenze imprevedibili
Rubiamo il titolo di un bel libro di alcuni anni fa dell'attuale leader del centrosinistra Romano Prodi - che da bravo economista prima che politico, spiegava l'economia in termini semplici e accessibili -, per indicare che siamo già in dirittura finale nella campagna elettorale e che a fine mese (28 e 29 maggio) toccherà ai cittadini scegliere da chi essere governati nei prossimi 5 anni.
Una campagna elettorale che segue le elezioni politiche del 9 e 10 aprile, che saranno ricordate come le più turbolente nella storia della Repubblica per le accuse e i veleni sparsi a piene mani, soprattutto da un Berlusconi al tramonto, non rassegnato alla sconfitta, utilizzando l'arma della denigrazione degli avversari. La successiva elezione alla presidenza della Repubblica, di un ex comunista, Giorgio Napolitano, ha anche chiuso la lunga parentesi, volutamente tenuta aperta dalla destra, della legittimazione degli ex comunisti alla guida delle istituzioni. Insomma, si è concretizzato il disegno di Aldo Moro, interrotto violentemente dai brigatisti rossi e da chi li manovrava. E il destino ha voluto che l'ascesa al Quirinale di un ex-post comunista, avvenisse proprio nell'anniversario dell'assassinio dello statista democristiano pugliese. In un solo colpo si è determinato il tramonto definitivo del berlusconismo e del suo interprete e l'evoluzione di quel «compromesso storico» che, si auspica, possa divenire compiuto con la costituzione del Partito Democratico della sinistra: un doppio amaro fallimento per il Cavaliere di Arcore.
Insomma, è questo lo scenario in cui si svolge la campagna elettorale locale, che, per fortuna, non ha assunto i toni di quella nazionale (e di questo va dato atto ai 4 candidati, la quinta è solo virtuale), ma presenta risvolti confusi che creeranno non pochi problemi agli elettori.
Ambizioni personali, diffidenze ataviche, presunzioni soggettive, storiche divisioni, furberie varie (come quelle di An che propone un candidato di nome Francesco Amoruso per raccattare qualche voto, giocando vergognosamente e volutamente sull'omonimia) fanno sì che il quadro politico si presenti offuscato. A nulla valgono a destra, come a sinistra (ammesso che per qualche schieramento sia chiara l'appartenenza), i tentativi di chiarezza, che appaiono più come tentativi di legittimazione personale che di coinvolgimento nei programmi.
Che a Molfetta si esca da un quinquennio horribilis è fuor di dubbio, per la presenza di personaggi e di personale politico discusso e discutibile, coinvolto in vicende giudiziarie ancora aperte e dalle conseguenze imprevedibili. Bene hanno fatto tutti i partiti a lasciare fuori dalle liste questi personaggi, anche se ciò non è sufficiente a rifarsi la verginità. Ma è anche sotto accusa, soprattutto da parte del centrosinistra, tutta la gestione amministrativa, in particolare per quanto riguarda l'edilizia, dove è avvenuto di tutto: non stiamo qui a ripeterci, perché i nostri lettori conoscono bene le vicende a cui facciamo riferimento, perché ne abbiamo parlato più volte in queste pagine e spesso in modo esclusivo.
A contendersi l'ambita poltrona del Palazzo sono in 4+1: il sindaco uscente Tommaso Minervini che non è riuscito a riproporre il cosiddetto «Progetto civico», una sorta di santa alleanza trasversale, sperimentata fortunatamente nel 2001 e incentrata soprattutto sui partiti di destra (Forza Italia e An) e qualche presunta lista di sinistra, che punta alla Nuova Alleanza, cercando di pescare voti da tutte le parti.
Il sen. Antonio Azzollini che, dopo il successo elettorale con la rielezione al Senato, punta alla doppia carica senatore-sindaco, per combattere contro il «traditore» Tommaso, travolgere il centrosinistra e, magari, vincere al primo turno, per non perdere il potere in città.
Lillino Di Gioia scelto come candidato sindaco dell'Unione alle Primarie, ma contestato da una parte della sinistra, che punta a ribaltare la situazione e a riportare il centrosinistra al governo della città.
A lui si contrappone, da sinistra (?) il candidato Matteo D'Ingeo, con la lista del «Liberatorio», che, con piglio… «giustizialista», vuole liberare la città da tutti destra e sinistra, ergendosi a paladino dei «giusti». Ma c'è chi ritiene che si tratti solo di un escamotage per entrare di diritto in consiglio comunale.
Infine, all'ultim'ora si è aggiunta Maria Antonia Tulipano (chi l'ha vista?), «creatura» virtuale di Pino Amato. Quest'ultimo dichiarato inaccettabile da tutte le liste, punta attraverso questa sua parente a entrare in consiglio comunale o a proporre voti «trattabili» al ballottaggio, mentre la signora si sta ancora chiedendo cosa ci faccia il suo volto su quei manifesti.
In conclusione, una bella gara, un po' confusa, ma interessante e soprattutto ricca di imprevisti. Cosa sceglieranno i molfettesi? Difficile dirlo perché le dinamiche del voto rispondono a tanti impulsi (anche economici).
Cosa consigliare ai lettori? Ognuno voti con coscienza e scelga i migliori delle varie liste. Come giornale che si riconosce nella cosiddetta società civile dell'area di centrosinistra, che comunque ha sempre rispettato e ospitato tutte le posizioni in una sana dialettica democratica, non possiamo che consigliare il voto all'Unione e al candidato sindaco Lillino Di Gioia. Non è un voto di schieramento, ma di consapevolezza, perché riteniamo questa soluzione più utile alla città, condividendo la scelta fatta dal direttore dell'autorevole Corriere della Sera, Paolo Mieli, quando, alle elezioni politiche, ha invitato i suoi lettori a votare per Prodi e il centrosinistra, ritenendo questa la scelta più giusta per l'Italia. Crediamo che questa indicazione sia il modo migliore per rapportarsi ai lettori, senza ipocrite e false indipendenze, ma per la chiarezza e la trasparenza che deve sempre contraddistinguere chi fa informazione libera e di servizio. Esprimere le opinioni è un diritto e noi lo facciamo, manifestiamo, perciò, senza problemi il nostro pensiero, come accade da anni nei giornali degli Stati Uniti e dei Paesi europei più avanzati. Naturalmente rispettiamo le scelte di chi non condivide le nostre opinioni e la sua libertà di voto: questa è la vera democrazia, che qualcuno in Italia si ostina ad ignorare e a non accettare in un paese ancora poco «normale».
Autore: Felice de Sanctis