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Il Natale a Molfetta e la desolazione per le strade: problema contingente o tendenza generale?
Luminarie a Corso Dante, fotografia di Francesco Mezzina
20 dicembre 2017

MOLFETTA - Le polemiche, in questi ultimi giorni, sullo scarso impatto degli eventi e delle iniziative organizzate durante il periodo natalizio, non sembrano cogliere il cuore del problema.

Sotto attacco sono state, tra le altre cose, le casette posizionate al centro della città, che, come lo scorso anno, non sembrano aver attirato gente. In generale, però, l’intera città sembra svuotata, non ci sono momenti di aggregazione collettiva, e gli eventi organizzati sembrano inefficaci in questa direzione (Nella foto di Francesco Mezzina, un'immagine delle luminarie a Corso Dante).

La colpa è stata data alla natura delle iniziative organizzate, evidentemente inadeguate a suscitare interesse, producendo socialità, mettendo in relazione le persone, facendo della città lo spazio della vita in comune.

In realtà, al di là della qualità più o meno alta delle iniziative organizzate - dall’amministrazione e non solo - nel periodo natalizio, Molfetta sembra scontare un problema più ampio. La dimensione collettiva, nei luoghi pubblici della città, è in crisi da parecchio tempo, ben al di là del solo periodo natalizio. L’assenza di vita – intesa in senso sociale, condiviso – nel periodo natalizio, è legata, insomma, al di là dei limiti specifici delle iniziative organizzate, ad una più ampia crisi della dimensione pubblica in città. A prevalere, invece, come dimensione fondamentale dell’esistenza, è il privato. Tale “vittoria” si traduce nel sempre più ampio rifiuto di “occupare” gli spazi pubblici, confrontandosi con gli altri, costruendo momenti di condivisione. Quello che accade è un generale ritiro entro lo spazio privato. Gli unici momenti di socializzazione e di “uscita” dalla dimensione familiare sono quelli legati al ritrovo entro i tanti locali e pub che si sono aperti negli ultimi tempi, comunque soggetti ad una gestione privatistica, che relega i momenti di socialità all’acquisto e al consumo dei prodotti offerti.

Certo, anche nei locali si produce socialità, si dirà, e si creano momenti di confronto e di relazione. Ma viene meno il momento della progettazione collettiva, della costruzione comune, in cui lo spazio diventa fattore di radicamento comunitario. Anche in questa dimensione Molfetta vanta una tradizione importante.

Insomma Molfetta sta vivendo, da tempo, una crisi della dimensione pubblica, a vantaggio del privato, e la desolazione dei giorni natalizi si inserisce in questa tendenza. Certamente non si tratta di una condizione “naturale” o di una fatalità: ci sono colpe specifiche, anche politiche. Su questo il discorso sarebbe lungo, e sicuramente avremo modo di affrontarlo in più fasi.

Ci basti qui dire che, in questo quadro, anche il privato ne risente: chi pensava che il privato traesse vantaggio dal deperimento della vita pubblica si sbagliava di grosso.

© Riproduzione riservata

Autore: Giacomo Pisani
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Ci sono colpe specifiche e non solo politiche ma culturali, prima di tutto. Si è predicato e creduto che, con la soddisfazione dell''"avere", il consumismo a livello di massa, la "felicità" sarebbe stata finalmente una meta raggiungibile per tutti e per chiunque, è successo il contrario di tutto: siamo diventati incompleti, incontentabili, a dir poco "disumani". L''umanesimo non più necessario nella società liquida, ben definita da Bauman, invece necessitiamo di un nuovo umanesimo, "essere" prima di "avere" per ritornare a riconoscerci umani simili e uguali. Viviamo in mezzo a flussi di persone, idee, merci che si muovono in contesti sempre più svincolati dal territorio, e noi continuiamo a pensare ai territori come gli unici contenitori delle culture, quando non solo il presente, ma anche il passato, è stato attraversato da una miriade di persone in movimento. Queste hanno a tal punto mescolato usi, costumi, e credenze che parlano ancora di etnie o identità culturali ha tanto di arcaico, se non addirittura di artificialmente ideato per marcare il territorio o per giustificare i conflitti scatenati da ragioni difficilmente confessabili come gli interessi economici, o da cose che non vogliamo vedere come la disperazione degli uomini. Bisogna risvegliarsi dalla quiete apparente delle nostre idee mitizzate, perché molte sofferenze, molti disturbi, molti malesseri nascono proprio dalle idee che, comodamente accovacciate nella pigrizia del nostro pensiero, non ci consentono più di comprendere il mondo in cui viviamo. Per recuperare la nostra presenza al mondo dobbiamo allora rivisitare i nostri miti, sia quelli individuali sia quelli collettivi, dobbiamo sottoporli al vaglio della critica, perché i nostri problemi sono dentro la nostra vita, e la nostra vita vuole che si curino le idee con cui la interpretiamo.

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