Il restauro del Portus Veneris
Il 6 ottobre del 2012 giunge allo Scalo di Molfetta, presso il Cantiere navale Cappelluti e De Candia S.n.c., uno strano bastimento che viene alato sullo scalo. E’ il Portus Veneris, della Associazione Magna Grecia Mare di Tricase. Le condizioni generali della barca sono molto deteriorate: il fasciame è sconnesso, il ponte di coperta presenta dei punti pericolanti, la carena necessita di una radicale pulitura. L’equipaggio che l’ha condotta a Molfetta da Tricase è costituito da uomini coraggiosi: hanno coperto le circa 140 miglia di mare, fidando nella loro perizia marinara (come abbiamo già detto, sono uomini dediti ad altre attività professionali, ma che comunque non disdegnano di calarsi nella parte dei lupi di mare e, c’è da dire che lo fanno con grande perizia), di notte e con uno scafo che non era proprio il massimo in fatto di sicurezza nautica. Giunti A terra, i “marinai” smantellano le manovre dei pennoni e delle vele, una gru sfila dalle mastre gli alberi, il bompresso e le antenne delle vele. Ha inizio il restauro del caicco Portus Veneris. Il ponte di coperta viene demolito completamente; il motore è rimosso dalla sua sede, sotto-coperta ed affidato, con l’asse e l’elica, alle cure di un meccanico per la revisione. L’esame dello stato delle ordinate rivela che quasi tutte, nella loro parte intermedia – staminale – devono essere sostituite. Tali ordinate erano già state in parte sostituite durante il restauro precedente, ma lo stato generale della barca rende necessario sostituirle ancora. Vengono demolite e se ne costruiscono di nuove, con l’attenzione di far in modo che il disegno peculiare delle linee di scafo non sia modificato. Si rinforza la rigidità longitudinale dello scafo, con la costruzione di una doppia serie serrette. Il fasciame esterno è marcio, le tavole di abete sono fragili e sconnesse; vengono quindi demolite completamente in tutta la parte che costituisce l’opera morta (la parte dello scafo al di sopra della linea di galleggiamento). La sostituzione dei madieri (le tavole del fasciame) viene fatto usando legno di mogano, tagliato e sagomato in modo che i vari pezzi si incastrino ad interferenza (tanta è la precisione con cui vengono sagomati) con l’uso di collanti a resine bicomponenti e chiodi zincati: cosa che rende superfluo il lavoro di calafataggio. Calafataggio che sarà comunque fatto per la parte inferiore dello scafo. Tutti i bagli della coperta vengono sostituiti e si riformano i tre boccaporti che danno accesso sottocoperta; il ponte viene rivestito con fogli di compensato marino da 10 mm. Successivamente, una volta allestiti i trincarini, tavole sagomate che corrono da prua a poppa, a contatto con la murata, viene allestita una seconda copertura di tavole di iroko, scanalate ai bordi per assicurare la tenuta al mare, con l’inserimento, fra una tavola e l’altra di pece pastosa. I due occhi apotropaici – caratteristici delle barche che solcavano i mari delle nostre coste e di quelle dei Paesi levantini, sono ricostruiti completamente ed applicati ai lati della prora. Lo scafo e la coperta sono sottoposti ad un accurato lavoro di levigatura, in modo che la successiva apposizione di più mani di vernice, faccia vedere uno scafo luccicante e pulito: “nero pece e bianco lacca”. Il motore, completamente revisionato, è riportato a bordo e collegato all’asse porta elica. Viene ricostruito il timone, aumentandone la superficie della pala, per rendere più efficace la manovra che viene fatta attraverso una barra azionata a mano dall’uomo addetto al timone. Finalmente i lavori di restauro, dopo circa otto mesi, hanno termine. Il Portus Veneris è …risorto, più bello ed elegante di prima. Tornano i marinai, con tutta l’attrezzatura velica e di cordame che, nel frattempo hanno riallestito. Gli alberi, i pennoni vengono agghindati con collari, golfari, bozzelli, paranchi, in una maniera apparentemente disordinata, ma nella realtà, ordinatissima: le corde devono scorrere liberamente nelle carrucole e nei rinvii, le vele devono essere issate e manovrate con facilità e senza intoppi, la maestria dei nocchieri è massima; tutto si svolge in un’apparente confusione di cime, maniglie, bozzelli sartie che confusione non è. Tutto è stato pensato e predisposto a terra, con la sapiente arte di velai e cordai - ricordiamo che uno dei …mastri cordai, che preparano le cime nella dimensione e lunghezza necessari, che fanno legature da esperti marinai, impiombature perfette per unire due cime o serrare un bozzello, è una signora! Si rimettono in sede gli alberi e si assicurano con le sartie; le antenne delle vele sono sospese una per ogni albero, assicurate con manovre volanti per controllarne la posizione rispetto al lato di provenienza del vento. Infine, la sera del 24 Giugno, dopo un’intera giornata di alacre lavoro per predisporre l’alberatura e le manovre, lavoro eseguito con un entusiasmo ed una dedizione ammirevoli, la barca viene spinta in mare ed è pronta, espletate le ultime formalità burocratiche ed il rifornimento di combustibile per il motore di bordo, a prendere il mare per… tornare a casa: a Portus Veneris.
Autore: Tommaso Gaudio