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Borrelli: la corruzione è aumentata: prima si intascava per il partito, oggi per sé ESCLUSIVO – Intervista all'ex Procuratore capo di Milano, a Bari per l'assemblea degli scout dell'Agesci
15 gennaio 2004

La cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario è il momento in cui fare il punto sulla situazione nei 26 distretti giudiziari ma da qualche anno a questa parte a farla da padrone, però, sono le polemiche. Governo che grida alla politicizzazione della magistratura da una parte, magistrati in toga nera in segno di protesta per il mancato rispetto della autonomia del potere che rappresentano, dall'altra. Il copione si ripete ormai da qualche anno, e si parla sempre più scontro istituzionale ma il governo indirizza le sue riforme in direzione opposta rispetto alle emergenze che lamentano i magistrati. Nel distretto di Bari è cresciuto il numero dei procedimenti penali pendenti: circa 190mila, il numero degli omicidi: 97; il numero dei casi giudiziari irrisolti: circa 50mila; la durata media dei processi civili è tra le più alte d'Italia: 850 giorni per un giudizio di primo grado, 479 in secondo; cresce del 30% la durata di quelli penali e dei processi del lavoro 47.064 giudizi iniziati nel foro barese con 11 magistrati in organico. Due anni fa, all'apertura di quello che sarebbe stato per lui l'ultimo anno giudiziario milanese, il procuratore capo di Milano, Francesco Saverio Borrelli (nella foto, Michele de Sanctis intervista Borrelli) dopo aver analizzato la situazione della macchina processuale, pronunciò parole durissime e concluse con il monito: «è dovere della collettività "resistere, resistere, resistere" come su una irrinunciabile linea del Piave». Oggi è in pensione, i riflettori su di lui si sono spenti ma ha voglia di spendersi e di confrontarsi per parlare dei temi a lui più cari, quelli della giustizia e del diritto. L'ha fatto di recente anche a Bari invitato ad intervenire all'assemblea regionale dell'Agesci (Associazione guide e scout cattolici italiani, ndr). Nell'occasione abbiamo avuto l'opportunità di incontrarlo. Dott. Borrelli, nel 2002 ha fotografato con un certo pessimismo la situazione della giustizia e della società civile. Ritiene che da allora qualcosa sia cambiato? “Nella mia vita ho sempre cercato di non cedere alla tentazione del pessimismo. La situazione fotografata con la mia relazione in occasione dell'apertura dell'anno giudiziario non era pessimistica, piuttosto realistica. Ma non è solo un mio punto di vista. Infatti, mi è capitato di leggere delle considerazioni sull'io post-moderno, o post-industriale, che descrivono un lento scivolamento verso condizioni di egoismo-individualismo miope dell'oggi e del domani, non c'è più l'individualismo che pure c'era nelle epoche precedenti ma che spingeva alla costruzione di qualcosa che venisse proiettato verso il futuro della nostra vita e di quelli che ci circondano. Se tutto questo lo proiettiamo su un piano strettamente civico, del rapporto tra il cittadino e l'altro cittadino, tra il cittadino e le istituzioni, vediamo che si genera un moto negativo anche per quel che riguarda il rapporto con la legalità, con le regole che regolano la vita associata. Appunto contro questo scivolamento, questa progressiva desensibilizzazione verso le regole, che io avevo rivolto il monito “resistere, resistere, resistere” che poi in una interpretazione alquanto distorta che ne è stata data da alcune parti politiche è stato tradotto in un grido di battaglia contro la maggioranza al governo. Non era questa la mia esatta intenzione, sebbene anche a livello politico non si possa non rilevare come certe iniziative legislative degli ultimi anni abbiano spinto in quella direzione. Perché quando sulla contabilità delle società si indeboliscono i controlli penali sulla trasparenza sulla correttezza della contabilità; quando si permette a capitali illegalmente esportati di rientrare pagando un modesto prezzo alla collettività; quando si emanano normative per condoni di carattere fiscale e edilizio, allora direi che qui ci sono altri stimoli per il cittadino a ignorare l'etica civica nel suo più alto valore”. Così a dieci anni di distanza da Mani Pulite assistiamo ancora a gravi episodi di corruzione nella pubblica amministrazione? “Leggo di indagini condotte in molte regioni e anche qui in Puglia. C'è stata una nuova esplosione di fatti di corruzione. Forse qualcosa è cambiato: nel senso che mentre prima questa corruzione era di carattere sistemico, nel senso che il sistema dei partiti, delle forze imprenditoriali si reggevano vicendevolmente con questo sistema, adesso non è più così, perché non mi sembra che la vita dei partiti politici sia alimentata dalla corruzione. Oggi essa si muove su un interesse personalissimo, arricchisce singole persone. Quando nel passato i tesorieri dei grandi partiti intascavano mazzette lo facevano per il partito e questo è servito a tenere in piedi un certo sistema, una certa ideologia. Anche se spesso buona parte di queste tangenti finiva nelle tasche personali. Oggi, quindi, se questo non c'è più dobbiamo dire che da un certo punto di vista il fenomeno è addirittura peggiorato. C'è di buono che con Mani Pulite, grazie a quegli uffici giudiziari che hanno condotto le indagini contro la corruzione negli anni Novanta, per lo meno si è dimostrato che se si vuole qualcosa si può fare”. Negli ultimi mesi si è osservata in Puglia, ma più specificamente nella provincia di Bari, una escalation della violenza legata alla criminalità organizzata. I cittadini non si sentono sicuri e i sistemi di tutela paiono insufficienti, quali sono i reali problemi del sistema giustizia? “Allora il problema è quello dello snellimento delle procedure. Spesso questo da noi si identifica con la necessità di aumentare gli organici. Io non credo, può darsi che in alcune zone sia così, però non riusciamo nel nostro Paese a reclutare più di un certo numero di persone che possano portare degnamente la toga sulle spalle, questo vorrebbe dire abbassare lo standard della professione del magistrato. Non molto si può fare su quel versante. Si possono aumentare le strutture a servizio della giustizia: polizia giudiziaria, personale amministrativo che in alcune sedi abbonda, in altre, come a Milano per esempio, gli uffici sono mediamente al 50% del personale amministrativo e quindi gli adempimenti che le garanzie giustamente comportano nei processi, rallentano enormemente. Ci sono poi le cattive abitudini dei magistrati come degli avvocati. Quest'ultimi hanno la tendenza a difendersi non dentro il processo ma contro il processo, vi sono esempi, dai più alti livelli alla pratica quotidiana. Nei magistrati, invece, c'è una certa lungaggine nelle motivazioni delle sentenze, nel perdersi nelle questioni dialettiche. Vi sono poi sacche di inefficienza anche nella magistratura. Poi bisognerebbe puntare sull'efficienza. Questo può significare, ad esempio, nelle cause civili non fare per una stessa causa rinvii che vadano da un semestre all'altro, ma concentrare la trattazione. Il magistrato mediamente è portatore di una mentalità ottocentesca, la sua logica non è al passo coi tempi”. Girotondi e manifestazioni di piazza quale pensa sia il ruolo dei movimenti e delle associazioni per un rinnovamento “etico” della società civile? “Sono convinto dell'enorme importanza dei movimenti, perché in questa tendenza a cui accennavo prima, c'è anche implicita la non partecipazione alla vita politica, una depoliticizzazione del cittadino che si accompagna ad una delega conferita a pochi personaggi affinché gestiscano gli interessi della collettività, una delega anche intellettuale che si riflette sui problemi del vivere insieme”. Michele de Sanctis jr
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