Educare oggi: una sfida possibile, ricordando Chiara Lubich a Molfetta
MOLFETTA - Non c’erano abbastanza posti a sedere nella Sala Finocchiaro la sera dell’incontro-dibattito su Chiara Lubich e sul ruolo dell’educatore nel XXI secolo. Il pubblico, numeroso e variegato, è stato costretto a riversarsi nel chiostro della Chiesa san Domenico. In fondo, anche questo la dice lunga sull’importanza che il problema dell’educazione riveste nella società odierna. Lo hanno annunciato in apertura Annetta La Candia e Antonio Scarale, presidente rispettivamente dell’ANEB di Molfetta e del Movimento Umanità Nuova della regione Puglia, che hanno organizzato il convegno.
Varie voci si sono unite alle loro nel corso della serata, tra cui quella di mons. Luigi Martella, vescovo della diocesi di Molfetta - Ruvo - Giovinazzo - Terlizzi, giunto a sorpresa. Nel suo intervento non è mancato un riferimento al papa emerito Benedetto XVI, che già nel 2006 in riunione con la diocesi di Roma, aveva parlato dell’«emergenza educativa» dei nostri tempi, anticipando la decisione della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) di assumere l’educazione come tema portante del decennio 2010-2020. Invitando tutti gli educatori in potenza, dai docenti ai genitori, ad essere discepoli prima che educatori, il vescovo ha poi condiviso coi presenti il suo personale ricordo di Chiara Lubich: «una persona dal grande carisma, che è rimasta nel cuore di tutti, perché puntava sull’ideale dell’unità e della comunione. Un ideale condivisibile da tutti, credenti e non».
Prima di fondare il Movimento dei Focolari, come ha mostrato il montaggio del regista Marco Aleotti, proiettato nel corso dell’evento, Chiara Lubich era soltanto “la maestra Silvia”, una ventenne che oltre a dare lezioni private, insegnava tra i banchi delle elementari a Trento, sua città natale, e si era iscritta alla facoltà di filosofia dell'Università di Venezia, spinta dalla ricerca della verità. Nel clima di odio e distruzione della Seconda Guerra Mondiale, Chiara imparò a riconoscere in Dio l’unico ideale che rimane e decise di dedicare la propria esistenza all’attuazione dei messaggi del Vangelo, primo fra tutti quello di comporre in unità la famiglia umana. Questi, dunque, i prodromi del movimento da lei creato, la cui vocazione ecumenica l’ha portato a diffondersi in 182 nazioni e a trovare seguaci anche tra fedeli di altre religioni o tra persone senza un preciso orientamento religioso.
Cosa che hanno ribadito anche i rappresentanti del movimento presenti in sala, in particolare Maria Rita Cerimele, che ha conosciuto Chiara Lubich negli anni ’70, ma soprattutto il prof. Michele De Beni, professore di Pedagogia generale all’Università di Verona, nonché psicologo e pedagogista, nel presentare il suo libro «Essere educatori. Coraggio di una presenza», da poco uscito per i tipi di Città Nuova (casa editrice che, insieme al Movimento Umanità Nuova, costituisce una diramazione del Movimento dei Focolari).
Le sue parole hanno chiuso l’incontro riportando i presenti alla società di oggi, dove il valore dell’unità propugnato dalla Lubich va a suo avviso riproposto nei contesti educativi, al fine di ricomporre le tante fratture ravvisabili persone e istituzioni, tra giovani e adulti, perché «se non risponde alle domande dei giovani, la generazione adulta smentisce se stessa». Del resto educare (dal latino e-ducere, ossia “trarre fuori”) è possibile solo se l’educando è libero di fidarsi, di interrogare, di confrontarsi con il proprio maestro come con un modello.
Si è parlato negli ultimi anni di ineducabilità delle nuove generazioni, del venir meno delle fede nell’educazione. Pare, invece, che siano proprio gli educatori a presentare più vistosamente i sintomi di questa sfiducia, impotenti di fronte al potere soverchiante dei media, demotivati per la scarsa considerazione dell’opinione pubblica nei loro confronti e per i continui tagli ai fondi per l’Istruzione. Se c’è un’emergenza, forse più grande di ogni altra, in questa nostra società “senza padri” e senza punti di riferimento, riguarda proprio la “vocazione” dell’educatore. Ma per ritrovarla, stando all’esperienza di Chiara Lubich e alle parole del prof. De Beni, bisogna continuare a lottare per educare se stessi: «perché la più potente “forza dell’educazione” consiste nel fatto che io stesso in prima persona mi protendo in avanti e mi affatico a crescere».
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Autore: Giulia de Vincenzo