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Abbattista (PD): gli anni bui del sindaco Azzollini, dal doppio incarico al porto
15 gennaio 2012

Molfetta deve mettersi alle spalle gli anni bui dell’amministrazione Azzollini e aprire una nuova stagione politica. Giovanni Abbattista, segretario del Partito Democratico, fa il punto della situazione politica in un’intervista a Quindici, in attesa della volata per le elezioni amministrative del 2013. Senatore e sindaco sono cariche compatibili, dopo la decisione della Giunta per le Elezioni del Senato. Azzollini potrà continuare ad essere sindaco e senatore. «La decisione della Giunta per le elezioni del Senato è a dir poco scandalosa. È assurdo e paradossale che Pdl e Lega Nord, pur di difendere i privilegi di due sindaci senatori, abbiano trovato il coraggio di eludere quanto stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito il divieto di cumulo delle funzioni». Decisivo in Senato sono stati i senatori della Lega Nord, che alla Camera hanno votato a favore dell’incompatibilità. «È una decisione che, secondo me, risale ai prezzi pagati dalla Lega al senatore Azzollini, relatore al Senato della legge sul federalismo. La questione assume anche i caratteri del grottesco se si considera che la Giunta per le Elezioni della Camera ha applicato la sentenza della Corte Costituzionale. L’abnorme conclusione di questo pastrocchio è che il deputato non può essere anche sindaco, il senatore invece sì». Consigliere Abbattista, come opposizione, avete anche portato in Consiglio comunale un preciso ordine del giorno in base all’art.69 del TUE LL che definisce le modalità per contestare al sindaco le cause di incompatibilità. La maggioranza ha, però, discusso solo la questione pregiudiziale e dichiarato l’incompetenza del consiglio. «È necessario chiarire la situazione per evitare strumentalizzazioni. Sono due gli organi competenti che parallelamente si occupano della questione. Da un lato la Giunta per le Elezioni di Camera e Senato che tutela il ruolo del parlamentare, dall’altro il Consiglio comunale che garantisce il ruolo di sindaco. Dunque, la Giunta per le Elezioni sancisce la decadenza del ruolo di parlamentare. Se la questione è affrontata in consiglio, la decadenza è dichiarata per il ruolo di sindaco e non di parlamentare. In quel Consiglio comunale l’amministrazione ha archiviato la discussione politica affermando che se ne stava già occupando la Giunta per le Elezioni, considerazione anche giuridicamente scorretta. Inoltre, è stato impedito ai consiglieri di esercitare una propria prerogativa istituzionale». State valutando altre possibilità? «Certo, per porre all’attenzione delle autorità competenti la verifica delle condizioni di esercizio del ruolo di sindaco. Probabilmente faremo anche ricorso al giudice per accertare se Azzollini può esercitare le due funzioni. Vorrei precisare che i consiglieri di opposizione non amano ricorrere alla giustizia per far valere questioni politiche, ma, impedito l’esercizio delle funzioni consiliari, pensiamo di avere quasi il dovere di esperire altre strade». Perché l’opposizione non sensibilizza la cittadinanza su questa questione, anche con nuove forme di comunicazione? Sarebbe necessario dimostrare, ad esempio, che si sta abusando della legge e che il mandato di parlamentare impedisce ad Azzollini il corretto svolgimento della carica di sindaco. «La problematica maggiore è proprio la difficoltà che incontriamo nel riallacciare un contatto con i cittadini che spesso hanno difficoltà a sintonizzarsi con determinate questioni. Purtroppo, molti ritengono che la politica sia avulsa dalla vita quotidiana. Il momento è, però, molto delicato, soprattutto in previsione delle prossime elezioni amministrative. La nostra sfida sarà proporre un’offerta politica che abbia un suo appeal sui cittadini, che oggi non trovano gli stimoli per mettersi in gioco e partecipare alla vita cittadina. Proprio con il cantiere abbiamo immaginato delle forme d’interazione e ascolto con i cittadini per elaborare un progetto condiviso». Dopo le ultime settimane, il cantiere può esser considerato un’altra incompiuta del centrosinistra cittadino? Le dichiarazioni di Rifondazione, che paventava una manovra politica per escluderla dal cantiere e contestava la vicinanza ai terzopolisti Udc e Fli, possono esser considerate come uno spartiacque? «Non esiste nessun complotto, non si lavora con delle forse politiche per poi escluderle. Forse, le dichiarazioni saranno state esternalizzare non in modo brillante». Perché le strade si sono divise? «Probabilmente all’interno del cantiere non abbiamo interpretato il lavoro tutti allo stesso modo. E anche le stesse personalità non hanno lavorato all’unisono. Noi del Pd siamo stati i promotori del cantiere dopo le elezioni regionali del 2010 con il proposito di ricomporre le divisioni del centrosinistra. In questo ci siamo impegnati, diminuendo anche la nostra visibilità, consapevoli che le nostre divisioni avrebbero nuovamente favorito la vittoria del centrodestra. Con il cantiere dovevamo consolidare il nucleo storico del centrosinistra, ma non per chiuderci all’interno. Dovevamo affrontare un percorso politico comune e credibile che avesse al centro un’idea di città, per poi aggregare quegli altri soggetti politici che, dopo aver svolto una coerente opposizione al governo di centrodestra, avessero voluto condividere quell’idea, come sancito dal documento politico del cantiere stesso. Non abbiamo mai pensato di partire da un cartello elettorale e numerico. All’interno del cantiere erano, però, presenti forze politiche contrarie a ogni allargamento, ma noi del Pd abbiamo rifiutato qualsiasi tipo di chiusura pregiudiziale. Chiunque voglia imporre dei veti, resterà coerente con le sue pregiudiziali, perché secondo noi la centralità dev’essere conferita solo alle idee. Allo stesso tempo, non possiamo pensare che chi governa oggi la città possa essere in sintonia con il nostro progetto politico, alternativo a quello realizzato fino ad ora». Dunque, un’alternativa democratica da opporre alla concezione padronale di Azzollini, che concentra il potere amministrativo, politico ed economico proprio come Berlusconi. Cosa aspettarci per i prossimi mesi? «Crediamo sia necessario ripartire da un altro punto e non chiudersi nei pregiudizi. L’anomalia politica di Molfetta impone scelte che vadache sia credibile e che sia percepita come tale. Dobbiamo avere la maturità politica di sperimentare forme nuove per dare una risposta credibile ai cittadini. Il centrosinistra, dopo i risultati del 2010, ha il dovere di creare un progetto condiviso. La coalizione dovrà poi basarsi su un candidato sindaco che ne sia la sintesi». Come sarà scelto il candidato sindaco? «Nel centrosinistra ci sono alcune personalità che potrebbero svolgere il ruolo di candidato sindaco, che dovrà tradurre al meglio l’idea dell’alternativa politica all’azzollinismo e interpretare le aspettative della città». Come accaduto con Bersani, segretario nazionale del Pd, che ha annunciato la sua candidatura alle primarie per le prossime nazionali, tra i papabili candidati alle amministrative sarà possibile includere anche lei, consigliere Abbattista, che è il segretario del maggiore partito del centrosinistra locale? «Non è in base all’autorevolezza di una carica che bisogna scegliere il candidato sindaco. Secondo me è il momento di scegliere il candidato con logiche diverse, senza pregiudiziali e veti, come dicevo. Una mia candidatura alle primarie? E’ un’ipotesi che non posso escludere». Sarebbe anche necessario puntare di più sui giovani della politica, piuttosto che fermarsi ai soliti volti noti, magari anche riciclati, cercando anche di conciliare le giovani energie e quelle già collaudate. «Il rinnovamento non dev’essere solo generazionale, altrimenti sarebbe solo un nuovismo di maniera. Sono convinto che a Molfetta sia necessario sollecitare una rigenerazione della classe dirigente non solo riannodando il dialogo con i cittadini, ma spingendoli anche ad essere attivi nella politica, soprattutto chi è attivo in altri campi della vita sociale. Questo può essere realizzato se i messaggi sono lanciati da persone credibili. La città deve sentirsi parte di un progetto politico-sociale e recuperare la bellezza dell’impegno civile e politico». Infine, il porto. Nella conferenza dello scorso dicembre, organizzata dal Pd, sono emerse una serie di criticità che l’amministrazione nasconde nella propaganda. «È molto semplice per l’amministrazione fare propaganda con dei manifesti sull’investimento e sull’eredità lasciata ai “nostri” figli, piuttosto che spiegare la realtà della situazione. La Regione stessa mi pare stia già esercitando un controllo più penetrante sulla costruzione del porto, opera regionale gestita dal Comune per delega. Credo anche che se ne stia occupando la magistratura penale. Ciò vuol dire che si sono evidenziate situazione che a diversi livelli devono essere chiarite e accertate. Noi, come opposizione, non siamo nemici del porto, ma abbiamo contestato le modalità esecutive dall’aggiudicazione della gara all’ultima transazione. Del resto, Molfetta è al di fuori dell’Autorità Portuale del Levante e dell’VII Corridoio Europeo. È necessario capire la vocazione di questo porto, che così com’è stato progettato, di fronte all’attuale situazione, rischia seriamente di essere un flop costato più di 70milioni di euro. Perché non realizzare una variante verso un porto turistico piuttosto che commerciale? «È evidente che il porto debba essere finito nel migliore dei modi, ma è necessario dargli anche una vocazione. Mai Azzollini e l’amministrazione hanno spiegato la vocazione del nuovo porto. Nemmeno i consiglieri di maggioranza hanno cognizione del progetto e della sua vocazione. Perché l’amministrazione non palesa le reali finalità di quest’operazione? Quello usato è, secondo noi, un approccio scellerato che dimostra l’assenza di un’idea di partenza, che magari potrà anche esserci, ma appannaggio del sindaco o di qualche suo accolito. Il porto, paradigma del modello azzolliniano, è ancora vissuto autarchicamente, senza inserirsi nelle altre aree portuali regionali». Consigliere Abbattista, cosa ha implicato lo stralcio del progetto esecutivo del porto, di fronte al prorogarsi della bonifica fino al 2016? «Il dragaggio doveva erodere il fondo e riempire la colmata con il materiale eroso per ottimizzare i costi. Ora, invece, non potendo dragare, ma dovendo realizzare la colmata, il Comune sarà costretto ad acquistare del materiale di risulta e, quando saranno ultimati i lavori, il materiale del dragaggio dovrà essere conferito in discarica, con costi materiali e ambientali maggiori. Quando saranno esauriti i 70milioni di euro, Molfetta non avrà un porto ultimato e bisognerà sperare che qualcuno rifinanzi il progetto per completarlo».

Autore: Andrea Saverio Teofrasto
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