Cento giorni per riflettere
Cento giorni sono passati e la politica molfettese va delineando sempre più i suoi contorni: la maggioranza ha scelto di percorrere la propria strada da sola ignorando l’opposizione e puntando sulla forza dei numeri, l’opposizione ha scelto di …non scegliere.
Nell’intervista in esclusiva del sindaco a “Quindici” (che potete leggere nelle pagine di politica) si fa un primo bilancio dell’amministrazione di centro-destra e dei suoi progetti futuri. Noi l’abbiamo riportata fedelmente, ognuno può leggerla come vuole, secondo la propria sensibilità politica, secondo la propria veltanschauung, la visione del mondo, secondo la propria idea di governo e di democrazia. Noi, in questa sede, destinata alle opinioni e ai commenti del direttore del giornale, facciamo le nostre considerazioni critiche.
Dall’intervista si rileva come il primo cittadino appaia sicuro e determinato a portare fino in fondo i propri progetti e a tenere insieme la coalizione col metodo della “conventio ad includendum”, cercando di accontentare tutti in nome della rappresentanza che essi avrebbero di larghi strati della popolazione (almeno così ritiene lui) e in nome della stabilità di governo. Pur nella pacatezza dei toni, le parole di Tommaso Minervini appaiono preoccupanti quantomeno sotto il profilo etico: “in nome della stabilità accontentiamo tutti”. La prima osservazione è che appare facile governare con questi concetti. E’ vero che la precedente amministrazione di centro-sinistra di Guglielmo Minervini è caduta proprio sulla mancata stabilità, sulla difficoltà di assicurare una governabilità di fronte alle richieste di alcuni consiglieri comunali che poi hanno disertato passando sul fronte opposto. Ma la garanzia della stabilità comportava il pagamento di un prezzo in termini anche clientelari al quale non si è voluto cedere. Oggi si sceglie una strada diversa, ma è la migliore? Probabilmente molti progetti, rimasti bloccati dall’instabilità politica, andranno in porto, la città ne potrà ottenere forse dei vantaggi (anche perché molte cose – come riconosce lo stesso sindaco – sono state portate avanti dalla passata amministrazione), si farà qualche nuova opera pubblica. Ma a che prezzo? Questo pragmatismo esasperato che passa sopra le regole e talvolta anche sopra le leggi, farà la fortuna della città? Sicuramente sì, diranno i fautori della cosiddetta “cultura del fare” che ha fatto anche la fortuna personale e politica di qualche spregiudicato imprenditore che oggi si ritrova anche al governo dell’Italia.
“Così va il mondo”, ci diceva qualche giorno fa un personaggio del centro-destra, al quale esprimevamo le nostre perplessità su questi sistemi. Ma non dimentichiamo che nel nostro Paese (nei favolosi anni ’80 della spesa facile) questa politica ha alimentato l’inflazione portandola a due cifre e facendo crescere in modo spropositato un debito pubblico che stiamo ancora pagando. Ma è questo il mondo che vogliamo?
Quello che ci porta a soddisfare le richieste, le aspettative, ma anche le pretese e gli appetiti di alcuni personaggi che si nascondono dietro sigle di partito, ma che in realtà pensano solo a interesse e tornaconto personale come dimostra la vicenda dei “rilevatori” del censimento, di cui non si conoscono i criteri di selezione (su questo c’è anche un’interrogazione del consigliere dei Ds, Corrado Minervini), che comunque appaiono quantomeno discutibili, visto che sarebbero stati privilegiati mogli, figli, fratelli e cognati di consiglieri in carica (anche di qualche personaggio dell’opposizione che predica bene e razzola male) e di futuri probabili assessori, che cominciano ad incassare prebende prima ancora di essere nominati?
Si è sempre fatto così, dirà il solito “pragmatico”. Ma chi non ha mai accettato compromessi, chi ha cercato un posto di lavoro o un incarico onestamente e senza utilizzare nemmeno la “normalizzata” raccomandazione, cosa deve dire? Si deve rassegnare ad aggregarsi a qualche partito, o meglio a qualche personaggio cosiddetto politico.
Questi personaggi rappresentano solo se stessi non parti di città, caro sindaco. Forse, sono rimasti in pochi i moralisti ad oltranza fedeli ai valori e ai princìpi di un tempo: ma si tratta pur sempre di una minoranza che non può essere ignorata, perché non è certamente la parte peggiore della società. E’ questione di scelte, ma sulle scelte si gioca il futuro della nostra città, della democrazia e della società civile.
Due parole anche sull’opposizione. Quando affermiamo che ha scelto di …non scegliere, ci riferiamo al fatto che il contraccolpo della sconfitta elettorale è stato così forte che oggi la minoranza stenta ad organizzarsi, col risultato di un consigliere di Democrazia europea, Benito Cimillo, che in mancanza di una coesione e di un progetto di opposizione, va per conto suo, perfino con aperture alla maggioranza nella speranza di ricavare qualche contentino (leggi un posto di revisore di conti al Comune per un suo rappresentante) e di un altro consigliere, Pietro Centrone ex candidato sindaco dell’Unione di Centro, che si è autoattribuito il ruolo di oppositore “cattivo” e di portavoce dei consiglieri di opposizione, senza che questi gli avessero concesso esplicita delega. E’ una delega tacita? Ci piacerebbe saperlo. A noi sembra che, in attesa del congresso dei Ds, che dovrebbe eleggere il nuovo segretario, manchi una linea politica nel centro-sinistra: i giovani pagano lo scotto dell’inesperienza e gli altri si sentono un po’ isolati e schiacciati dalla forza della maggioranza.
Non è più ora di temporeggiare: ci sono stati cento giorni per riflettere. E’ tempo di agire. Del resto la storia insegna che anche in pochi si può essere incisivi e determinanti, purché si abbia una capacità di collegamento e di rappresentanza con quella fetta di cittadini non rassegnati alla logica della “stabilità a qualsiasi costo”. Il più delle volte proprio le minoranze hanno cambiato il corso della Storia.
Autore: Felice de Sanctis