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Il Liceo di Molfetta inaugurato da Giovanni Panunzio nel 1900
15 gennaio 2010

Fino al mese di luglio 1899 il Ginnasio Liceo Pareggiato di Molfetta era stato nei locali del Seminario vescovile, sede anche degli esami di licenza liceale con il Commissario prof. Ferdinando Flores, dell’Università di Napoli (v. Corriere delle Puglie (= CdP), 17 giugno 1899) e la presidenza del prof. on. Giuseppe Laudisi, di Bitonto (CdP, 6 luglio 1899). In seguito a contrasti sorti tra il vescovo Pasquale Picone e l’Amministrazione comunale, cessò il “Consorzio”, fino allora esistito, tra il Seminario e il Municipio e, mentre il primo riaprì le scuole “pel novello anno con utili e necessarie modificazioni” e l’aggiunta dell’ “Alunnato di borghesi esterni” (v. Seminario e Collegio Vescovile di Molfetta 1899-1900, Tip. De Bari, Molfetta 1899), l’Istituto pareggiato iniziò l’anno scolastico 1899-1900 nel nuovo edificio costruito dal Comune in corso Umberto. Nella riunione del 7 agosto del Consiglio comunale, presieduta dal Sindaco Mauro De Nichilo, Preside del nuovo Istituto venne nominato, “alla unanimità dei voti meno quattro schede in bianco” (CdP, 10 agosto 1899), l’arcidiacono Giovanni Panunzio, che lo era stato già nel Seminario, dove fu sostituito dal Preside Camillo Pedata. Lo stesso giorno, la Giunta amministrativa approvò gli organici delle Scuole tecniche comunali e del Liceo Ginnasio municipale, per il quale, nel mese di settembre, il Preside Panunzio (riferisce il CdP del giorno 15) andò in Napoli per decidere con l’on. Pietro Pansini (deputato di Molfetta, che nel capoluogo campano insegnava all’Università e svolgeva la sua attività di avvocato) e con il Provveditore agli studi di Bari, Giuseppe Chiaia, “sulla scelta dei nuovi professori a nominarsi”. “Il 15 Settembre 1899 - scrive Paolo Bartoli nella sua Autobiografia (Tip. Picca, Molfetta 1940) - il Municipio bandì il Concorso per tutte le Cattedre del Liceo-Ginnasio pareggiato”, dove egli fu “nominato” per altri due anni con voti 27 su 39” (p. 34) dal Consiglio comunale, che - riferiva Fra Rosario (Gioacchino Poli) nel CdP del 27 settembre 1899 - aveva nominato per le tre classi del Ginnasio Inferiore: De Sanctis, Facchini, Magrone, Antico; per le due del Ginnasio superiore: Mazzara, De Cesare, Mastropasqua, Pansini e Antico; e per le tre del Liceo: Colangelo, Adami, Salvemini Corrado, Favuzzi, Bartoli, Antico e Giovanni Panunzio per la Filosofia. Tra questi professori, oltre al Panunzio, che era stato maestro a Pantaleo Carabellese, avevano insegnato nel Seminario C. Salvemini (storia), Paolo Bartoli (matematica), Nicola Mastropasqua (latino e greco), i quali furono anche maestri e Commissari di licenza liceale nel 1890 a Gaetano Salvemini, insieme al prof. di italiano Sebastiano Porcelli (v. in “Luce e vita documentazione” 2007/1, G. Salvemini e le scuole del seminario vescovile di Molfetta tra il 1881 e il 1891), per il quale ultimo, invece, “si volle dare l’ostracismo” nel nuovo Liceo pareggiato. “Non si sa di che cosa” scrive di lui Fra Rosario, “certo egli fu vittima d’una lotta personale, e ciò arrecò dispiacere in quanti avevano un culto per il merito e per l’equità”. Rimasto fuori “dopo nove anni di lodevole e solerte insegnamento”, il prof. Porcelli fu chiamato poi ad insegnare a Bisceglie e (come dice Fra Rosario in CdP del 16 ottobre) fu reclamato anche da molti altri municipi alle loro scuole”, mentre il suo posto fu preso a Molfetta dal prof. Bartolomeo Colangelo, di Trani. Degli altri professori, Domenico Magrone era noto per aver pubblicato il Libro Rosso di Molfetta; Casimiro Adami, titolare di latino, proveniva da Rovereto; Pansini Antonio si era trasferito da Napoli (v. G. De Gennaro, La città di Salvemini, Mezzina, Molfetta 2000 p. 165), e a proposito di lui, il rag. prof. Antonio Salvemini scriveva a Gaetano Salvemini (il 21 febbraio 1914) che “nel Liceo ginnasio di Molfetta, quando era pareggiato, l’avv.to Pansini collocò un suo nipote, certo Antonio Pansini, fornito di laurea in ingegneria (o agrimensura) a cui fece affidare l’insegnamento della matematica, (lettera in Archivio G. Salvemini Firenze). Come professore di Matematica infatti egli collaborerà con Paolo Bartoli all’Adunanza dei Professori di Matematica delle Puglie che si terrà nello stesso Liceo il 26 febbraio 1900 (su cui v. il discorso di P. Bartoli, Sull’importanza della Matematica, Tip. Candido, Molfetta 1900, p. 26). Tra gli altri professori, i giovani Leonardo De Sanctis e Corrado De Cesare erano supplenti; Vito Favuzzi insegnava matematica e Fisica; Leonardo Antico Scienze naturali. La mattina del 9 ottobre, il nuovo edificio scolastico “si inaugurò tacitamente con una vera inondazione di briosi studenti, accorsi da ogni parte per gli esami di riparazione e per quelli di ammissione”, scrive Fra Rosario in CdP del giorno dopo. Sul posto c’era anche l’on. Laudisi, che si congratulò dell’opera realizzata, assicurando che la Giunta di Bitonto lo, “vorrà prendere a modello”. Allo stesso modo mostrarono interesse a visitare il nostro edificio, per “fabbricarne uno simile ad Andria” il Direttore di quelle scuole prof. Luigi Lenzi e l’assessore alla Pubblica Istruzione avv. Ursi. L’inaugurazione ufficiale dell’edificio fu stabilita inizialmente per il giorno 11 novembre, con un discorso del prof. Colangelo (CdP, 16 ottobre cit.). Ma, rimandata dapprima al 9 febbraio del 1900, giorno del nostro patrono San Corrado (CdP, 8 febbraio 1900), fu poi Il Liceo di Molfetta inaugurato da Giovanni Panunzio nel 1900 di Pasquale Minervini Centro Studi Molfettesi Giovanni Panunzio T U R A 23 15 gennaio 2010 tenuta il giorno 11, con un discorso del Preside Panunzio, nel quale egli fa un cenno anche alla contemporanea “festa degli alberi, auspicata dal Ministro della Pubblica Istruzione Baccelli” (v. Discorso autografo (ms. 28, f. 7t), in Biblioteca comunale “G. Panunzio”, Molfetta), dei quali alberi già “grandeggiava” l’esemplare allora messo a dimora nell’atrio dell’edificio (dove vegeta l’attuale maestosa Araucaria, su cui v. l’articolo di S. Camporeale in “Molfetta nostra”, n. 10, 2004, p. 10). All’inizio del suo discorso “tenuto nella grande aula delle conferenze”scrive Fra Rosario nel resoconto dato in CdP del 14 febbraio 1900 alla presenza delle molte autorità anche forestiere convenute, tra cui il Sindaco De Nichilo e il Provveditore Chiaia, Giovanni Panunzio “cominciò dal congratularsi del nuovo edificio scolastico in cui si trovavano le scuole secondarie del Comune. Nel fare poi la storia dell’istruzione a Molfetta parlò delle fasi per le quali era passato il seminario che ebbe il massimo splendore nel decennio dal 1850 al 60, in cui le idee di riforme scolastiche agitatesi a Napoli penetrarono con De Judicibus e con Nisio nel seminario vescovile, in cui si ripugnò il medioevo scolastico. Belle notizie diede poi degli studi che precedentemente a quel periodo si conoscevano nel seminario e dell’insegnamento privato di Napoli e Molfetta”. Parlando degli ordinamenti scolastici che si andavano sempre perfezionando con savie riforme, massime quelle caldeggiate dall’allora Ministro Baccelli, egli dice che la stessa festa degli alberi “che si propugna di città in città non è che uno degli ultimi portati della scolastica rivoluzione per infondere negli animi giovanili l’amore alle piante ed a quella che è l’alma parens, la terra, madre e nutrice della vita e d’ogni sorta dovizie” (autografo ms. cit). Nel concludere il suo discorso “a base di documenti provando che il Comune fu costretto, come scrive ancora Fra Rosario ad assegnare alle sue scuole pareggiate un’altra sede, per l’intolleranza delle potestà ecclesiastiche”, “è pregio dell’opera - dice Panunzio (in quest’ultima parte pubblicata a suo modo dal giudice Annibale d’Alonzo alla morte del Preside, di cui aveva sposato la nipote Lina Stella, nell’opuscolo In memoria di Giovanni Panunzio, Molfetta 1913) - porre mente che l’educazione laica o civile non si debba confondere con quella atea o anticristiana come si lascia credere all’indotto volgo. No, ai dolci affetti di patria, di nazione, di umanità, all’amore del progresso e della civiltà, no, non ripugna la religione di Cristo. Non fu egli l’uomo-Dio il grande patriota, che versò amare lagrime sulle imminenti rovine di una nazione che, innanzi tempo, aveva con alto cordoglio, vaticinato? Non fu egli il vero umanitario per eccellenza che il primo col divino suo sangue suggellò la eguaglianza, e la fratellanza di tutti gli uomini in Dio? Non fu il Nazareno un divino progressista che elevò l’ebraismo da una forma angusta e circoscritta a quella universale o cattolica della Carità, fondamento di sua Religione? Sì, la nostra scuola laica è anch’essa all’ombra della Croce ed ivi il sentimento patriottico non va disgiunto dal religioso. Nè la laicità esclude dall’insegnamento l’Ecclesiastico, chè un padre Tosti od un Prete Rosmini, di quale che sia scuola, sarebbero l’onore. Ora, indirizzando il discorso non ai venuti d’altronde, ma a coloro nelle cui vene corrono spiriti e sangue Molfettese, concluderò: se, i nomi rispondere debbono alle cose come disse il poeta [Riccardo da Venosa(1200), giudice federiciano, mi suggerisce l’amico prof. Marco I. de Santis, rettificando il verbo in “conveniunt”] “respondent rebus nomina saepe suis”, una nuova parola era necessaria a significare il novello ordine di idee, dopo la scolastica rivoluzione del 60. La parola viva, eloquente, concreta e quasi fonografica è questo edifizio. Queste pietre parlano e nel loro linguaggio ripetono: il medioevo scolastico è tramontato; onoriamo il passato, inchiniamoci innanzi da esso, che pure in tristi tempi ebbe sue glorie e benemerenze; ma il passato, è passato e per galvanizzato che sia, non torna più a vita. Queste pietre parlano e ti dicono: Qui si raccoglie la più gloriosa tradizione, quella del privato insegnamento che da 60 anni tanto conferì ad elevare questa città a prediletta sede di studi e di patriottica educazione; e qui s’inaugura un novello ordine di cose, il classicismo associato a studi tecnici e pratici secondo le nuove sociali esigenze. Queste pietre parlano e ti soggiungono: non più l’anacronismo di una civile educazione fusa coll’ecclesiastica che generò laici Preti e Preti laici; non più l’ibridismo di una educazione semicivile e semiecclesiastica, che crea coscienze a mezzo, ed uomini nel carattere sfibrati, smidollati e barcollanti tra l’antico ed il nuovo;qui educare si debbono robuste tempre di cittadini, devoti a quella Italia, che costò tanto sangue e tanti capestri. Noi già sorgemmo dalla contesa di due opposte potestà e di due contrari ideali, come narrerà ai futuri la pergamena sotto noi sepellita: [“nella lotta tra il Municipio ed il Vescovo sorse questo Edifizio”, aggiunge il d’Alonzo nella pubblicazione cit., mentre il Pedata “un esempio scritto – dice - fu gittato sotto la prima pietra de’ suoi fondamanti: GUERRA. . . ed altra cosa di peggio” (v. Discorsi di Mons. P. Picone e del Preside Prof. C. Pedata letti per l’inaugurazione dell’anno scolastico 1899-1900 nell’Aula del Seminario Vescovile di Molfetta, Tip. De Bari, Molfetta 1899, p.26)]. Or io - dice infine Panunzio -, lieto ed orgoglioso di vedere in queste pietre consolidato il lavoro di pressochè cinquant’anni, non proromperò in malefici auguri nè farò voti che l’antico edifizio Gesuitico, già ammodernato, diventi per la vastità delle sale, un civico palazzo od una palestra dì arti e mestieri, ma dirò al mio caro loco natio: o Molfetta sii prospera; ormai sei alla pari colle città più culte; due istituti ti facciano bella, rifiorita, ed altera, l’uno tutto ecclesiastico conforme alla mente del tridentino Concilio, che sia semenzaio di pii e dotti Sacerdoti, degni del nuovo secolo; l’altro culla di cittadini dalla tempra Romana che facciano riverita e temuta l’Italia e dentro e fuora e che la onorino nelle arti della pace e della guerra. Affrettati pertanto coraggiosa ed intrepida a coronare l’opera, facendo su queste mura giganteggiare un Municipale Convitto, come in mezzo a quest’atrio grandeggia l’albero, del quale celebriamo la festa, e che ti dice; su in alto ed avanti, non temere gli Aquiloni e le tempeste” (autografo ms. 27 cit. ff. 14 15t). L’opera del nuovo Istituto fu completata dal Panunzio con il corredo a sue spese, come scrive il D’Alonzo, “di un’ampia, ricca biblioteca di oltre 12.000 volumi con rarissime edizioni del ‘500, e dei Gabinetti di Fisica, di Chimica, di Anatomia e di Scienze Naturali (che già corredavano la sua Scuola privata fin dal 1875), nonchè di un piccolo ma ricco museo di oggetti antichi e del Congo” (v. l’opuscolo In memoria di Giovanni Panunzio cit. ). Su quelle mura però il Convitto Municipale non “giganteggiò” mai, perchè fu gestito privatamente dal Panunzio nel suo istituto (in via Vittorio Emanuele (già S. Gennaro), 28), che ospitò in quegli anni gli studenti dello stesso Ginnasio Liceo, per lo più forestieri, anche se in contrasto con i regolamenti vigenti e causa di continui attacchi alla sua persona. Da un elenco di oltre 250 alunni iscritti nell’anno scolastico 1899-1906 e provenienti da 57 città della Puglia, della Basilicata e finanche da Cosenza e Salerno, i molfettesi erano in 1ª ginnasiale 5 su 11, in 2ª 17 su 30, in 3ª 11 su 20, in 4ª 13 su 32, in 5ª 12 su 42, in lª liceo 11 su 45, in 2ª 5 su 33 e in 3ª 7 su 40. Tra gli alunni più noti, vi era Giacinto Panunzio (n. 1889), in 2ª ginnasiale, che sarà poi professore di Francese nello stesso Istituto, e nel 1954 farà dono alla Biblioteca comunale di una trascrizione amanuense del discorso inaugurale del Preside Panunzio (ms. 28). Alla fine di quel primo anno scolastico, fu Commissario agli esami di licenza liceale il professore di Storia moderna all’università di Messina Giacinto Romano; al liceo classico annesso al Seminario andò invece i1 professore di letteratura latina all’Università di Napoli Enrico Cocchia (CdP, 30 giugno 1900).

Autore: Pasquale Minervini
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