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Cuore di rondine
15 marzo 2021

Una volta, non molto tempo fa, c’erano dei bambini ai quali piaceva giocare alla guerra. Per fare una guerra non ci vuole molto sapete! Basta sentirsi padroni del mondo, basta immaginare che si è più forti, più svelti, più intelligenti e più astuti di tutti. Per fare la guerra ci vuole molto coraggio, per smettere la guerra però ce ne vuole molto di più. Un tempo, non molto lontano c’era un Paese in cui tutti, proprio tutti amavano fare la guerra. Questo perché un signore, non molto signore, dalla giacca grigioscura, aveva deciso che c’erano alcuni uomini più forti e belli degli altri. Chi aveva la pelle bianca ad esempio era ritenuto più audace, più ricco, più dotato; insomma, questo signore non molto signore dalla giacca grigia aveva deciso che chi avesse avuto la pelle diversa da quella bianca non avrebbe meritato di vivere. E chi avesse creduto in un Dio diverso da quello del signore poco signore sarebbe stato punito. Ed ecco veniamo a noi, solo qualche decina d’anni fa quel signore per niente signore dalla giacca grigia decise che tutti quelli con le giacche a strisce e la stellina di David sul petto che si chiamavano ebrei, dovevano andare via dall’Italia, sì, davvero, non sto scherzando! Da un giorno all’altro quei poveri ebrei, bambini, adulti, anziani dovevano lasciare la loro casa e raccogliere in fretta solo qualche oggetto per andare chissà dove e tornare un dì, poi chissà quando. Ci fu un grande parapiglia e c’era tanta paura. Capitava di vedere da una parte comitive di persone con le stelline sul petto e le giacche a righe; dall’altra gruppi di soldati al servizio del signore poco signore. Quest’ultimi urlavano, quando non c’era poi bisogno di urlare, e minacciavano di aizzare i cani mentre la piccola Virginia ai quei cani portava gli ultimi ossicini di un resto di pranzo frugale consumato tra una baracca e un carro armato. La guerra mondiale, così la chiamavano gli adulti, si faceva in tante parti del mondo intero. Il cielo era pugnalato di notte e di giorno da aerei rumorosissimi che facevano fuggire i passerotti più timidi ed impauriti. In città tutti avevano paura di tutto. La piccola Virginia era rimasta tutta sola. Era fuggita un giorno di casa, portata via da un alito di vento e di speranza nel destino… aveva lasciato il suo gattino, un cagnolino ed un coniglietto ai quali era davvero affezionata. Quegli uomini burberi e per niente educati avevano dato dei gran ceffoni al suo babbo e avevano apostrofato con brutte parole la mamma e la nonna, non vi dico poi quel che avevano fatto alle povere bestiole. Il gatto ne aveva riportato la coda bruciata, il cagnolino gli avevano spezzato una zampina ed il coniglietto poverino l’avevano preso e qualcuno aveva detto che per la cena non sarebbe stato per niente male. Immaginate la povera Virginia, con le lacrime agli occhi era fuggita, cadendo e risollevandosi più volte, aveva sul petto una dondolante collanina al centro della quale brillava il volto della Mammina che chiamava ad ogni metro nella speranza potesse prenderle la mano, così come aveva fatto tante altre volte. Si chiedeva perché dovesse così correre, come una ladra… correva, correva Virginia, aveva alle spalle guerrieri cattivi per davvero, ma lei non era così veloce e non aveva nemmeno fatto colazione, però caspiterina, spendeva le sue energie come fosse una zebra, una leonessa, un autentico felino, lei sola col suo nome nel destino. Il fiato della piccola Virginia, otto anni di bellezza, con negli occhi le fiaccole celesti, e cucite sulle spalle due ali ingenue d’angeli di Dio, lei Virginia dai capelli rossi di fuoco scherzoso ballerino, dicevo il fiato di Virginia era ormai corto, cortissimo, e sembrava volesse fermarsi in quel petto d’un cuore piccolo come una noce e battente come un tamburo, ecco Virginia era ormai morta di paura e stanca per la folle corse, alle calcagna c’erano quei tre con le giacche grigie. Minacciosi per davvero, i fucili erano fionde letali, sono sincero! Aveva inforcato lasciandosi alle spalle, una via della città, Roma si chiamava, non so se la conoscete, si chiamava Urbana, la via di cui vi parlo… I soldati erano proprio dietro quell’angolo, un attimo e l’avrebbero di nuovo vista e presa! Lì, non c’era un campo da liberare, non c’era un LIBERITUTTI! Da urlare. Virginia sapeva che quella stellina che portava sul petto era per quei soldati una cosa inaccettabile. Un secondo, un solo secondo la divideva dallo sguardo di quelli e… quando proprio tutto sembrava finito eccoti una mano, qualcuno avrebbe detto: la mano d’un angelo. Era un prete, una tunica lunga nera lui indossava, un cappello a grandi falde lui portava, un profumo celeste lui emanava, di fiori di campo del sud che si tuffano nel mare. Era don Pietro. Aveva lui tutto capito. Virginia, otto anni di bontà, era piccola per davvero. Don Pietro disse: «vieni piccolina, non aver paura. La tua corsa è finita, la paura è andata!». «Grazie, grazie… scusami, ho il fiatone.. non.. non.. riesco. Nemmeno a parlare…» gli aveva risposto ansimante, la piccola. Don Pietro le aveva chiesto di parlare meno forte poi portò l’orecchio alla porta di casa. Si sentivano i passi dei soldati del signore poco signore. Erano proprio là fuori… cercavano Virginia. Parlavano una lingua strana veramente. DON PIETRO - Tranquilla piccolina, tranquilla… sei al sicuro qui. VIRGINIA - Grazie! Come ti chiami? DON PIETRO - sono Don Pietro VIRGINIA - puoi fare qualcosa per mamma e papà? La piccola pronunciò appena queste parole quando si sentì bussare forte alla porta. Erano loro. DON PIETRO - avanti bambina, non aver paura, mettiti sotto la mia tunica e non aver paura, non muoverti. Don Pietro aprì la porta lentamente, quelli entrarono con la sicurezza d’essere a casa loro. Uno di quelli, con piccoli baffi e una lente sull’occhio destro disse: SOLDATO - ha visto una bambina? Capelli rossi? Una fuggitiva. Ed un altro aggiunse: la cerchiamo per riportarla alla mamma. Ma don Pietro che era molto esperto di parole, non credette ad una sola frase detta da quelli. DON PIETRO - sono solo qui, non c’è nessuno con me. SOLDATO - sicuro?! DON PIETRO - senza scomporsi: sicuro! Il più cattivo di quei soldati, con il fucile che non era più un giocattolo da quando aveva compiuto i suoi quindici anni, disse: prete, tu zapere che se mentire, noi, kaputt.. tatatatatatatata! Seguì un attimo di silenzio, per don Pietro era come ascoltare una fisarmonica di festa pugliese, già perché pugliese lui era. Di Terlizzi, una bellissima cittadina a pochi chilometri dal mare. Chissà perché in quel silenzio gli venne in mente il suono di una fisarmonica. E difatti rispose: Io amo la musica degli angeli, non quella delle mitragliette; perché non suonate una fisarmonica piuttosto che sparare sui fili d’erba? Quelli lo guardarono con sdegno e quasi non gli davano uno schiaffo e si addentrarono nella casa di don Pietro come fossero loro i padroni. Intanto la piccola Virginia tremava sotto quella tunica, si sentiva come un uccellino indifeso sotto il palmo terribile d’un leone. A stento bloccava il suo fiato nella bocca. Vedeva i piedi inzaccherati di quegli uomini cattivi. Si avvicinavano e si allontanavano dalla tunica come fossero un’onda. Mentre quei soldati rovistavano armadi e svuotavano cassetti e ridevano tra di loro, eccoti un altro generale arrivare e imporre d’andare via da quella casa prestamente. Avete presente quando passa il temporale, ecco ci vuol del tempo perché le nubi portino lontano nel cielo il loro gorgheggiare, così il cuoricino tenero di Virginia batteva all’impazzata e non si fermava, non si fermava. Dopo qualche minuto, Virginia venne fuori dalla tunica di Don Pietro. DON PIETRO - come ti chiami? Chiese don Pietro a quell’angelo di Dio. VIRGINIA - Virginia! DON PIETRO - benvenuta a casa Virginia! VIRGINIA - voglio andare da mamma e papà, lei aggiunse. DON PIETRO - no piccolina, la tua mamma e il tuo papà ti staranno certamente cercando. Ma tu non uscire. Ti prenderanno! E poi temo che davvero possa essere per te difficile incontrarli ora mamma e papà! Resta qui con me, mi farai compagnia, almeno fino a che non sarà cessata quest’assurda guerra. Tutti i bimbi ebrei sono in grave pericolo. Virginia obbedì. Avrebbe potuto incontrare nuovamente quei farabutti che si divertivano a far paura ai vecchi e ai bambini. Da quel giorno, per il mese successivo tante, davvero tante furono le stelline che piombarono, come pioggia donate dal cielo, nella casa di Don Pietro. Lui accoglieva tutti quelli in difficoltà che fuggivano dall’ira di quei signori poco signori dalle giacche grigioscure, armati.

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