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Giunta Minervini a Molfetta, ancora nulla di fatto: esplode il caso Pd
25 luglio 2017

  MOLFETTA – Come “Quindici” aveva previsto, la formazione della squadra di governo, si sta presentando difficile per il nuovo sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini.

Due i casi al momento, che stanno creando problemi: Mimmo Spadavecchia e il sempre agitato Pd e l’ancor più inquieto Piero de Nicolo, che dopo l’insuccesso elettorale e la mancata nomina regionale (Michele Emiliano gli ha preferito Saverio Tammacco), vorrebbe rifarsi in sede di nomina degli assessori.

Cominciamo con Mimmo Spadavecchia e la sua lista “Molfetta per la Puglia” in appoggio a Tommaso Minervini. Come abbiamo già scritto, in queste ore Spadavecchia ha deciso di mollare la politica. Si è dimesso irrevocabilmente da coordinatore del Movimento, per motivi personali e familiari, aggiungiamo noi. Infatti, c’è di mezzo una lite col fratello Enzo, per l’assessorato, che dovrebbe andare alla lista, come da accordi pre elettorali. Su consiglio del suo mentore Lillino Di Gioia, Mimmo avrebbe deciso di non scendere direttamente in campo, ma di proporre sua moglie come assessore. Una scelta che non è piaciuta al fratello Enzo e di qui la lite in famiglia e le conseguenti dimissioni.

Questo contrasto potrebbe favorire Tommaso nella quadra degli assessori che sono 7, mentre le liste sono 8, permettendo di escludere al momento almeno “Molfetta per la Puglia”.

Ma il vero contrasto è provocato proprio dal Pd, che Minervini aveva fortemente voluto nella coalizione di destracentro, per poter legittimare in qualche modo il ciambotto anche come sinistra o destracentrosinistra come piace ad Emiliano.

Il sindaco ha proposto al Pd la presidenza del consiglio (da sempre destinato a Nicola Piergiovanni, fin dalla sua adesione al partito) e un assessorato, come ha comunicato ieri sera all’assemblea piddina, il commissario De Nicolò (quello con l’accento). Ma l’ex segretario De Nicolo (quello senza accento) non era d’accordo e puntava ad ottenere due assessorati e fare fuori Piergiovanni, che mai avrebbe accettato in cambio un posto in giunta (si era pensato per lui anche alla poltrona di vice sindaco).

E così Piero attacca il sindaco colpevole di non seguire le indicazione del Pd (cioè sue). Ma l’assemblea è orientata alla proposta di Minervini e Piero non ci sta (per lui sarebbe una seconda sconfitta).

E qui scoppia l’altro problema, il nome dell’assessore. Secondo il risultato elettorale, la poltrona dovrebbe andare a Gabriella Azzollini, che grazie all’abbinamento con De Nicolò ha superato il suo compagno di coppia di appena un voto. E il suo ingresso in giunta libererebbe così il posto per lui, in consiglio. E la Gabriella avrebbe anche il gradimento di De Nicolo che non vuole Erika Cormio (di qui la rottura con il padre Ennio), che per il suo passato, avrebbe più diritto della neofita, nemmeno iscritta al Pd. Ma Gabriella Azzollini ha imparato presto a fare politica (quella peggiore dei ricatti) e minaccia di dichiararsi indipendente e quindi Tommaso si ritroverebbe già una pedina in meno, anche se non preoccupante. Ma il Pd perderebbe consiglieri: una situazione poco piacevole.

E così Piero De Nicolo di frattura in frattura (ha perduto anche Demetrio Losciale, che punta su Erika: una debacle totale, che non è sfuggita ad Emiliano) è riuscito nel suo capolavoro di annientare il Partito Democratico, del quale a lui importa molto poco, perché ogni sua mossa, come conferma la sua storia politica, è orientata al suo vantaggio politico.

A Tommaso questa frattura giova non poco, nella sua strategia del divide et impera, che gli permette di decidere in maggiore autonomia. Ma se due assessorati vanno al Pd, anche Tammacco ne potrebbe chiedere due a sua volta e i conti non tornerebbero. Forse Tommaso rimedierebbe con un’altra presidenza al Pd.

 Intanto Erika Cormio in lacrime, col padre abbandona l'assemblea. Ed è rottura totale fra gli emiliani De Nicolo e Cormio. Che farà ora il governatore?

C’è anche il rischio che gli ex azzolliniani, ex destroidi (oggi della sinistra emiliana) possano non votare Piergiovanni, anche in coerenza con la mozione di sfiducia votata contro il buon Nicola, nella passata consigliatura. Che figura farebbero ora? anche se le facce di bronzo non hanno colore.

Una partita tutta aperta e con il solito cavallo di Troia in agguato.

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