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Campetti di viale Gramsci 4 indagati per truffa, due della famiglia Minuto
15 aprile 2012

Troppi i buchi neri nella gestione dei campetti di viale Gramsci. Lo si era intuito dalla sentenza n.85 dell’ottobre 2011, emanata dal Tribunale di Trani, che obbligava l’Associazione sportiva Life Power, gestore dell’impianto sportivo, a versare al Comune di Molfetta 110mila euro per il mancato versamento delle rate semestrali dal 2004 al 2007. Patata bollente che Quindici aveva già sbucciato nell’articolo del numero di dicembre 2011, sottolineandone anche interessanti aspetti politici. Con il sequestro di quei campetti lo scorso 4 aprile cala una pesante cappa di ombra sulla vicenda. Quattro gli indagati per presunta truffa ai danni del Comune: Paolo Minuto di 47 anni, Pasquale Minuto di 44 anni (fratello della consigliera comunale Carmela Minuto, eletta nell’Udc e poi passata con il sindaco senatore Pdl Antonio Azzollini), Mauro Angione di 46 anni e Vincenzo Balducci di 59 anni, indagati nell’ambito delle indagini condotte dal sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale di Trani, dott. Antonio Savasta, lo stesso magistrato che sta conducendo l’indagine “Mani sulla città”. Secondo quanto ricostruito dalla Guardia di Finanza, la presunta truffa si sarebbe svolta in questo modo: Filomena Amato (presidente dell’associazione) e Vito Parisi sarebbero stati utilizzati come teste di legno della Life Power, assegnataria della gestione dei campi di calcetto dopo il bando comunale del 2003 (licitazione privata) per aver offerto una cifra volutamente elevata di 50mila euro per battere la concorrenza. L’obiettivo, secondo gli inquirenti, sarebbe stato quello di incassare i proventi delle attività sportive, senza pagare il canone al Comune. Infatti, sarebbe stato utilizzato l’escamotage di difendersi in successivi contenzioni col Comune «facendo risultare l’occupazione da parte di un terzo dell’immobile sito all’interno dell’impianto sportivo, che in realtà era stato rilasciato dall’originario custode, convincendo Alfredo Pacillo ad introdursi nello stabile con la sua famiglia», come è scritto negli atti dell’inchiesta del Procuratore Savasta. Un marchingegno per addebitare al Comune un inadempimento contrattuale (che aveva già mandando in pensione il vecchio custode). Insomma, non solo l’associazione non pagava il canone, ma richiedeva soldi al Comune, proponendo una transazione sulle somme da versare. Negli atti dell’indagine, il magistrato ha ipotizzato presunte complicità e agevolazioni da parte del dirigente del Settore Lavori Pubblici perché non sarebbe provveduto «ad ottenere il rilascio dell’immobile occupato e non si procedeva a richiedere i pagamenti per i canoni successivi al 2008». Gli inquirenti hanno al vaglio presunte responsabilità da parte dell’amministrazione Azzollini (area cui ha aderito la consigliera Minuto) nella vicenda? Hanno per caso avviato un’indagine patrimoniale sulla famiglia Minuto? Quali le responsabilità politiche? Quale posizione assumerà il centrosinistra e il Comune di Molfetta? Saranno questi i candidati del centrodestra alle prossime amministrative nel 2013? Numerosi gli interrogativi ai quali occorre dare risposta, dopo l’iniziativa della Procura di Trani, che non va sottovalutata, ma che richiede risposte politiche concrete. Non si può continuare ad ignorare questa vicenda, come se nulla fosse successo e l’amministrazione comunale deve prendersi le proprie responsabilità.

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