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Elisìa una fiaba di Maria Addamiano
15 maggio 2016

“L’uomo rimane sempre allo stato puramente umano dei sogni e dei giochi infantili”: con Thomas Mann in esergo ha inizio l’idillio turbato di Elisìa, la nuova fiaba di Maria Addamiano, pubblicata per i tipi dell’Immagine nel marzo 2016. L’opera, indirizzata a un pubblico di giovanissimi studenti della primaria e della secondaria di primo grado, ma apprezzabile anche dal fruitore adulto, è impreziosita dalle pregevoli illustrazioni di Maria Bonaduce, che con i suoi acquerelli ricostruisce l’immagine angosciante della natura sconvolta dalla tempesta, come anche il ruvidamente grazioso mondo contadino, con i suoi miti, gli amori e le malie della gioventù. La trama di Elisìa è lineare. Una tempesta sconvolge la quiete della cittadina Èroma (il nome, anagramma di Amore, già disvela il messaggio affidato al testo): il vento riveste il ruolo di proppiano antagonista. L’Addamiano, che conserva il gusto della similitudine, retaggio della tradizione orale, arriva addirittura a paragonare l’elemento naturale a Nerone, cui una tradizione storiografica filosenatoriale ha attribuito il ruolo di capriccioso e vanaglorioso tiranno distruttore. L’avvio è caratterizzato da profondo turbamento, che emerge nei lunghi soliloqui del protagonista Paolo, spaventato dalla furia del vento e dall’assenza dei nonni e indotto a ricordare il triste addio dei suoi genitori, emigrati in Germania. Poi, l’antagonista esce di scena e comincia la lenta opera di ricostruzione delle case e di ricostituzione dell’idillica quotidianità di quel paesino ameno, connotato dalla vita semplice e operosa dei suoi umili abitanti. Complice l’opera di aiutante magico compiuta dalla Luna, la miracolosa guarigione di una giumenta e l’apparizione sulla sua fronte di una stella bianca attrarranno nel borgo curiosi, tra cui la principessa Elisìa, desiderosa di conoscere il segreto della misteriosa felicità di Èroma e dei prodigi che in essa avvengono. Elisìa è la classica principessa infelice e gracile; invano, al cospetto di Re Salù si sono avvicendati medici e guaritori per rivelare il segreto della salute vacillante della giovinetta. Eppure, il viaggio verso Èroma e l’incontro con Paolo e i suoi nonni saranno forieri di benefici effetti, di cui lasceremo la scoperta al lettore. Quello di Elisìa è un microcosmo rassicurante, al quale l’Addamiano affida ancora una volta il suo messaggio di ricerca della gioia nella semplicità di quello che i critici avrebbero definito «sublime inferiore». La bellezza risiede nelle piccole cose, nell›essere paghi della perpetrazione di una quotidiana agreste quiete. Non sempre chi gode di ricchezze e fama è un individuo felice: la famiglia del re, e soprattutto Elisìa, scopriranno, attraverso un’immersione nei reami dell’umiltà, che fugare la melancolìa è possibile. Dunque, una realtà idealizzata e pacificata, ma plasticamente ritratta. Non mancano gli elementi di contrasto, sebbene si tratti di mere dilazioni, non in grado di inficiare il raggiungimento di una felicità che l’apertura all’altro potrà donare. Non mancano i riferimenti all’attualità, seppur velati nel piccolo mondo contadino di Èroma, né gli espedienti appartenenti alla tradizione popolare, quali l’adozione di una struttura a cornice, la cui circolarità è garantita dalla figura del cantastorie. Lo stile ha un che di fresco e pregevole al contempo e sembra anch’esso ricondursi ai canoni di preziosità nella semplicità che da sempre rendono il genere della fiaba gradito al mondo dell’infanzia come a quegli adulti che, nell’atmosfera straniante di mondi magici, ricercano anche solo un istante di idillio nella frenesia del quotidiano.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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