L’ordinanza del Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, con la quale sono state chiuse le scuole pugliesi di ogni ordine e grado, salvo quelle dell’infanzia, a partire da venerdì 30 ottobre ha suscitato non poco scalpore. E non solo a livello locale e regionale. Per questa ragione, “Quindici” ha ritenuto opportuno approfondire la questione, dando voce a chi ha manifestato contro il provvedimento, a chi protesta silenziosamente e a chi vede nell’ordinanza una soluzione, almeno momentanea, utile a contenere l’andamento della pandemia, che sembra farsi ogni giorno più minacciosa. Queste le domande che “Quindici” ha posto ai suoi interlocutori: - L’aumento dei contagi da Covid ha costretto il presidente della Regione Emiliano a chiudere le scuole in Puglia. Lei è d’accordo? - A Molfetta alcuni genitori hanno protestato davanti alle scuole. È giusto, oppure si sottovaluta il pericolo e la protesta è dettata dalla difficoltà di tenere i ragazzi a casa, con i relativi problemi (lavoro soprattutto) o addirittura perché a molti genitori fa comodo “parcheggiare” i figli a scuola? - Siamo di nuovo alla didattica a distanza, come è stata accolto questo ritorno di metodo che per i più grandi potrebbe divenire anche una soluzione per il futuro? - Crede che almeno le scuole elementari possano restare aperte? Lella Salvemini, docente di Filosofia e Storia: «No. La scuola ha lavorato per mesi per arrivare preparata alla riapertura; sono stati fatti investimenti importanti, che hanno pesato sul bilancio dello Stato. Nelle prime settimane i protocolli antiCovid – distanziamento, dispositivi di protezione, differenziazione di percorsi e tempi – sono stati rispettati rigidamente. A far paragone con il “fuori”, la scuola era un luogo protetto. Io mi sono sentita sempre al sicuro. Abbiamo pagato la mancanza di interventi sui trasporti, che pure sarebbero stati prevedibili e programmabili. Mancano i bus e i treni o non si è voluto/potuto aumentarne il numero e a saltare è stato il luogo della formazione, della crescita, dell’incontro. Non è giusto». «Non so cosa muova i genitori. So solo che, ad un certo punto, ha cominciato a martellarmi il pensiero che avrei potuto/ dovuto essere io a protestare. Parlo per me stessa, non voglio farmi portavoce di alcuno. Protestare contro questo dare per scontato che il fare scuola possa essere sacrificato, che venga dopo i parrucchieri, che la relazione insostituibile fra ragazzi, fra loro e i docenti, il terreno su cui si impianta la didattica, sia qualcosa di cui si possa fare a meno». Le considerazioni sulla didattica a distanza guardano la situazione attuale a trecentosessanta gradi. «Se questa è la soluzione per il futuro, sono contenta che la mia storia di docente sia nella sua fase conclusiva. Quando mi siedo davanti al computer e mi collego mi viene in mente “il velo di Maya”. Il velo ingannatore che copre tutte le cose: quella è scuola, con il registro, l’appello, ma non è scuola. I miei alunni non sono un quadratino su uno schermo, una immagine nebbiosa ed un microfono che funziona a singhiozzo. L’interazione non può avvenire con un “accendi il microfono, spegni il microfono”; per non parlare degli scritti, scomparsi – e non finisce qui – la Didattica a distanza non può nulla per gli incontri nel corridoio e nell’intervallo, lo scambio di idee fra docenti e di conoscenza e persino di amore fra i ragazzi, per i progetti in cui si superano le timidezza e gli alunni scoprono e maturano competenze importanti. Siamo esseri umani ed io vorrei non dimenticarlo, mai». Per quel che concerne le scuole elementari, la riflessione cavalca la linea d’onda delle precedenti. Quella di chi conosce appieno la valenza della scuola, come istituzione del presente e soprattutto del futuro. «Lo ha riconosciuto anche il Governo. Va bene il rischio del contagio, che le scuole hanno limitato al massimo; ma anche quello di crescere davanti ad un computer, senza relazione con il compagno di banco, quello simpatico come quello che fa i dispetti, e la maestra, quella buona come quella severa, è un rischio. Io non lo correrei». Roberto Fiumefreddo, genitore e commercialista: «Sono assolutamente in disaccordo con la chiusura delle scuole. Quando il sig. Emiliano ha girato in lungo e largo la Puglia per raccattare voti ai suoi nemici di altri partiti, non ha fatto assembramento? Allora nei comizi elettorali non circolava il virus». Sono queste le ragioni per cui il genitore comprende le ragioni che hanno portato alle varie proteste. «Le proteste sono giustificate. È un dato di fatto che, ad oggi, i contagi nelle scuole sono notevolmente bassi rispetto a quelli avuti durante feste ed assembramenti, soprattutto di giovani incoscienti oltre che ignoranti». Deciso anche il suo parere sulla didattica a distanza. «La dad è assolutamente un errore. Già i maestri e i professori possono considerarsi una categoria protetta. Io sono dell’idea che debbano riaprire tutte le scuole, di ogni ordine e grado. I bambini ed i ragazzi devono avere vita sociale, ma sempre rispettando le regole». Elisa, genitore e casalinga: «La scuola è fondamentale per la crescita dei nostri bambini e non dovrebbe chiudere mai. Anche io ho partecipato alla protesta, perché la scuola deve essere riaperta. Negli istituti scolastici sono state prese tutte le precauzioni al fine di evitare i contagi». Guardando l’esperienza dei suoi figli, Elisa esprime la sua riguardo alla modalità di didattica a distanza «Per i bambini è molto difficile seguire le lezioni attraverso il computer o il tablet, si distraggono molto facilmente e manca il rapporto tra coetanei e con gli insegnanti, ragion per cui, io penso che debbano riaprire tutte le scuole». Alessandra Rafanelli, studentessa universitaria: «Personalmente sono d’accordo con l’ordinanza di Emiliano, che ha deciso di chiudere le scuole pugliesi. Non è giusto protestare, il pericolo del covid si sta sottovalutando eccome, purtroppo. Lo si evince dalle conseguenze che stiamo pagando (tutti) dopo i mesi estivi, di relativa tranquillità. In quei mesi abbiamo solo tirato un respiro, ma non è finita. Le proteste, secondo me, sono l’ultima cosa che va fatta, proprio per evitare di creare assembramenti». Più introspettive, invece, le considerazioni che la giovane fa a proposito della didattica a distanza, che vive in prima persona da mesi e a proposito della chiusura delle scuole elementari, che ritiene una scelta ragionevole. «A me non piace andare all’università senza andare fisicamente all’università, sono mesi che seguiamo le lezioni online e non è affatto la stessa cosa. Mi manca la quotidianità che mi faceva sentire una vera fuorisede. Ma così mi sento tranquilla e sono ancora più tranquilla adesso che anche i miei fratelli più piccoli seguono le lezioni da casa. Io comprendo tutti i fattori relativi alle esperienze dei bambini, che sono importanti alla loro età. Ma resta il fatto che, appunto, sono bambini e, non comprendendo appieno quello che stiamo vivendo, non rispetteranno mai le regole per evitare la diffusone dei contagi». Christian, liceale: «Secondo il mio parere le scuole dovrebbero essere chiuse solo in caso di estrema necessità. Il problema è lo spostamento tramite circolare, pullman e treno degli studenti: questo crea assembramenti, non la scuola in sé. Per cui in questi mesi la Regione, insieme ai Comuni, avrebbe dovuto studiare ed applicare un piano per migliorare ed intensificare i trasporti pubblici». Lo studente intervistato comprende le ragioni delle proteste avvenute nelle scorse settimane. «La protesta, quando è pacifica e per giusta causa, è ben accetta. In questo è dovuta alla mancanza di un diritto fondamentale quale il diritto allo studio». Sulla stessa lunghezza d’onda si collocano le riflessioni del giovane in merito alla dad e all’importanza delle scuole elementari. «La dad fa perdere il contatto tra docente e studente e la convivialità tra gli alunni, molto importanti nell’istruzione e nello sviluppo di ogni ragazzo. Spero che sia solo una soluzione temporanea. Io credo che, se ben gestite, le scuole elementari, e anche le medie, potrebbero rimanere aperte». Bruna Stanzione, studentessa universitaria: «Sono d’accordo con la scelta di chiudere le scuole. In realtà Emiliano decide in base alle direttive di un comitato tecnico scientifico, di cui è a capo uno dei più grandi virologi italiani, Pierluigi Lopalco, che a sua volta legge e valuta dei numeri senza lasciarsi prendere dalla emotività. In base a quei numeri, se è vero che la matematica è una scienza esatta, è giusto chiudere anche le scuole. Potrei capire le proteste dei genitori che lavorano, ma coloro che stanno in casa e non lavorano è bene che tacciano». L’opinione di Bruna in merito alla didattica a distanza, che si fonda anche sulla sua esperienza personale, è positiva. «Sono favorevole alla dad. Certo, tutti vorremmo la scuola in presenza per socializzare e per scherzare con i nostri amici, ma mica la scuola sarà così per tutto il resto della nostra vita. Ora è il momento di stare a casa, di fare tutto ciò che è possibile per abbassare la curva dei contagi e la dad contribuisce molto al raggiungimento di tale obiettivo». Le sue riflessioni proseguono con coerenza. «Io chiuderei anche le scuole elementari. Due o tre mesi in meno di scuola elementare non saranno la causa di una generazione di ignoranti. I bambini sono come delle spugne, assorbono facilmente tutto, anche di fronte ad un monitor». © Riproduzione riservata