Una società di mutuo soccorso fra marinai
La nascita e il diff ondersi delle società di mutuo soccorso in Italia furono una conseguenza dell’industrializzazione in forte sviluppo nel XIX sec. Gli artigiani, gli operai e altre categorie sociali si organizzarono fra loro per garantirsi un aiuto reciproco e un modello di vita migliore per aff rontare le malattie, le invalidità e la vecchiaia. Anche a Molfetta nel 1870 sorse una società di soccorso fra muratori e solo nel 1875 fu costituita, invece, una Società Operaia di Mutuo Soccorso. Prima ancora che queste organizzazioni sociali si costituissero a Molfetta sull’esempio di altre città, possiamo vantare un primato: la costituzione di una prima società di mutuo soccorso fra marinai già dal 1859. L’iniziativa fu presa da alcuni padroni (capitani) di bastimenti che genericamente traffi cavano con Trieste e Venezia, piazze commerciali di grande traffi co, dove già da tempo si era all’avanguardia in diversi i campi e anche in quello sociale. La frequentazione di taluni ambienti esteri suscitò nella marineria da viaggio molfettese la consapevolezza di aiutarsi vicendevolmente, organizzando e mettendo in atto una loro società mutualistica. Il 25 agosto del 1859, padron Vito Antonio Pansini nella veste di cassiere, padron Francesco Fornari, padron Matteo de Judicibus, padron Maurangelo de Gioia e padron Domenico Cafarella come deputati, depositarono un documento sottoscritto il 31 luglio da ventotto padroni di barche mercantili molfettesi sulla costituzione di una “società di risparmio”. In premessa essi dichiararono che volendosi provvedere al necessario sostentamento dei marinari, padroni e capitani bisognosi ed indigenti di questo Comune, i quali o per vecchiezza o per altro legale impedimento si rendessero inabili al giornaliero travaglio ed a procacciarsi il vitto con le fatiche delle proprie braccia, si è venuto a stabilire e condividere nell’interesse di tutti noi qui sotto fi rmati nei nomi propri che nell’interesse di tutta la intera marina molfettese il seguente contratto, il quale non consisterà che in una società di risparmi da cui poter economicamente col tempo sovvenire ai verifi cabili bisogni dei marinari, padroni e capitani indigenti1. Lo statuto composto da 16 articoli stabiliva e regolava i rapporti interni alla società. In primo luogo tutti i marinai e i padroni per ogni viaggio, versavano alla cassa societaria il 5% della paga. La detta contribuzione del 5% si versava fi no al raggiungimento di un capitale sociale di 5.000 ducati, poi essa si riduceva al 2,5% fi no al conseguimento di un capitale sociale di 10.000 ducati. Appena costituitosi detto capitale sociale si sospendeva la contribuzione. Le cariche sociali elette dai soci erano cinque: quattro deputati e un cassiere che formavano la Commissione e dovevano essere persone rette. Solo il cassiere doveva essere solvibile e avere un sicuro patrimonio; a questi spettava segnalare su un registro le date di partenza e l’arrivo di ogni bastimento, per poi riscuotere la contribuzione da ogni capitano di bastimenti che precedentemente l’aveva raccolta da tutto il suo equipaggio. Ai deputati era riservato il controllo, ogni sei mesi, dell’operato del cassiere, relativamente allo stato di cassa, quello di deliberare l’andamento societario e, infi ne, di valutare e accettare per il sussidio le varie domande presentate, dando priorità ai giovani e agli anziani invalidi, agli anziani inabili e infi ne ai poveri. Alle vedove spettava la metà del sussidio. Per garantire l’esistenz del fondo sociale fu stabilito che le prestazioni del sussidio iniziavano quando nella cassa sociale si era accumulata la somma di 1.000 ducati. Per aumentare il capitale sociale fu previsto di dare denaro in prestito o da investirlo. Alla fi ne di ogni anno si doveva approntare il bilancio che poi doveva essere controllato e approvato da dieci capitani soci. La Commissione restava in carica tre anni e alla fi ne del suo mandato esibiva i conti generali. Nel caso nessun capitano di bastimento socio, fosse disponibile alla carica di cassiere, la stessa poteva essere affi data a un mercante locale con solvibilità e congruo patrimonio personale. L’obbligo della contribuzione veniva meno in caso di morte o di cessazione dell’attività come marinaio o padrone. Nell’eventualità che un marinaio forestiero venisse ad abitare a Molfetta e iscriversi alla società, doveva avere nel futuro almeno dieci anni di navigazione su bastimenti molfettesi; ciò al fi ne di evitare che marinai di città limitrofe avessero intenzione solo di percepire un sussidio. Fino al 31 luglio erano stati raccolti già 500 ducati, frutto delle prime contribuzioni. I fi rmatari del documento della costituzione della “società di risparmio” elessero la Commissione nelle persone prima indicate; che successivamente si presentarono avanti ad un notaio per depositare l’atto di costituzione, in seguito amministrare la stessa società. Dell’atto costitutivo furono fatte tante copie quanti furono i sottoscrittori. Ignoriamo le traversie di questa società. Nove anni dopo l’atto costitutivo, siamo nel 1868, gli stessi personaggi si presentarono davanti al notaio Ignazio Fontana e sciolsero la “società di risparmio”. Il cassiere Vito Antonio Pansini presentò la chiusura della cassa sociale con un attivo di 2.016 ducati e 76 grana pari a £. 8.571,23 che consegnò ai commissari della società col compito di dividere la somma e dare a ciascun socio il relativo corrispettivo2. Dopo questa esperienza associativa, una parte della classe marinara costituì nel 1882 la società di mutuo soccorso I Figli del Mare, scioltasi intorno al 1956. Nel 1887 fu costituita un’altra società di mutuo soccorso I Lavoratori del Mare. Nel 1923 circa i soci di quest’ultima confl uirono nella nuova società Cooperativa di caricatori e scaricatori “Il Leone” che nel 1929 confl uì poi nella Compagnia Portuale Domenico Picca.
Autore: Corrado Pappagallo