Barriere architettoniche, sono meno che da noi
Dal nostro “inviato” in Polonia tra pub, shopping e sport
Il Rynek è il centro della vita mondana, il covo notturno della gioventù di Wroclaw. Pub tanti, ben arredati, pienissimi dal giovedì alla domenica. C'è lo Spiz, al cui interno producono birra che ti servono con pane e lardo.
Al PRL (nome della Polonia "sovietizzata"), tra una foto e l'altra della Nomenklatura che qui governò, si fanno due salti al ritmo di una musica "alternativa": da "Il ballo del mattone" versione inglese alle canzonette polacche che gli indigeni cantano a squarciagola. Poi ci sono il Klub 54 (occhio agli attaccabrighe, però) e il Daytona, forse i ritrovi più vicini alle nostre disco: musica commerciale, house e tanto afrore in pista.
"Della Galeria Dominikanska - dice Sylwester - andiamo orgogliosi". Ben detto: quattro piani poco distanti dal centro che farebbero arrossire i nostri Auchan. Ambienti ariosi, un giardino Zen in miniatura, si trova di tutto di più.
Sono più avanti di noi, questi signori, sotto l'aspetto dell'abbattimento delle barriere architettoniche: per credere, provare a contare quanti negozi hanno l'accesso facilitato per i disabili in carrozzella o guardare come sono state costruite le scale nei sottopassaggi.
Una delle due squadre della città è lo Wks Slask, il quale naviga nel centro-classifica della serie B polacca, paragonabile alla nostra serie D o giù di lì. Lo stadio di casa (circa 4.000 posti) non ha l'impianto di illuminazione; il terreno di gioco, alla ripresa del campionato, risente del lungo, duro inverno. Nutrito il gruppo di supporter, molti col taglio "nazi". Parola d'ordine tra le gradinate: "Kurwa" (traduzione: putt...).
Con l'Arkan, team "nemico" e odiatissimo, c'è addirittura scappato il morto, e non succedeva da tanto tempo. Sul campo, poi, una disfatta: 5 a 0 per gli ospiti.
Guai, durante il ritorno dei quarti di finale di Coppa Uefa Wisla Cracovia-Lazio, a professare la propria fede (o simpatia: poco cambia) per il team biancoazzurro: dopo il goal di Chiesa che qualificava i romani un intero pub avrebbe potuto rivoltarsi contro qualche sventurato e ingenuo fan italiano. Esagerati (loro, non noi nello scrivere).
Succede, qui in Polonia, di incontrare parecchie ragazze "emigrate" in Italia per un periodo della loro vita: Sylwia, che ha lavorato come balia e come tata prima a Fasano eppoi a Roma, dove sogna di trasferirsi in pianta stabile; Asia (Joanna), cubista e cameriera nelle discoteche di Perugia "dove – dice - tanti paiono interessati a te, ma pochi sono i veri amici".
Oggi ha una storia con un libanese che studia a Bologna e a soli ventidue anni è già alle prese con un possibile matrimonio. O l'altra Sylwia, carina ma troppo bassa, secondo i canoni del luogo, per portare su e giù i piatti in un ristorante.
Eugenio Tatulli
2. continua