Allarme marittimi, rischiano il posto in 150
La Snam ha ceduto due navi della flotta. Coinvolti i molfettesi
Centocinquanta lavoratori marittimi rischiano il posto di lavoro, e per lo meno un centinaio di famiglie difficilmente guarderanno con serenità alle imminenti festività natalizie, o saranno coinvolte nel turbine degli acquisti, né tantomeno avranno il tempo di preoccuparsi delle vicende del Grande Fratello di turno che ormai sembra aver condizionato la vita di gran parte della popolazione. Tutta colpa della privatizzazione.
Ma veniamo ai fatti. E’ agosto quando tra i lavoratori della Snam trasporti marittimi, società del gruppo Eni, corrono le prime voci sull’eventualità che si proceda alla vendita di due delle navi della flotta. Puntuale a novembre arriva la notizia della consegna della prima coppia di navi ad una società privata. In base all’articolo 347 del Codice della navigazione, quando una società acquista una nave ancora in attività ne eredita anche tutti i dipendenti che conservano i diritti acquisiti con il precedente datore di lavoro. Da parte della Snam vi è l’assicurazione che tali vincoli verranno ottemperati, permettendo ai lavoratori di non perdere i diritti acquisiti, come ad esempio tutti i diritti relativi all’anzianità di servizio.
Ma la società a cui le navi sono state vendute, pur essendo pronta ad accettare i marittimi, non ha alcuna intenzione di rispettare l’articolo citato per quanto attiene i diritti acquisiti. Il problema più grosso è che, sebbene i marittimi verranno eventualmente impiegati su una nave di un altro gruppo, come nella maggior parte dei casi si tratterebbe di un lavoro a termine, finito cioè il periodo di navigazione la società potrebbe benissimo non chiamare più i lavoratori coinvolti.
Una vicenda assurda
Infatti, tra i cinquecentotrenta lavoratori che potrebbero essere coinvolti nella vicenda, trecentoventi sono in continuità di rapporto di lavoro, diritto che potrebbero perdere al passaggio con un’altra compagnia armatrice. Ad aggravare il tutto vi è la situazione assurda che si è verificata nei confronti dell’equipaggio delle navi interessate. Infatti, essendo esse in navigazione al momento dell’avvenuta cessione, non appena arrivati in porto, tutti i membri dell’equipaggio sono stati sbarcati per vendita nave e, dopo un mese, si sono visti recapitare le lettere di licenziamento in cui veniva fatto credere che il licenziamento fosse avvenuto su richiesta del lavoratore stesso (dimissioni coercitive). D’altra parte comandante e direttore sono stati sbarcati per ferie. Chiara l’implicazione, su tutto l’equipaggio, tranne comandante e direttore che rimanevano integrati nel gruppo, si sarebbe dovuta applicare l’art. 347. L’orizzonte futuro inoltre non è dei più rosei dato che Agip Liguria e Agip Piemonte, altre due navi della flotta, sono state già vendute e verranno consegnate nell’arco di questo mese o l’inizio dell’anno prossimo, e si procederà ben presto alla vendita di altre quattro navi della flotta. Per i prossimi lavoratori coinvolti si prevede quindi che la Snam continui a mantenere la stessa linea di condotta intrapresa con le altre due navi. A niente sono servite le azioni legali intraprese dai lavoratori, dato che la Snam non ha nemmeno risposto alle lettere di contestazione del legale dei lavoratori. La richiesta da parte dei lavoratori è chiaramente volta non a fermare la privatizzazione che è ormai un processo avviato e difficilmente arrestabile, ma per lo meno ad attivare una contrattazione con la società, che porti a spostare i lavoratori in altri condotti del gruppo: non dimentichiamoci che stiamo parlando di un colosso economico internazionale quale è l’Eni.
L’impegno del sindacato
Anche il sindacato confederale, da parte sua, a nome di Angelo Patimo sta cercando di instaurare una trattativa con la Snam ritenendo che non dovrebbe difficile reintegrare cinquecento lavoratori su un così alto numero di personale impiegato nel settore. Il sindacato confederale, che è l’unico interlocutore accettato negli incontri, ha portato sul tavolo delle trattative la proposta di far rientrare i licenziamenti dei primi marittimi e poi impegnarsi per risolvere il problema, venendo al confronto per far incontrare domanda e offerta.
Ma al momento non si vedono soluzioni, anche perché la Snam non si smuove dalle sue posizioni in virtù anche della crisi del settore (in particolar modo per la manovalanza), in cui ormai si punta sempre verso un impiego di manodopera a basso prezzo, a volte anche non qualificata. Travolti nella perversa logica del mercato concorrenziale, è facile comprendere come le preoccupazioni di questi lavoratori riguardo il loro futuro siano più che lecite. Venendo a contatto con i colleghi dello stesso gruppo impiegati a Milano, che, diversamente da loro partecipano alle trattative per i programmi di sviluppo dell'azienda, i marittimi sono venuti a conoscenza del fatto che questi ultimi già sapevano di questa politica di ridimensionamento in atto da parte della società. Questo non fa che manifestare il limite su cui più volte si sono scontrati i diritti dei lavoratori marittimi, limite dovuto al loro modello di vita, costretti a restare lontani dalla famiglia e dalle proprie radici, ora si trovano spesso ad essere fuori da qualsiasi logica aggregativa, e ciò li rende fragili nei confronti di quello che poi viene ad essere il loro nemico di sempre l'armatore.
Forte mobilitazione
La mobilitazione dei marittimi questa volta è stata forte, con una presa di coscienza della loro condizione: è stato contattato il commissario di Molfetta, il prefetto di Bari vi è stata una manifestazione di protesta a Bari e Molfetta con volantinaggio per spiegare le ragioni della protesta (il cui testo è riportato in queste pagine).
Infine, con l’aiuto della locale sezione del Partito della Rifondazione Comunista, i lavoratori hanno fatto arrivare la loro voce a Roma grazie all’interpellanza parlamentare dell’on. Nardini rivolta al ministero dei Trasporti e del Tesoro. Questo perché la privatizzazione non è ancora avvenuta, lo Stato quindi risulta ancora azionista al 34% e può, di conseguenza, intervenire a tutela dei diritti dei lavoratori. Essi avrebbero sicuramente potuto usufruire di contributi erogati dallo Stato qualora la Snam avesse pubblicato un documento nel quale manifestava l’intenzione di uscire fuori dal settore perché azienda in crisi, ma tale documento non è mai apparso.
Perché la categoria dei lavoratori marittimi risulta essere una sorta di specie non protetta pur esistendo sindacato e statuto dei lavoratori? Gran parte dalla colpa di tale situazione è imputabile anche alla dipendenza di tale categoria da tre ministeri: Lavoro, Trasporti, Marina militare. C’è ancora il famoso libretto di navigazione per il quale la Capitaneria è organo supremo, e la presenza di un fantomatico ufficio contenzioso nella capitaneria, i cui operatori difficilmente hanno qualche cognizione in materia di diritto di navigazione. I lavoratori si preparano ad una manifestazione di protesta a Milano, coscienti ormai della necessità di difendere i propri diritti, dato che, come dice Nino Mastropierro, segretario della locale sezione del Partito della Rifondazione Comunista, “in una democrazia non è concepibile che avvenga questo”.
Donato Centrone
Nino Mastropierro, segretario di Rifondazione comunista
“Tutta colpa della privatizzazione”
Sulla vicenda dei marittimi molfettesi che rischiano il licenziamento abbiamo ritenuto opportuno ascoltare anche il parere di Nino Mastropierro, segretario della sezione del Partito della Rifondazione Comunista a Molfetta, che si è interessato da vicino della vicenda.
“E’ una delle conseguenze del processo di privatizzazione in atto, che determina inevitabilmente la mancanza di tutela dei lavoratori – dice Mastropierro -. E’ un passo inevitabile. Il passaggio dal pubblico al privato inevitabilmente deve portare il privato a ricercare il massimo profitto, con le inevitabili conseguenze sul mercato del lavoro. In un settore particolare come quello del mare dove vi è la mancanza di consapevolezza, da parte spesso degli stessi lavoratori, della rivendicazione dei propri diritti, questo aspetto viene esasperato.
Il fatto di essere costretti a vivere senza una aggregazione permette al datore di lavoro di poter agire spesso indisturbato. E’ un episodio grave sul piano anche sociale, oltre che economico, questi uomini sono stati umiliati nella loro dignità di lavoratori e, in una democrazia, non è concepibile che avvenga questo. La città deve essere informata consideriamo che centocinquanta lavoratori costituiscono per lo meno cento famiglie, molte delle quali monoreddito, che probabilmente verranno coinvolte in questa operazione sciagurata e, ovviamente, non potrà che risentirne l’economia cittadina, che non viaggia in condizioni floride, dato che si è andato a colpire, oltretutto, uno dei settori trainanti dell’economia cittadina.”
Don. Cent.