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Velostazione il rischio deserto Troppi 200 posti bici
15 ottobre 2019

Abbiamo intervistato Filippo Tito, guida turistica, ambientale ed escursionista di Ciclomurgia, azienda che offre servizi di guida nel Parco nazionale dell’Alta Murgia e nel territorio pugliese, il quale ci offre un’idea di come potrebbe essere articolata un pista ciclabile nella città. E’ in fase di completamento il primo tratto della pista ciclabile a Molfetta e a questa seguirà la realizzazione della velo stazione per 200 posti, allargabili a 600. Non è sovradimensionata? Funzionerà? «Uno spazio che resterà vuoto a vita come ci insegna l’esperienza della velo stazione a Bari: pochissimi usano il parcheggio per le bici e quelli che gestiscono lo spazio lo usano per tenere anche le loro bici. Di gente che paga il ticket per tenere parcheggiata la propria bici ce n’è poca, ci sono invece tante bici a noleggio tant’è che mentre all’inizio la struttura era aperta per l’intera giornata lavorativa, ora non è più così e solo chi è fornito di ticket può entrare liberamente». Quindi la velo stazione prevede che ci sia qualcuno che la gestisca? «Certo qualcuno o, come nel caso di Bari, un’impresa che si è aggiudicata l’appalto che si occupa del ticket e degli abbonamenti. Il Comune può gestire autonomamente o più facilmente può affidarla in gestione ad una associazione o alla Pro loco a qualcuno che tiene aperto lo spazio. Magari si potrebbe pensare di unire il servizio di velo stazione a quello di riparazione delle biciclette anche per gente esterna che ha bisogno. Se invece si affida la gestione ad una associazione la cosa è diversa perché non può chiedere soldi perché non ha fini di lucro. Comunque uno spazio per 200 posti, ma anche meno, a Molfetta come in un’altra città di provincia non ha proprio senso. Anche se si ragiona in un’ottica futura è controproducente perché tu prima devi mettere la gente in bici e poi inizi a creare dei servizi di questo tipo che sono dei servizi avanzati. Una cosa è la ciclabile che ti consente di andare in sicurezza, e anche questa a volte è un alibi, perché la gente dice che non prende la bici perché non c’è la pista ciclabile. In realtà se tutti prendessero la bici nelle nostre città che hanno le strade strette le ciclabili non servirebbero. Più gente va in giro in bici più la strada è sicura perché gli automobilisti sono abituati a vedere i ciclisti. I ciclisti riempiono le strade e gli automobilisti sono costretti ad andare più piano, quindi è la massa critica delle biciclette nel reticolo urbano che ti dà la sicurezza, più che la ciclabile. In generale le ciclabili che abbiano un senso sono quelle che uniscono più zone della città, quelle invece che nascono e muoiono nel nulla sono totalmente inutili. Se la ciclabile è progettata con criterio può andare bene». Quali sono, secondo te, i criteri per garantire contemporaneamente la mobilità ad auto e bici? «Devi interconnettere tutte le zone della città. Devi predisporre un itinerario perimetrale, che gira intorno alla città, che prende anche le zone periferiche, quelle dove le strade sono più larghe e più pericolose perché le macchine vanno più veloci. Poi fare una operazione più complessa nei centri urbani per rallentare il traffico automobilistico in presenza di strade strette riducendo la velocità di percorrenza e creare: le zone 30. Riducendo la velocità dei veicoli a 30 all’ora faciliti la circolazione delle bici. Ma questo comporta uno stretto controllo iniziale e il ricorso alle multe in caso di mancato rispetto della nuova disposizione. Se vuoi fare le cose bene devi attuare una specie di rivoluzione, così infatti viene percepita dagli automobilisti, nelle strade strette devi togliere da un lato il parcheggio. Nel centro urbano dare spazio al ciclista comporta togliere una fila di parcheggio in questo modo consenti un percorso ciclabile sulla strada, la restante parte della carreggiata per le auto e il parcheggio. Il centro storico può diventare più a misura di ciclista, perché più sicuro, mentre il perimetrale ciclabile su strade larghe periferiche consentono a chi deve attraversare la città, di andare da una parte all’altra in velocità».

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