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“Acqua, risorsa in pericolo”, un'occasione di confronto sprecata INTERVISTA – Il prof. Vito Copertino: al convegno pressappochismo e gaffes, senza dibattito
15 ottobre 2003

“Acqua, risorsa in pericolo”, non si poteva scegliere tema migliore per il convegno tenutosi nella sala consiliare del Comune e dedicato all'anno internazionale dell'acqua in una città che consuma 410 l/abitante al giorno di acqua potabile (fonte: I Rapporto sull'Ambiente – Comune di Molfetta – aggiornamento 2001), contro la media nazionale che si attesta intorno ai 250 l/abitante al giorno; che ne spreca tantissima per innaffiare i prati all'inglese dei suoi giardini pubblici. Una città in cui non si riesce a contrastare il fiorente mercato nero dell'acqua di falda; che non recupera le sue acque reflue in agricoltura continuando a scaricare a mare una preziosa quantità di acqua dolce, che non sa tutelare completamente le sue lame. Bene, qui si è parlato per la prima volta di questa risorsa assai limitata e preziosa. Ma con che approccio e quali risultati? Lo abbiamo chiesto a Vito Copertino, professore ordinario di Costruzioni idrauliche della Facoltà di Ingegneria dell'Università degli Studi della Basilicata e attualmente membro del comitato tecnico scientifico del Commissariato di governo per il dissesto idrogeologico a Sarno e in Campania. Crede che “Acqua, risorsa in pericolo” sia stata una felice iniziativa di sensibilizzazione cittadina? “Nient'affatto! La giornata molfettese dedicata al “2003, anno internazionale dell'acqua” è stata sprecata dal pressappochismo dell'amministrazione comunale e dalle gaffes del presidente della Commissione consiliare di “cultura”. Non solo: anche dal cinismo della dirigenza dell'Acquedotto Pugliese Aqp Spa e dalla fastidiosa impreparazione della presidenza della Banca Antonveneta, così come dalle banalizzazioni del Prefetto nel suo intervento di saluto. Inutile è stato persino lo sforzo dell'assessore alle Risorse del mare della Provincia di Bari di riportare nei termini corretti la questione dell'acqua e del suo mercato. Peccato: è mancato il coinvolgimento di tante realtà cittadine impegnate su questo tema. Le associazioni ambientali e quelle culturali sono state escluse da un qualunque contributo, figuriamoci da un apporto critico. Niente dibattito, alla fine delle relazioni. Gli spunti delle pur interessanti comunicazioni dei tre relatori invitati sono annegati nell'indifferenza e nelle disattenzioni del tavolo della presidenza”. Eppure si trattava forse di un'occasione unica per saperne di più: c'era l'amministratore unico di Aqp, Francesco Divella, presentato come governatore delle acque regionali. “Ed è stato un grave errore di Pietro Centrone (presidente della commissione Cultura del Comune di Molfetta, ndr.)! Il governo delle acque non spetta a Divella. Quando l'Autorità dell'Ambito Territoriale Ottimale prenderà una decisione, l'Aqp sarà al più il gestore delle acque. Guai ad attribuire ad una società per azioni compiti di governo delle acque. Una battuta infelice, forse una gaffe imperdonabile. Anche sugli aspetti più propriamente gestionali, che gli apparterrebbero, il rappresentante di Aqp si è preoccupato soltanto di spiegare che non si può continuare a pagare un metro cubo d'acqua poco più di un euro. Forse già pensa a un raddoppio del prezzo per i 540 milioni di metri cubi d'acqua che dice di distribuire annualmente. In realtà ne fattura meno della metà, 240 milioni di metri cubi, e non fa capire il perché. Ha affermato poi che l'utente non può lamentarsi persino del mancato arrivo dell'acqua all'ultimo piano di un palazzo privo di autoclave al centro di Bari. Ha detto di sapere tutto delle sue condotte e del suo patrimonio - anche immobiliare, anche del palazzo dell'Acquedotto a Bari - ma non ha svelato nulla delle dighe, degli invasi lucani da cui preleva metà dell'acqua che la Puglia consuma, nulla dei processi idraulici e geologici che avvengono in quei luoghi naturali, luoghi lontani che vengono turbati irrimediabilmente da prelievi e derivazioni e che devono essere tutelati. Nulla sa degli squilibri ambientali che nuove opere provocherebbero, opere devastanti e a volte inutili. Gli interessa di più il piano di investimenti pubblici per nuove opere, nuovi accumuli, ulteriori disponibilità. E, se la Puglia è sitibonda e l'acqua non ce l'ha, allora ci sono le regioni vicine, ci sono la Basilicata, il Molise e l'Abruzzo, che devono farsi carico di tutto, anche dei costi gestionali, anche dei costi ambientali. E' questo che si chiama “piano industriale”? Ignora che, prima dell'acquedotto, ci sono le acque e i territori in cui esse scorrono”. Che opinione si è fatto della guerra in atto per l'acqua, tra Puglia e Basilicata? “Stiamo assistendo a un vero conflitto tra i presidenti delle due Regioni. Sono tre le questioni sul tappeto da cui partire: la tariffa dell'acqua all'ingrosso, che deve essere concordata in applicazione dell'Accordo di Programma firmato nell'agosto del 1999; il riconoscimento, da parte della Puglia alla Basilicata, del debito accumulato, 30 milioni di euro, per il mancato pagamento dell'acqua erogata dal 1999 ad oggi; il soddisfacimento delle maggiori richieste di acqua da parte degli agricoltori del Metapontino e del Tarantino. Alle soglie dell'estate i due presidenti si sono incontrati ed hanno litigato, scambiandosi insulti e accuse. Altro che federalismo solidale! Se la Basilicata deve essere disponibile a soddisfare i bisogni idrici della Puglia, è anche giusto che questa riconosca a sua volta il costo di produzione dell'acqua – non il prezzo dell'acqua - ed anche le implicazioni ambientali che gravano sulla Basilicata. Questa sarebbe vera solidarietà, l'esito positivo della partita doppia. Invece i due presidenti si sono scontrati su tutto, e poi si sono accordati soltanto sull'aumento delle quantità d'acqua distribuite al Consorzio di bonifica di Stornara e Tara (si passa da 1.4 a 2.5 mc/s) e a quello di Bradano-Metaponto (da 7.3 a 8.6 mc/s): un'ulteriore prova di errato governo delle acque! E' questo il compito dell'autorità di governo? E' un atto di responsabilità, quello di decidere nuove erogazioni per i diversi usi, nel sistema idrico Basilicata-Puglia? Si è trattato di una nuova dimostrazione di indifferenza alle conseguenze gestionali e ambientali. Di qui la preoccupazione che la privatizzazione della gestione del Servizio Idrico Integrato non farà altro che accentuare i conflitti tra Puglia e Basilicata”. Ma l'iniziativa molfettese avrà pur dato un contributo alla crescita della consapevolezza che l'acqua è un bene finito? “Veda, l'acqua è davvero una “risorsa in pericolo” come recitava il titolo dell'iniziativa. Ma è in pericolo perché si è deciso di metterla nel mercato, di farne una merce e di privatizzarla. Il gestore privato dell'acqua non avrà alcun interesse al risparmio della risorsa, a vendere meno acqua. Non gli interesserà tanto provvedere alle perdite idriche, alla loro riduzione, quanto ad avere sempre più acqua da vendere, accumulandola, prelevandola da luoghi lontani, sottraendola ai fiumi, dissalandola, senza scoraggiare i consumi, ma anzi incoraggiando la domanda, le richieste della popolazione, dell'agricoltura, delle colture più idroesigenti, dello sviluppo del turismo, del sogno assurdo dei campi da golf. Le perdite acquedottistiche – lo ha detto Divella – e in particolare quelle “tecniche”, comportano ristrutturazioni difficili e costose, investimenti impossibili, mentre noi sappiamo che, anche in situazioni critiche come quella di Molfetta Vecchia, è possibile intervenire a ristrutturare la rete e annullare le perdite idriche. Non è sembrato che a Divella, e neppure al sindaco di Molfetta - che è componente dell'Autorità d'Ambito Territoriale Ottimale, l'unico Ato pugliese - importasse molto che più acqua prelevata ai fiumi o alla falda significhi più danno all'ambiente da cui si deriva la risorsa idrica: è questo il debito che la Puglia deve pagare alla Basilicata, mostrandosi più attenta al risparmio, al riuso, alla riduzione delle perdite, all'eliminazione degli sprechi. Sì, l'acqua è risorsa in pericolo, ma il vero rischio è l'errato governo dell'acqua, è la mancata considerazione dell'acqua in tutte le sue manifestazioni estreme: è questo l'avvertimento che viene dagli eventi disastrosi recenti, nel Friuli in agosto, ma anche a Taranto e a Siracusa in settembre, in situazioni in cui a lungo si è creduto che non ci fossero le condizioni per il manifestarsi di piene, alluvioni, grandi disastri ambientali, e lutti. Chi avrebbe mai creduto ad assassine ondate di fango nelle campagne di Massafra, Chiatona, Castellaneta, terre di gravine, terre di lame, non di corsi d'acqua perenni!”. La professoressa Boselli, dell'Università di Padova, ha richiamato l'alluvione di settembre a Siracusa. “Sì, l'ha fatto evocando giustamente i grandi cambiamenti climatici, a cui pure dobbiamo prestare attenzione, abituandoci sempre più ad affrontare le crisi autunnali del nostro clima mediterraneo. Ma qui sotto accusa è la precarizzazione del territorio a cui le amministrazioni comunali hanno contribuito con le scelte urbanistiche della seconda metà del secolo scorso: l'obiettivo deve essere la messa in sicurezza del territorio - anche quello delle nostre lame - che non può considerarsi esente da pericoli di devastazione, né di allagamenti disastrosi e luttuosi. Piene e siccità sono due facce della stessa medaglia. Non dobbiamo consentire che i riferimenti ai grandi cambiamenti del pianeta, di cui sono responsabili i grandi governanti della terra, diventino un nuovo alibi che deresponsabilizza gli amministratori locali, quelli che ancora oggi contribuiscono, con le loro decisioni urbanistiche nei piani regolatori delle città, a precarizzare il territorio, a non metterlo in sicurezza. Non parliamo infine delle conclusioni del sindaco Tommaso Minervini, che è la nostra rappresentanza cittadina nell'Autorità di governo regionale dell'acqua e del Servizio Idrico Integrato. Tra uno sbadiglio e l'altro, qualcuno dovrà pure avergli detto, semmai l'assessore provinciale Vaccarelli, che l'acqua è un bene di tutti e non può essere privatizzata, né regionalizzata, né sottoposta ad una gestione aziendalistica”. Tiziana Ragno
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