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DDL Aprea e tagli finanziari, altra spedizione cesariana contro la scuola
15 dicembre 2012

Come nei migliori film, il personaggio che attira il maggior interesse del pubblico ha molto spesso un passato e un’origine oscura. Repentini cambiamenti d’umore sono all’ordine del giorno e accompagnati da un alone di mistero. Questa immagine potrebbe ritratte il tanto discusso Disegno di Legge Aprea. Nel 2008 Valentina Aprea, ex deputata ed ex presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, presentò la prima versione del DDL. Da questa proposta parecchi sono stati i cambiamenti, tanto che ormai si parla di ex-Aprea, ma sostanzialmente il DDL propone di cambiare il funzionamento delle istituzioni scolastiche statali, soprattutto per quel che riguarda il campo della loro autonomia. È difficile per una persona non qualificata districarsi tra 72 pagine di linguaggio burocratico che spiega nel dettaglio quale sarà il futuro della scuola. Questo offuscamento ha generato un’informazione confusa e superficiale che viaggia grazie al ‘passaparola’, agli slogan o ai volantini. Questi ultimi, per quanto abbiano l’intento di spiegare le diverse sfaccettature della situazione, tendono a esprimere il punto di vista di chi li ha stampati e a tralasciare alcuni aspetti o ad evidenziarne, interpretarne ed enfatizzarne altri. Come sbrogliare l’intricata matassa e capire almeno i punti fondamentali di questo misterioso Ddl? In alternativa, riassumiamo in modo chiaro e neutrale i punti chiave che descrivono il carattere di questo “personaggio legislativo” avvolto dal mistero. Si è deciso di modificare il Consiglio d’Istituto delle scuole in Consiglio di Amministrazione (CdA). Il cambiamento non risiede esclusivamente nel nome, ma prevede che le scuole pubbliche abbiano la possibilità di accettare finanziamenti e fondi da privati, fenomeno spesso generalizzato come «privatizzazione delle scuole». Per semplificare, un’azienda potrebbe investire in un istituto tecnico nella speranza di migliorare la formazione dei futuri lavoratori. Sarà riorganizzata la composizione del CdA che porterà ad una sproporzione tra il numero di alunni nelle scuole e il numero dei loro rappresentanti nel Consiglio, in cui potranno entrare a far parte anche rappresentanti di privati. Le temute prove INVALSI forniranno i criteri di valutazione al nuovo Nucleo di Valutazione, un organo composto di 7 membri responsabile del rapporto di valutazione annuale, con cui si elaborerà il POF e il programma annuale delle attività. Il disegno, molto più ampio e vasto, s’ingolfa con molte altre leggi che contribuiscono a creare un labirinto di articoli e comma (come la Legge di Stabilità). Infatti, questa è la stagione in cui, parallelamente al dibattito politico sulla Legge di Stabilità studenti, corpo docente e personale tutto della scuola manifestano per problemi vecchi e nuovi. Il provvedimento odiosissimo delle 24 ore settimanali, momentaneamente ritirato, non avrebbe integrato un orario di 18 ore, ma trasformato ulteriormente i docenti in servizio in badanti di massa. I docenti lavorano già almeno 18 ore in classe, ma hanno l’obbligo di destinare un minimo di più di 40 ore per riunioni di carattere collegiale e rapporti con le famiglie. La preparazione e la valutazione delle attività didattiche, che oggi sono svolte anche in forma multimediale, è un lavoro sommerso che molti al di fuori ignorano o fingono di ignorare. Il docente, nell’immaginario collettivo è un soggetto imbalsamato e seduto in cattedra che continua a riprodurre nozioni apprese all’università e mai più aggiornate. Al contrario, questa professione è caratterizzata da un aggiornamento continuo, molto spesso condotto a spese proprie e senza la possibilità di permessi a causa della carenza di personale di sostituzione nelle classi. Le 24 ore avrebbero solo strozzato opportunità a docenti precari, sottratto tempo al lavoro mirato a singole classi e singoli studenti. Insomma, un lavoro impari per le attuali classi oceaniche di 30-32 studenti. Si è cercato per decenni di svilire la professionalità dei docenti, come se insegnare equivalesse a produrre a cottimo oggetti, quando, invece, il compenso di un professionista qualunque è determinato non solo e non tanto dalle ore di lavoro o dalle pagine di libro lette, ma dalla formazione culturale e dall’esperienza umana. Inoltre, è con grande rammarico, sconcerto e profonda indignazione che molti hanno appreso nelle scorse settimane la notizia della proposta, relativa all’ innalzamento del carico di lavoro in classe degli insegnanti da 18 a 24 ore a parità di stipendio, contenuta nell’art. 3 del Disegno di Legge di Stabilità (a quanto pare, la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati avrebbe emendato i commi di questo articolo). Molti docenti s’interrogano sulle ragioni profonde di un così grave attacco allo stato giuridico della funzione docente. A volte sembra di avere di fronte politicanti ottusi che hanno confuso la parola riforma con la parola riordino e che hanno cercato di sistemare i conti pubblici imponendo dall’alto tagli sistematici alle ore di insegnamento, propagandandoli sotto la parvenza di una svolta scolastica epocale. La didattica per competenze dovrebbe essere costruita a partire dalla condivisione e dalla formazione degli insegnanti, non da un prontuario di definizioni fumose e dal conseguente disorientamento che ne è derivato. È evidente che ancora una volta non si è tenuta nella dovuta considerazione la funzione docente. Non è stata rispettata la professionalità degli insegnanti: una professionalità che implica fasi e tempi di formazione e di progettazione che non ci sono stati concessi. Ecco perché resta lo sconcerto per l’attacco sferrato alla scuola pubblica e a una delle sue componenti primarie, i docenti. Com’era prevedibile, per reperire le risorse finanziarie ancora una volta è stata la scuola a pagarne il conto.

Autore: Andrea Saverio Teofrasto
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