Festa di “Rinascere” alla ricerca di una città diversa
Autonomia differenziata, ambiente e territorio, i temi affrontati
All’ordine del giorno della Festa di “Rinascere” c’è stato il problema dell’astensione e della cosiddetta delega in bianco. Perché? Scarsa offerta politica in quanto relegata a singoli protagonisti autoreferenziali (liste civiche), interessi di parte, ritorno al clientelismo e servilismo del cappello in mano. Di qui la necessità di aprire la discussione pubblica e riportarla al centro della vita dei cittadini. La Festa di Rinascere ha voluto essere uno spazio di incontro per rompere l’apatia e il disinteresse per quello che avviene fuori dalla nostra casa, quello che sta succedendo nella nostra città. I temi principali sono stati l’autonomia differenziata che molti non hanno compreso nella sua pericolosità per il Mezzogiorno soprattutto sul fronte della sanità e della scuola. A parlarne sono stati l’ex sindaco di Bari e attuale parlamentare europeo Antonio Decaro e il prof. Antonio Gusmai, docente di diritto costituzionale all’università di Bari. I due relatori hanno confermato i timori di emarginazione del Sud e la frattura insanabile che ne deriverebbe all’unità nazionale accentuando, inoltre, l’attuale divario. Interessante il dibattito sull’ambiente moderato da Corrado Minervini, coordinatore di Rinascere, Talk x re.ri.: suggestioni per una città che respiri sui temi del verde urbano, Una ricchezza da potenziare, a cura di Patrizia Ciannamea di Legambiente Molfetta; di rischio idraulico, Mitigazione e priorità a cura di Massimiliano Piscitelli, Ingegnere ambientale; Ripensare l’uomo nella città a cura del prof. Dario Minervini – Sociologia dell’ambiente e del territorio Unina; Pianificare la città moderna, a cura del prof. Nicola Martinelli – Ordinario di Urbanistica Poliba; di Puglia Verde: Rigenerare le nostre città, a cura di Fiorenza Pascazio - Presidente Anci Puglia. Al dibattito è poi seguita la proiezione dei cortometraggi REC “Estrema finzione” di Anna Ely Nappi e “Luci e ombre” di Roberto de Pinto. Si chiede una città che possa respirare e invece si tagliano gli alberi e si distrugge il poco verde esistente, mentre si continua a seminare cemento. L’acqua, è una risorsa sempre più scarsa, ma contemporaneamente rappresenta un pericolo in caso di inondazioni. La devastazione del territorio, secondo il consigliere comunale Felice Spaccavento ha due responsabili: Saverio Tammacco nella sua veste di consigliere regionale ondivago tra destra e sinistra pur di conservare alcune posizioni di potere e il sindaco Tommaso Minervini definito “vecchio e stanco” (lasciando allo stesso Tammacco il ruolo di sindaco ombra, ndr). Ci si è interrogati su quale città si vuole per i prossimi 10-20 anni: una Molfetta più verde, moderna, capace di sopportare piogge torrenziali (il territorio è a rischio idrogeologico come hanno sostenuto alcuni geologi già alcuni anni fa, ndr). Si sogna (perché di sogni si tratta vista la situazione attuale, ndr) una mobilità integrata ed efficiente con un centro città vivo, vivibile e non intasato (anche se ormai si va spopolando) con una periferia ben servita. Ma una città di questo tipo non può essere solo sognata, va anche programmata, con chi, con quali forze politiche (la sinistra anche a Molfetta è ancora divisa, ndr). Dal dibattito sono emerse le solite carenze di sempre: la mancanza di un piano dei servizi, del verde, delle coste, del traffico, mentre si continuano a costruire palazzi, ovviamente senza urbanizzazioni, altrimenti non saremmo a Molfetta. “Quindici” ha definito l’edilizia il cancro della città e la situazione attuale lo conferma. Ma a “Rinascere” parlano ancora di rigenerazione urbana e dei piani di secondo livello per evitare di affidare – come è stato detto nel corso dell’incontro – ”all’arbitrio dell’assessore e del grande elettore di turno le decisioni strategiche del futuro”. Non è mancata un’analisi del futuro che il sindaco Minervini continua a ignorare vivendo nella sua città immaginaria dove la popolazione non invecchia, nascono tanti bambini e occorrono altre scuole (naturalmente da costruire per alimentare l’edilizia selvaggia). Ma ciò che è più grave è che queste scuole inutili (che magari potranno avere un senso se viene finalmente incrementata l’immigrazione) sono realizzate nelle aree destinate ai servizi, mentre in giro ci sono “carcasse di edifici inutilizzati”, come sono state definite. Dalla festa è emersa la necessità di costruire una visione di città concreta e convincente, una visione nuova e avanzata. Ma l’opposizione resta divisa tra gli stessi aderenti a Rinascere e quelli di Sinistra Italiana e del gruppo di Bepi Maralfa “Area pubblica” mentre Rifondazione va per conto suo, per non parlare dei Cinque Stelle che anche a livello nazionale mostrano la loro inconsistenza. A Molfetta, poi, a giudicare da alcuni esponenti, siamo all’insussistenza. Poi c’è l’opposizione di centrodestra, anch’essa critica verso l’amministrazione Minervini, mentre occorrerebbe una coalizione di salute pubblica per liberare la città da parassiti e gestori di clientela, interessi politici di potere che nulla hanno a che fare con la crescita e il futuro di Molfetta, città sempre più brutta, sporca e anche cattiva se si considerano i fenomeni di criminalità diffusa che rischiano di diventare endemici. Ecco perché i buoni propositi di Rinascere non bastano più. Per essere credibili occorre cercare il dialogo e il confronto con le altre forze politiche progressiste e perfino con un centrodestra preoccupato anch’esso di invertire la rotta devastante che sta portando Molfetta ai margini della stessa provincia, della città metropolitana (non basta eleggere consiglieri sulla base della fedeltà, o presunta tale, a un gruppo o una lista civica pilotata). Guardiamoci intorno: Molfetta oggi è tra le ultime città del territorio e questa sensazione è largamente diffusa fra la popolazione. Ma gli inquilini del Palazzo non se ne accorgono, presi come sono da giochi di potere, dalla ricerca della sopravvivenza, dai ricatti politici fra le liste civiche, fidando nell’indifferenza della popolazione che protesta solo astenendosi dal voto (e sbagliando). Dalle feste, dai congressi, dalle conferenze e ora di passare ai fatti. E mi piace ripetere con Gramsci: odio gli indifferenti.
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