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Festa democratica, prima giornata: ripartire dall'identità di Molfetta
25 settembre 2010

MOLFETTA - Ripartire dal sogno di una città diversa. E’ questo l’obiettivo di una sinistra che si ricomponga in un’idea nuova di Molfetta.
Il PD, con il suo segretario Giovanni Abbattista, prova a mettere in campo gli elementi che facciano sfociare le critiche all’amministrazione azzolliniana della città in un nuovo progetto di sviluppo supportato da tutte le forze di centro-sinistra.
I cittadini, secondo Abbattista, non tollerano più le pessime condizioni di igiene, le nomine arbitrarie di ex assessori a dirigenti comunali, la mobilità disagevole, i parcheggi a cielo aperto presso il porto e nella stessa Piazza Municipio. Sono stati versati 8 milioni di euro per errori relativi ai lavori per la costruzione del nuovo porto, proprio mentre il sindaco Antonio Azzollini dichiarava, a febbraio in un’intervista del direttore di Quindici, che non c’erano problemi, come ricorda Abbattista.
Il comandante della polizia municipale è persino stato minacciato da un “imprenditore della frutta” che aveva ricevuto una multa. Eppure sembra sussistere un torpore assoluto, nonostante la vicenda degli ambulanti abbia segnato il fallimento di un modello. Un modello amministrativo che si fonda sui finanziamenti che il senatore Azzollini fa arrivare da Roma, e tutto va bene.
Secondo il segretario del PD bisogna partire dall’identità di Molfetta, che non è rappresentata dall’illusoria socialità che anima i centri commerciali, ma dal mare. Ed è nella relazione col mare che Molfetta ritrova le proprie radici, il tessuto che lega fra loro tutte le anime della città, rimettendole in rapporto.
Nonostante la validità dell’analisi di Abbattista, la soluzione proposta sembra perdere il contenuto essenziale della ricostruzione. E lo perdono anche gli altri relatori. Tutti affermano che bisogna ripartire dal mare, ma quando si avventurano nell’esplicitare il “come” ripartire, il mare sembra scomparire o passare in secondo piano. Per Abbattista bisogna valorizzare il litorale di Ponente, la banchina San Domenico, il centro storico e il lungomare. Non una parola sul mare come elemento essenziale della natura, ormai talmente inquinato da costituire una minaccia chimica per i pescatori, o sulla crisi della marineria. Non una parola sulle contraddizioni emerse dall’intervento di Giorgio Assennato, Direttore Generale dell’Arpa Puglia, sul Tg2 Dossier a proposito dell’inquinamento bellico delle acque molfettesi, né sui malesseri che hanno afflitto i pescatori negli ultimi tempi.
Anche Beppe Zanna (Rifondazione Comunista) Robert Amato (UdC) e Saverio de Gioia (UdC sezione giovani), pur premendo e ripetendosi sulla necessità di ripartire dal mare, sembrano non parlare esattamente del mare, ma di ciò che lo circonda. Certamente importantissimo, ma un progetto che pone il mare come punto di partenza non può tacere il problema cardine che lo affligge: la sua salute e la salute di chi ci lavora ogni giorno.
Silvio Salvemini (SEL) pone l’accento sul coinvolgimento dell’associazionismo e sull’importanza della ricerca sulla compatibilità ambientale, una questione che riguarda particolarmente l’edilizia urbana e le produzioni energetiche. Sull’economia, Salvemini afferma la necessità di fondare dei gruppi di acquisto solidale e di introdurre nuove forme mercatali.
Anche Zanna si collega al problema economico, ribadendo che le cattedrali nel deserto non sono una soluzione valida ai problemi della comunità, anzi distruggono il commercio di prossimità e lasciano irrisolta l’esigenza di valorizzare il turismo. Bisognerebbe ripartire dagli anni ’90, da quella che è stata una stagione straordinaria per il centro-sinistra.
Robert Amato e Saverio de Gioia ribadiscono con forza la propria appartenenza al “Centro” rivendicato da Casini; il secondo, coordinatore della sezione giovani, esprime la voglia di volersi impegnare per i valori della famiglia e del cristianesimo.
Questa sera, alle 19.30, nel confronto fra Antonio Azzollini e Guglielmo Minervini, forse i modelli di città a cui si alludeva ieri sera toccheranno l’essenziale, ciò che li costituisce, e allora le differenze si faranno più nitide. I due rappresentanti dell’UdC hanno affermato di voler essere, come partito di centro, “l’unione delle forze la sintesi del dialogo”. Speriamo che il lavoro non sia troppo semplice, altrimenti che confronto sarebbe?

© Riproduzione riservata

Autore: Giacomo Pisani
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Ma esistono davvero le etnie, le identità culturali con le loro inconfondibili radici, lo scontro fra culture dai valori inconciliabili che con tanta frequenza ricorrono nei discorsi della gente, nella propaganda dei politici, sulle colonne dei giornali, nei dibattiti televisivi? C'è qualcosa di vero in queste espressioni, o non si tratta piuttosto di vere e proprie invenzioni senza alcun fondamento, enfatizzate per coprire, sotto la maschera della cultura, ben altre spinte e inconfessabili interessi? L'esempio della Lega Nord, che inventa una identità inesistente. Se dal locale passiamo al nazionale, qual'è l'identità dell'Italia, che ha raggiunto la sua unificazione solo da un secolo e mezzo, dopo quattordici secoli di divisioni e di dominazioni tra le più disparate, con conseguente contaminazione genetica delle popolazioni? Dove è rintracciabile quella "razza italiana" così mitizzata dal fascismo, che si rifaceva ai fasti dell'Impero romano dimenticando che non c'è mai stato un impero tanto composito, dove circolavano persone che provenivano da ogni parte del mondo, allora conosciuto? Scrive U.Eco: "Almeno due generazioni di italiani hanno passato l'infanzia in aule in cui c'era il crocifisso in mezzo ai ritratti del re e del duce. Gli alunni crescendo, parte sono diventati atei, altri hanno fatto la Resistenza, forse la maggioranza ha votato per la Repubblica. Tutto questo ci dice che l'esibizione di simboli sacri nelle scuole non determina l'evoluzione spirituale degli alunni.

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