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Delle rivoluzioni gentili
15 dicembre 2009

Noi, che si preferisce i politici-poeti, si prova a buttala in poesia. Del resto, questa nostra città, questa nostra sinistra, ha bisogno di grandi narrazioni per ricominciare. Era il ’93, e dalla magica penna di Giovanni Rubbiani e dalle magiche note di Alberto Cottica, nasceva “In un giorno di pioggia”, una delle più belle canzoni degli anni ’90, dei Modena City Ramblers. Il testo lo troverete a lato. E non si può non vedere nella cattolicissima Irlanda, la nostra cattolicissima Molfetta. Una volta il Corriere della Sera ha scritto che a Molfetta si può essere cattolici in un modo in cui si può esserlo solo a Molfetta e socialisti in un modo in cui si può esserlo solo a Molfetta. Aggiungerei pacifisti in un modo in cui si può esserlo solo a Molfetta. Il grande uomo, perché bisogna essere uomini per essere santi, ci lasciava il 20 aprile. Eravamo preparati, o meglio, don Tonino Bello aveva provato a prepararci. Nei nostri occhi, nelle nostre orecchie, ancora l’omelia in occasione della morte di Gianni Carnicella, “parole pesanti come macigni”, commentò l’altro mio collega (in quel periodo ero cronista televisiva di Telemolfetta e seguii tutti questi eventi in presa diretta).Quando si parla di una qualsiasi rivoluzione gentile, non se ne possono dimenticare i prodromi. La reazione a questi eventi pesanti fu un fiorire di associazioni (l’Osservatorio 7 luglio sull’illegalità a Molfetta, il Coordinamento per l’autodeterminazione dei popoli 12 ottobre), ma soprattutto, la nascita del Percorso per «restituire la città ai cittadini». Un gruppo di ni dalle logiche di sempre, dai predoni di sempre. Nichi Vendola l’ho conosciuto il 26 settembre 1992, aveva 34 anni ed era appena diventato deputato, dovevo intervistarlo per Telemolfetta, mi raggiunse da Terlizzi con potenti mezzi: il bus dell’Amet (poi Stp); io, di mio, passai a prenderlo con la mia fuoriserie, una 127 turchina di fine anni 70. Molta acqua è passata sotto i ponti da allora e Nichi, dopo quattro mandati parlamentari è diventato il presidente della nostra Regione, una delle meglio amministrate d’Italia; i successi non si contano: innanzitutto le politiche giovanili, le energie alternative, le politiche di genere, la legge sul lavoro nero, la raccolta differenziata, la ripresa di una politica che pone al centro il Meridione, centinaia di interventi in progetti per la pace, la crescita del turismo in Puglia, i nuovi concorsi, i servizi sociali, la trasparenza e la cittadinanza attiva, il problema dell’Ilva, e tanto altro che chi ha realizzato tutto questo merita di proseguire il proprio lavoro con un secondo mandato. Svendere questa esperienza, ci si passi l’ironia, è come svendere l’acqua. Ci rendiamo perfettamente conto dell’importanza del centro moderato nella costruzione di una coalizione, ma è bene che a tutte le forze politiche sia offerta la possibilità di esprimere una prima carica alle prossime regionali e non solo a quelle centriste. Nichi è stato l’artefice della Puglia migliore e, a qualche venditore di acqua che gli chieda di farsi da parte non si può che rispondere, invocando le primarie, una frase usata dal movimento pacifista del 2003 durante i trainstopping, i tentativi di fermare i treni della morte carichi di armi: NON ARRETRIAMO DI UN PASSO! © Riproduzione riservata persone, con l’adesione di alcune forze politiche, sempre più numeroso, che si ripropose di dividersi in gruppi di lavoro, stendere il programma e fare delle mini primarie per l’elezione del candidato sindaco. Vi ricorda qualcosa? L’allora Rifondazione in un primo momento stette sulle sue, anche sull’onda di una critica all’antipartitismo di fondo che imperava in quegli anni. Poi ci fu l’accordo; scrivemmo due pezzetti del famoso libretto verde: quello sulle politiche giovanili e quello sull’ambiente; intanto le primarie eleggevano Guglielmo Minervini candidato sindaco; una simpatica persona, l’avevo conosciuto (almeno è il mio primo ricordo) due anni prima alla Casa per la pace, ogni volta che c’era una riunione sgattaiolavo al piano di sopra a salutare, amavo contemplare quella fantastica biblioteca di testi pacifisti. Intanto il movimento studentesco cresceva forte e si permetteva una contromanifestazione sulla droga con ingresso finale nel palazzetto di via don Sturzo e interventi finali. Certo, c’erano state figure importanti in quel tempo nella vita della città: il sindaco democristiano atipico, Carnicella, morto per aver negato un concerto in cui l’organizzazione aveva il fetore della criminalità, il vescovo della Pace che ospitava immigrati in Curia e istigava i soldati alla disobbedienza civile durante la guerra in Iraq. Ma quanto erano importanti quegli uomini, quelle donne, quei non eroi, che avevano trovato un rimedio alla imperante rivoluzione passiva di solo poco prima. Intanto si forma il comitato elettorale. Vengo chiamata a farne parte come responsabile delle politiche giovanili. Si tratta di un comitato abbastanza paritario nei generi, con una leggera prevalenza femminile; gli incarichi sono i più disparati, dalla grafica, all’organizzazione, a fare le telefoniste (cosa che non imparerò mai a fare), all’allestimento e ideazione di eventi, ai presidi e incontri con i cittadini e le cittadine in ogni dove della città. Tante mansioni diverse, umili e non, nessun nonnismo. Questo un piccolo spaccato della vittoria elettorale del 1994, lo dedico ai giovani perché ricordino, per regalar loro un pezzo della mia memoria. Mi piacerebbe un’iniziativa, pensata soprattutto per chi non c’era, in cui il racconto storico si mescola all’analisi politica e magari si allestisce una mostra foto-videografica. Qualcuno sta provando ad attivare una discussione sul ’94, spero che queste prime riflessioni si trasformino in un circolo virtuoso per l’oggi e non in povere riflessioni fra combattenti e reduci. Difatti questo articolo sarebbe monco se non si chiudesse con delle brevi considerazioni sull’odierna rivoluzione gentile, messa a repentaglio in questi gior-ni dalle logiche di sempre, dai predoni di sempre. Nichi Vendola l’ho conosciuto il 26 settembre 1992, aveva 34 anni ed era appena diventato deputato, dovevo intervistarlo per Telemolfetta, mi raggiunse da Terlizzi con potenti mezzi: il bus dell’Amet (poi Stp); io, di mio, passai a prenderlo con la mia fuoriserie, una 127 turchina di fine anni 70. Molta acqua è passata sotto i ponti da allora e Nichi, dopo quattro mandati parlamentari è diventato il presidente della nostra Regione, una delle meglio amministrate d’Italia; i successi non si contano: innanzitutto le politiche giovanili, le energie alternative, le politiche di genere, la legge sul lavoro nero, la raccolta differenziata, la ripresa di una politica che pone al centro il Meridione, centinaia di interventi in progetti per la pace, la crescita del turismo in Puglia, i nuovi concorsi, i servizi sociali, la trasparenza e la cittadinanza attiva, il problema dell’Ilva, e tanto altro che chi ha realizzato tutto questo merita di proseguire il proprio lavoro con un secondo mandato. Svendere questa esperienza, ci si passi l’ironia, è come svendere l’acqua. Ci rendiamo perfettamente conto dell’importanza del centro moderato nella costruzione di una coalizione, ma è bene che a tutte le forze politiche sia offerta la possibilità di esprimere una prima carica alle prossime regionali e non solo a quelle centriste. Nichi è stato l’artefice della Puglia migliore e, a qualche venditore di acqua che gli chieda di farsi da parte non si può che rispondere, invocando le primarie, una frase usata dal movimento pacifista del 2003 durante i trainstopping, i tentativi di fermare i treni della morte carichi di armi: NON ARRETRIAMO DI UN PASSO!

Autore: Francesca la Forgia
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