MOLFETTA - È difficile parlarne, è difficile condividere, è difficile confrontarsi quando si è vittime di violenza. Questo il tema affrontato dalla Consulta Femminile di Molfetta in occasione dell’incontro per la «Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne», in cui è stato anche presentato il libro dell’avv. Innocenza Starace,«Non ce lo dire a nessuno», dedicato alla morte della giovane Giusy Potenza.
Con lo scopo di «portare un contributo educativo alle giovani donne e per far capire loro che non sempre si può rimediare ad una scelta sbagliata», il libro racconta una storia di solitudine, di vita ai margini in una società degradata in cui a farne le spese è stata una giovane donna schiacciata da debolezze e fragilità. Questa non è solo la storia di Giusy, ma di tutte quelle donne che amano e sono maltrattate, rimanendo sole nel loro dolore e continuando a perdonare e ad amare nonostante tutto quello che subiscono.
A dimostrazione di quanto la violenza sulle donne sia una piaga sociale e un fenomeno complesso da arginare, la dott.ssa Ida Cacucci, vice-questore aggiunto della Divisione Anticrimine della Questura di Bari, ha elencato alcuni dati ISTAT degli anni 2010 e 2011. Nel 2010 sono state ammazzate in Italia ben 127 donne mentre nell’anno 2011, secondo una stima parziale, gli omicidi sono stati 92. In che modo le donne possono uscire dal tunnel della violenza per vivere una vita serena e normale?
Ad esempio, è stato creato un pass, uno sportello di ascolto e sostegno contro le vittime di stalking, attivato dall’ADoC (Associazione Donne Capofamiglia) e coordinato dall’avv. Giulia Procino, per non lasciare mai sole le donne che si trovano in situazioni difficili con la collaborazione congiunta di psicologi e avvocati.
Anche «La una nel pozzo», centro antiviolenza di Bari, offre un importante contributo affinché il fenomeno della violenza sulle donne, perpetrato spesso in ambito familiare, possa essere ridotto e anche arginato del tutto. L’obiettivo è molto ambizioso anche perché, come ha ricordato la dott.ssa Valentina Stallone, psicologa del centro, diverse sono le forme di violenza che dipendono da una molteplicità di fattori culturali.
Quando si parla di violenza sulle donne non bisogna pensare solo ai maltrattamenti e alle percosse. Ci sono anche forme più subdole di violenza come l’aborto indotto, la malnutrizione forzata, la costrizione alla prostituzione, i matrimoni precoci e combinati, la pedofilia ed anche una forma quasi sconosciuta ai più, ovvero la violenza senile compiuta per scopi patrimoniali.
Anche la dott.ssa Anna Mariella, assistente sociale presso il centro antiviolenza di Bari, ha condotto un’importante analisi sulla realtà della violenza subita dalle donne, partendo dal presupposto che per aiutare le donne il primo passo deve essere quello di parlarne, di avere la volontà di dire sin da subito quello che stanno subendo per poi passare ad un aiuto concreto ed efficace.
«È difficile aiutare chi non vuole essere aiutato». Molti sono i casi, ha raccontato la dott.ssa Mariella, in cui si chiede aiuto a parenti o amici poiché si considera la violenza come un fatto privato, da tenere chiuso nelle mura domestiche, sperando che prima o poi la situazione possa migliorare. Purtroppo non è così. Quando i maltrattamenti hanno inizio, l’unico modo per decretarne la fine è chiedere aiuto.
Nonostante le numerose leggi aiutino le donne ad uscir fuori dalla loro situazione di sottomissione e di violenza, il numero delle vittime rimane ancora alto. Forse per paura o per l’angoscia di future ritorsioni da cui non saranno tutelate, sono ancora poche le donne che oggi denunciano i loro aguzzini. «Le donne vogliono realmente essere liberate?», la provocazione dell’avv. Starace. La risposta non è di certo semplice quando entrano in gioco fattori controversi da pesare su un bilancino ad alta precisione, soprattutto quando a rischio è la propria vita.
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