vMani sulla città, scarcerato l'ing. Rocco Altomare, ma le indagini continuano anche sul fronte porto
Un errore giudiziario, l’inchiesta “Mani sulla città”. Questo si vuol far credere ai cittadini di Molfetta, dopo la scarcerazione dagli arresti domiciliari (18 dicembre) dell’ing. Rocco Altomare, ex dirigente dell’Ufficio Territorio del Comune di Molfetta, e suo fratello, l’ing. Donato, coinvolti nel presunto scandalo edilizio. Pur di lasciar cadere tutto nel dimenticatoio e far implodere la vicenda, in molti si affannano a minimizzare i presunti reati commessi e contestati dalla Procura della Repubblica di Trani all’ing. Altomare e agli altri 8 arrestati nell’operazione del 23 giugno 2011 (elencati da Quindici nel numero dello scorso luglio 2011). Non solo, giustificano anche le visite del sindaco senatore Antonio Azzollini al carcere di Trani, durante la detenzione di Altomare. La scarcerazione dei due fratelli Altomare è avvenuta per decorrenza dei termini della custodia cautelare: sono trascorsi i 6 mesi previsti per i reati per cui la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a 6 anni, senza che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio (imposto, però, l’obbligo di dimora). Inoltre, sono stati dissequestrati alcuni immobili e il Tribunale del Riesame di Trani si è pronunciato su Lama Martina-Cupa (come Quindici ha spiegato nel numero di novembre 2011). Ma questi eventi non sminuiscono il processo in atto, cui si potrebbero anche affiancare le varie indagini aperte sull’erigendo porto di Molfetta. E, anche in questo caso, Quindici ha già anticipato e supposto nei mesi passati qualche presunto “retroscena” dall’analisi delle carte e dei documenti consultabili. Le indagini, molto complesse, sono ancora in corso. Perciò, il PM dott. Antonio Savasta non ha ancora avanzato la richiesta del rinvio a giudizio degli indagati e, quindi, non è possibile superare i termini previsti per la detenzione. Ma questo non annulla i reati contestati dalla Procura di Trani, tra cui associazione a delinquere, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, lottizzazione abusiva, falsità ideologica e materiale, concussione e abuso d’ufficio distruzione e deturpamento di bellezze naturali, assenza di autorizzazione per alcune opere edilizie, mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice, ecc. Secondo indiscrezioni, a novembre 2011 l’ing. Altomare avrebbe chiesto il patteggiamento con una possibile pena sostitutiva di 3 anni e 4 mesi (la legge, in questo caso, prevede la diminuzione fino a un terzo) e l’interdizione, per lo stesso periodo, dai pubblici uffici, che però lo stesso Altomare voleva evitare. Il Gip, dott. Roberto Oliveri del Castillo, non avrebbe accettato il patteggiamento, probabilmente ritenendo che non ci fossero le condizioni per questa ipotesi. Dunque, ora il processo dovrebbe svolgersi con il rito ordinario, dopo la richiesta di rinvio a giudizio e la fissazione della successiva udienza (passerà sicuramente oltre un anno per arrivare al processo). Altomare, arrestato e portato nel carcere di Trani il 23 giugno scorso, ha ottenuto successivamente i domiciliari, è poi tornato in carcere per circa 48 ore a causa di una violazione dovuta ad una telefonata non consentita nello stato di detenzione. Infine, ai domiciliari fino alla scarcerazione. Il 23 giugno erano stati posti agli arresti domiciliari anche Donato e Corrado Altomare (rispettivamente fratello e figlio dell’ing. Altomare), Mauro Spadavecchia, costruttore di 81 anni e proprietario dell’Hotel Tritone (difeso dall’avv. Andrea Calò e accusato di reati meno gravi, tra cui la calunnia), e Marta De Giglio, dimessasi dalla Commissione paesaggistica del Comune di Molfetta (poco occupata negli ultimi tempi nello Studio A&D, come lei stessa avrebbe riferito), entrambi in libertà dal 6 luglio scorso. L’arch. Giambattista Del Rosso, l’ing. Gaetano Di Mola e i geometri Alessandro De Robertis e Nicolò De Simine, la cui ordinanza di custodia cautelare è stata revocata alla fine di luglio (i 4 collaboratori dello studio avrebbero risposto alle domande dei magistrati in un interrogatorio fiume).