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Upm Molfetta: il nuovo ruolo della donna nel Rinascimento
17 marzo 2011

MOLFETTA - È con il sorgere della civiltà umanistica-rinascimentale che la donna inizia ad affermarsi, ad imporsi sui pregiudizi del passato e a svincolarsi dai tradizionali ruoli che la vedevano dedita solamente alla famiglia, ai figli e completamente sottomessa all’uomo. «La donna nel Rinascimento diviene una sorta di animatrice culturale, elemento di aggregazione di artisti, poeti e letterati» come ci rivela la dott.ssa Emanuela Pansini, relatrice della conferenza «Donne di Palazzo nelle Corti Rinascimentali» tenutasi presso l’Università popolare molfettese. Proprio per questa grandissima novità, proprio per questo nuovo ruolo che inizia ad occupare la donna e che si scontra con le convinzioni medievali della sua inferiorità rispetto all’uomo, il Rinascimento è stato spesse volte considerato dai critici «un seminario di dubbi», come evidenzia la dott.ssa Pansini (al centro nella foto, tra la presidente dell’Upm, prof.ssa Sgherza e il vice presidente dott. Maralfa).

Sono le istituzioni, come precisa la relatrice, ad imporre nelle varie epoche la visione della donna. Nel medioevo era l’aristocrazia a dominare e la donna veniva considerata come un essere demoniaco, imperfetto, inferiore all’uomo. Il riferimento era ovviamente alla «Genesi» in cui la donna, cedendo alle lusinghe del serpente, aveva portato alla rovina l’intero genere umano. Molti sono i racconti che in quest’epoca descrivono la donna negativamente in preda al vizio di lussuria e di frode. Nel periodo umanistico questa considerazione negativa della donna è del tutto superata . Con la civiltà dei comuni, il crescere della vita economica e lo sviluppo dei commerci, si assiste ad una completa rivalutazione della figura della donna, considerata adesso alla pari dell’ uomo per qualità morali e raziocinanti. 
È proprio uno dei protagonisti dell’Umanesimo, Leon Battista Alberti, architetto, scrittore, difensore e promotore del volgare a mettere la donna al centro della sua opera «De Familia», dettagliata analisi della vita familiare che vede la donna impegnata in importanti ruoli, quali moglie affettuosa, buone educatrice e soprattutto amministratrice dell’economia familiare.
Un'opera che anticipa questo nuovo ruolo che assume la donna in pieno Rinascimento è «La Città delle Dame » di Christine de Pizan, come ci ricorda la dott.ssa Pansini. L’opera è una sorta di rivendicazione della libertà femminile, l’autrice si chiede infatti il motivo della diversità tra i due sessi che ha dominato per diversi secoli. Come sottolinea la relatrice «la de Pizan vuole creare una sorta di auctoritas tutta al femminile». Per questo motivo diventa fondamentale la presenza delle donne nella politica, nella cultura e nella società. «Sono questi i fattori che portano la donna sullo stesso piano dell’uomo» precisa la dott.ssa Pansini, ed infatti l’autrice presenta nell’opera molti esempi di donne in grado di affrontare le violenze maschili, la guerra, capaci di amministrare i beni domestici ed i sudditi.
Dopo averci illustrato il grande cambiamento che investe la donna nel periodo rinascimentale, la sua emancipazione, l’accentuazione del suo ruolo pubblico, la dott.ssa Emanuela Pansini ci presenta l’opera che più di tutte delinea questo nuovo ruolo della donna: il «Libro del Cortegiano» di Baldassarre Castiglione. L’opera in quattro libri , scritta in forma di trattato, è finalizzata a formare il perfetto uomo di corte. Nel terzo libro l’autore si sofferma a descrivere le caratteristiche proprie della donna di palazzo che deve affiancare il cavaliere. La corte infatti, come ci spiega la relatrice, è il massimo luogo di ostentazione di lusso e di sfarzo delle famiglie principesche, ma soprattutto diviene in questo periodo il massimo luogo di diffusione della cultura.
Per Castiglione la donna di corte doveva possedere caratteristiche ben precise: nobile, elegante, prudente, moderata,istruita, doveva soprattutto saper intrattenere gli ospiti. Lasciate spesso sole a corte, le dame dovevano essere in grado di conversare con uomini politici, diplomatici, letterati, adattando i vari argomenti ai diversi ospiti. La donna di corte doveva possedere inoltre qualità sociali, che le conferivano importanza e prestigio nella società; qualità morali, necessarie a limitare gli eccessi, la gestualità, il riso, il rossore; qualità intellettuali, doveva infatti conoscere le arti, le lettere, argomenti con cui poter intrattenere gli ospiti.
Altrettanto importanti erano per la donna di corte anche la bellezza, la grazia, il portamento. Essendo sconveniente per una dama cavalcare o giocare a palla, le uniche attività concessale erano il canto e la danza, utili per trascorrere l’ozio dei cortigiani e per intraprendere relazioni sociali e amorose. La relatrice chiarisce che, nonostante la danza sia stata introdotta in Italia dagli uomini, furono proprio le donne a farne «il loro terreno di conquista». «Le donne con la danza cercarono di imporsi, di fare emergere la loro personalità, la loro femminilità, la loro voglia di sedurre» aggiunge la dott.ssa Pansini.
Anche la moda, l’abbigliamento erano un modo per emanciparsi; sappiamo infatti che si diffuse una vera e propria tendenza tra le dame più importanti delle corti rinascimentali ad emularsi ed imitarsi a vicenda per acconciature, trucco, abbigliamento. Due figure emblematiche per la particolare dedizione alla moda del tempo furono Elisabetta Gonzaga, duchessa d’Urbino e Isabella D’Este duchessa di Mantova, quest’ultima, diventata un icona di buon gusto in tutta Europa, viene considerata l’inventrice di una stravagante acconciatura chiamata «Capigliare».
Un'altra figura di donna importante nella corte rinascimentale è quella della cortigiana, a cui, come chiarisce la relatrice, era concesso ciò che era vietato alle dame. «La cortigiana, infatti era libera di sedurre ed essere amata, rifiutando il matrimonio». Anche la cortigiana però doveva essere dotata di spiccate qualità culturali e di prontezza d’ingegno. Legandosi molto spesso a uomini illustri e agli intellettuali del tempo, conquistava ruoli importanti nella società.
Per questi motivi il Rinascimento viene considerato l’inizio dell’emancipazione della donna, che, come afferma Virginia Woolf «cerca di conquistare una stanza tutta sua».
L’incontro si conclude con la lettura di una poesia di Alda Merini «Il Regno delle Donne» e con l’invito rivolto dalla dott.ssa Pansini alle nuove generazioni a considerare l’atteggiamento delle donne del Rinascimento, unendo all’aspetto esteriore e alla vacua bellezza le qualità sociali, morali ed intellettuali, sottolineate dal Castiglione.
 
© Riproduzione riservata
Autore: Loredana Spadavecchia
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1° Parte. - In tema di donna , è l'apoteosi, ora, delle definizioni assolute, eterne, lapidarie, a cominciare da quelle del capo. Nel 1925, alla Camera, durante la discussione del progetto di legge sul voto amministrativo alle donne, Mussolini, pur impegnandosi in prima persona per farlo passare, e pur rendendo omaggio al contributo femminile alla guerra vittoriosa, e riconoscendo, infine, “il posto occupato dalla donna nella vita sociale è oggi estesissimo e tende ad aumentare” ritiene tuttavia necessaria una premessa sulla diversità-inferiorità femminile: ” Non divaghiamo a discutere se la donna sia superiore o inferiore; constatiamo che è diversa. Io sono piuttosto pessimista…..: io credo ad esempio che la donna non abbia grandi potere di sintesi, e che quindi sia negata alle grandi creazioni spirituali”. Nel 1932, colloquiando con Ludwig, insiste ulteriormente sul tasto dell'inferiorità intellettuale femminile, in più ribaltando completamente la propria posizione di qualche anno prima circa l'estensione alle donne del diritto di voto: “ La donna deve obbedire. Essa è analitica, non sintetica. Ha forse mai fatto dell'architettura in tutti questi secoli? Le dica di costruirmi una capanna, non dico un tempio! Non lo può. Essa è estranea all'architettura, che è la sintesi di tutte le arti, e ciò è un simbolo del suo destino. La mia opinione della sua parte nello stato è in opposizione ad ogni femminismo. Naturalmente essa non deve essere schiava, ma se io le concedessi il diritto elettorale mi si deriderebbe”. E alla giornalista francese Hèlene Grosset, a proposito del lavoro femminile: “Riconosco – dichiara – che molte donne si trovano sotto pressione delle condizioni economiche attuali e sono per conseguenza obbligate a cercar lavoro fuori dalla propria casa. (continua)
2°Parte. - Ma il vero compito è soprattutto quello di spose e di madri. Il vero posto della donna nella società moderna, è attualmente, come in passato, nella casa”. Né si lascerà sfuggire l'occasione, nelle ricorrenti adunate femminili, di ribadire il suo pensiero sulla cosiddetta “missione femminile”: “Donne fasciste: voi dovete essere le custodi dei focolari”; “ La guerra sta all'uomo come la maternità alla donna”. Già da questa succinta antologia emergono i primi motivi di fondo dell'ideologia fascista della donna: la radicale inconciliabilità dei due sessi; l'inferiorità spirituale ed intellettuale della donna; la sua completa estraneità alla dimensione sociale e politica; la sua insopprimibile vocazione al ruolo di casalinga e di madre. In tutte queste ideologie, ancora vigenti, non facciamoci illusioni, si avverte chiarissimo il riflesso di pregiudizi antichi, ed in particolare la massiccia influenza dell'antifemminismo cattolico, del misoginismo paolino (“Bonum est homini mulierem non tangere”, Cor., VII,1) e dei Padri, influenza particolarmente radicata in un Paese che, oltre ad essere sede del Papato, non ha avuto una rivoluzione borghese e nell'ultimo cinquantennio del XIX secolo e nel primo ventennio del successivo, dal massiccio attacco clericale e oscurantista – da Anastasio Bocci ai gesuiti della “Civiltà Cattolica”, alla pattuglia dei “giuristi cattolici” (con in testa il Gabba), fino agli antimodernisti, al Giuliotti, a padre Gemelli… - portato all'istruzione pubblica, a quello delle donne in particolare, alla revisione del diritto di famiglia e di miglioramento delle condizioni giuridiche e sociali della donna. E' appena il caso di ricordare che tale influenza tanto più crebbe e divenne esplicita dopo la firma dei Patti Lateranensi, che segnò anche l'affermarsi di un'ala dichiaratamente clerico-fascista.- (fine)
1° Parte. - Molto è da fare, da smentire e da correggere. Dal falso “storico” inverosimile della mela, dal fascismo ai tempi contemporanei in cui la stessa donna ha messo del suo per essere sempre più considerata un oggetto, nonostante le tante rivalutazioni. Così scriveva papa Leone XIII nell'enciclica del matrimonio: “L'uomo è capo della donna, siccome Cristo è capo della Chiesa. Quindi, come la Chiesa è soggetta a Cristo, così le mogli eziandio debbono essere soggette ai loro mariti in ogni cosa”. Nel 1888 Guglielmo Gambarotta conduce un largo sondaggio di opinioni – come si direbbe oggi - , pubblicato l'anno seguente col titolo di “Inchiesta sulla donna”, proprio sulla controversa questione del rapporto uomo-donna. La donna uguale all'uomo; la donna superiore all'uomo; la donna inferiore all'uomo. Bravo chi sa trovare una quarta ipotesi. Lombroso e Ferrero scrivono: “Anche la sensibilità sessuale, checché se ne dica, è minore nella donna. Ho conosciuto ragazze che sono assolutamente insensibili all'amore; alcune presentano resistenza invincibile perché refrattarie al sentimento, altre cedono solo passivamente, senza entusiasmo e senza preferenze. Essendo, dunque, la donna naturalmente e organicamente monogama e frigida, si comprende come le leggi dell'adulterio abbiano colpito la donna in quasi tutti i tempi, e non l'uomo”. In poche parole: la donna non ha gli stessi diritti dell'uomo in quasi tutti i campi. Il magistrato milanese De Giuli: “Per sua costituzione fisica (la donna) è chiamata alla procreazione. Per istinto naturale, per inclinazione, per attitudine, è chiamata alla cura della casa”. La donna imparò e ripetè talvolta ciò che gli uomini avevano fatto, non li percorse mai e non li riassunse. (continua)

2°Parte. - Il genio, che è la sintesi di un popolo o di un'epoca, ebbe sempre nome da un uomo. Le cime più alte del sentimento e dell'idea sono inaccessibili alla donna: la metafisica e la musica sono maschili. Per la donna scienza e filosofia sono appena un dilettantismo, nell'arte non arrivano che al sentimento e all'ingegno. A poco meno di mezzo secolo di distanza, il vecchio Alfredo Niceforo, antropologo, demologo e criminologo di stretta osservanza positivistica, e antifemminista scannato, ripeterà: “ Inconcepibile con la psicologia femminile, il genio è maschio. Genialità è mascolinità alla ennesima potenza”. E' il caso di Ferrero: “In Italia il voto alle donne sarebbe un colpo di grazia al paese”, aggiunge Mantegazza: “ La vita politica sarà sempre un triste privilegio del sesso forte. Oggi ha poi piena ragione il Simon, quando dice che il voto politico dato alle donne vorrebbe dire il governo in mano ai preti”. Naturalmente il fascismo ( ad onta del suo conclamato “spiritualismo”) ha accolto senza residui tale ideologie e l'ha portata alle sue estreme conseguenze. Il resto della storia la sappiamo. Nella società dei consumi e dell'apparire, possiamo affermare con sicurezza, le donne hanno commesso molti errori di valutazione, permettendo la mercificazione in tutte le salse della femminilità e accettando, non opponendosi, alla continua esaltazione solo della bellezza delle forme, non dell'intelligenza. Molte donne si sentono gratificate solo nei complimenti alla loro bellezza, facendo così ancora una volta, il gioco sporco del “maschio”. Sarebbe da fare un “mea culpa” e poi riprendere il cammino del “risorgimento”. (fine)

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