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Centrosinistra in cerca d'autore a Molfetta
20 ottobre 2012

MOLFETTA - Il centrosinistra molfettese, di fronte all’inesorabile declino dell’armata azzolliniana, ha ormai imboccato una direzione esattamente opposta rispetto agli iniziali propositi tesi alla costruzione di un cantiere e di una progettualità politica che divenisse il fondamento di qualsiasi processo conseguente di tipo elettorale.
Svanito il progetto del cantiere, la stessa prassi politica del centrosinistra sembra essersi riassestata sulle vecchie forme della concertazione mirata alla ricerca di un nome, staccato da qualsiasi visione politica profonda della città, ma che possa risultare gradito al maggior numero possibile di elettori.
Ma c’è di più. Il regresso sembra essere stato ancor più profondo: questo processo non ha neanche favorito una coesione del centrosinistra, permettendo almeno la disposizione di tavolo comune di confronto. Tale processo investe piuttosto ogni singola frazione politica singolarmente e approfondisce ancor più un frazionamento egoistico e un isolamento identitario, che riproduce, moltiplicandola, la ricerca astratta e isolata di nomi da offrire all’orecchio degli elettori. Basti pensare al numero di nomi venuti fuori come funghi, negli ultimi giorni, tutti aspiranti candidati alle primarie.
Si sono moltiplicati, insomma, gli indirizzi di ricerca dei candidati, specularmente ai neonati gruppi politici, su un livello astratto rispetto a un progetto politico che attraversasse i bisogni e le contraddizioni della città e ormai autoreferenziale. Infatti, nel momento in cui la ricerca si chiude in se stessa, non fa che pronunciarsi per la conferma della dispersione politica esistente, aggravando le contraddizioni in seno alla neutralizzazione dell’orizzonte comunitario compiuta dalla politica azzolliniana.
Tale è proprio l’effetto di una politica sganciata dalla progettazione di una visione politica che investa l’idea stessa di città e che cerca di affermarsi proprio negli spazi concessi dalla realtà creata dall’azione politica di Azzollini. Una politica che ha lacerato i rapporti comunitari e ha ridotto la città, ormai coacervo irrelato di possibilità economiche deprivate di ogni spiritualità e identità, a blocchi d’interesse privato da sfruttare al meglio.
E proprio in questo quadro viene a inscriversi una politica che rincorre il proprio candidato, cercando di sfruttare la configurazione delle aree di consenso, così come si sono andate strutturando negli ultimi anni. La politica sembra essere tornata al di qua della posta in gioco.
Allora, la vera sfida per i partiti sarà riagganciarsi alla società civile, che pure ha espresso in questi ultimi tempi un enorme fermento su più fronti, superando così il livello di astrazione che la chiude in una dimensione di pura autoconferma della propria identità ormai sbiadita. Nell’assunzione delle istanze espresse dalla società civile può esserci il salto decisivo verso il ricongiungimento con la città e con le forme in cui si va articolando il riconoscimento della cittadinanza all’interno di orizzonti di significato.
Qui si aprono spazi di progettazione, che non possono risolversi in dichiarazioni di principio, ma che richiedono un’inversione dei processi politici in atto. Perché la politica punti a ricollocare la città al centro della riflessione, facendosi ascoltatrice e interprete dei cambiamenti in atto.
 
© Riproduzione riservata
 
Autore: Giacomo Pisani
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In questo adagio tragicomico, io consiglierei un candidato a chilometro zero, al posto di avvocati, professori, presidi e docenti universitari e “compagnia bella” (oddio, con le facce che ci ritroviamo dovrebbe essere una “compagnia da circo”). Tanto questo centrosinistra (attenzione: tutto il centrosinistra) di idee concrete e realizzabili per la città non ne ha: almeno a destra sanno quello che devono fare e lo abbiamo visto in questi anni tra affari clientelari e depredazione di ogni “cosa”. Sono piuttosto confusi e non riescono a condividere nemmeno il pranzo o la cena: ecco perché credo che sia indispensabile rinfiammare la “politica dei fuochi”, tanto ormai si naviga a vista con tatticismi e diplomazie sotterranee, elaborate nella stanza dei costumi in maschera. Credo che qualcuno dovrebbe levarsi le fette di prosciutto che si porta sugli occhi per capire il letamaio in cui hanno condotto Molfetta e il letamaio in cui potrebbero condurla gli altri. Ieri parlavo con un'amica, mi diceva: “onesto, altruista, innamorato di Molfetta, sensibile ai problemi della gente e non solo a quelli dei suoi amici e parenti; dovrebbe amministrare il Comune con il raziocinio di un buon padre di famiglia e non con la sciattaggine di un impiegatuccio borbonico; dovrebbe abolire la pessima pratica di impastare le mani negli affari clientelari, risanare il bilancio con una corretta amministrazione e non succhiando il sangue dei contribuenti molfettesi”. Bla, bla, bla…senza scomodare Nazaret o Marte, fidiamo in un miracolo.


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