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Crit: per gli alunni stranieri mediazione linguistica e serenità socio-culturale
15 settembre 2010

Il numero d’immigrati a Molfetta, se si esclude l’immigrazione sommersa, è in calo rispetto agli anni 1990-2000. Esaurita l’emergenza degli anni ’90, quando il flusso migratorio, soprattutto albanese, approdava sul litorale barese e urgevano soluzioni economiche, sociali, abitative e scolastiche. Per questo motivo, negli anni ’90 sono stati attivati anche nella provincia di Bari i centri C.R.I.T. (Centri Risorse Interculturali di Territorio) per l’alfabetizzazione italiana di bambini e ragazzi stranieri. Il centro C.R.I.T. di Molfetta (21 centri nella provincia di Bari), ubicato nella Scuola Primaria Don Cosmo Azzollini (IV circolo), nei primi anni ’90 ha svolto un ruolo fondamentale per la scuola del Nord Barese, primo sul territorio, insieme alla Scuola Primaria G. Mazzini di Bari per il Sud Barese. «L’immigrazione a Molfetta non è più un’emergenza - come ha sottolineato il preside del IV circolo Michele Mezzina - la Puglia è oggi una terra di passaggio e le scuole molfettesi sono frequentate dai cosiddetti ‘immigrati di seconda generazione’, integrati nella comunità e padroni della lingua italiana». Una possibile quantificazione dell’immigrazione a Molfetta Attraverso i dati relativi al numero delle mediazioni linguistiche richieste dalle scuole di Molfetta e finanziate dal C.R.I.T. a partire dall’anno scolastico 2007/2008, è possibile identificare la provenienza dei nuovi immigrati. Invariate le richieste di mediazione albanese e rumena, limitate quelle marocchine e cinesi, mentre una novità sono quelle ucraine, russe, bielorusse e arabe nel 2009/2010 (vedi grafici). In sostanza, una nuova differenziazione: accanto all’immigrazione dall’Albania e dalla Romania, sembra aprirsi un nuovo flusso dai Paesi nord-orientali, slavi e dalla penisola arabica, mentre decadono i flussi storici di magrebini e algerini. Per i flussi orientali, sono i cinesi a rappresentatore l’etnia maggiore, ma sono anche coloro che «sfuggono con maggiore facilità a qualsiasi controllo demografico e scolastico, rendendo difficile la mediazione linguistica e interculturale » (preside Mezzina, ndr). Analoga situazione per i rom. Una nota di colore per gli alunni cinesi, «precisi, meticolosi, e attenti», come ha ricordato a Quindici il prof. Michele Capurso: «abbiamo realizzato una mediazione linguistica per tre cinesi adulti che avevano la necessità di apprendere i fondamentali della lingua italiana per la vendita al mercatino e la loro precisione e pignoleria ci ha colti di sorpresa». Stesso comportamento da parte dei bambini cinesi: il preside Mezzina ha ricordato due bambini cinesi che «come dei soldatini rimproveravano i compagni di classe indisciplinati». Un caso particolare sono gli arabofoni: i genitori richiedono di solito una mediatrice donna, soprattutto se si tratta di bambine, ed evitano interventi aggiuntivi nel campo linguistico o culturale al di fuori del gruppo classe. L’integrazione nelle classi italiane Le classi italiane non hanno mai rifiutato un bambino straniero. Quasi 20 gli alunni stranieri (etnia irachena, marocchina, albanese, ecc.) nel IV circolo, ma «i bambini socializzano facilmente, incuriositi dall’altro da sé, di gran lunga più lungimiranti e altruisti degli adulti». Accoglienza resa possibile dai lavori interculturali organizzati dalla stessa scuola, con cui alunni italiani e stranieri hanno conosciuto e confrontato tradizioni, usi e costumi. I problemi d’integrazione si manifestano, invece, tra gli adulti. «Vedere un bambino di etnia non italiana per alcuni genitori è un disturbo - ha rilevato con rammarico il preside Mezzina - dimenticano che il bambino additato come straniero è un italiano». Purtroppo, ad alcuni piace indugiare sul colore della pelle o sui lineamenti del viso: del tipo «io non sono razzista, ma non voglio un alunno straniero nella classe di mio figlio». Una nota culturale molto interessante: nessun genitore straniero ha chiesto l’esonero dalla religione cattolica, nonostante molti siano musulmani. Un’integrazione religiosa auspicabile in tutti i plessi scolastici, che garantisce la serenità e la tranquillità al bambino nel momento dell’apprendimento.

Autore: Marcello la Forgia
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