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Una ricerca di Emilia Favuzzi, giovane neuroscienziata di Molfetta pubblicata sulla prestigiosa rivista Neuron
02 agosto 2017

MOLFETTA – Una nuova ricerca, che ha come prima autrice Emilia Favuzzi (foto) di Molfetta, è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Neuron, e rivela un meccanismo molecolare che permette alle connessioni nervose di cambiare come risultato della nostra interazione con l’ambiente. In particolare, Emilia Favuzzi e un gruppo di neuroscienziati presso il Centre for Developmental Neurobiology e il MRC Centre for Neurodevelopmental Disorders del King's College di Londra hanno scoperto che una proteina chiamata Brevican è il mediatore di questa adattabilità. Infatti, la perdita di questa proteina causa difetti nella memoria spaziale a breve termine, la parte della memoria che, tra molte altre funzioni, ci permette di ricordare dove abbiamo parcheggiato la nostra auto tre ore prima. La scoperta ha lo straordinario potenziale di rivelare nuove strategie terapeutiche per disordini neurologici e psichiatrici, come Alzheimer e schizofrenia.

Una delle proprietà più rimarchevoli del nostro cervello è la sua capacità di percepire e interpretare complesse informazioni riguardo l’ambiente che ci circonda. Per far ciò, i circuiti nervosi vanno continuamente incontro ad un processo chiamato “plasticità nervosa” che è alla base della nostra abilità di apprendere e memorizzare. Ad esempio, tutti i neonati nascono con la capacità di sviluppare qualunque lingua, ma la loro comunicazione verbale dipenderà dall’esposizione ad una determinata lingua durante le prime fasi di sviluppo. D’altro canto, la plasticità del nostro cervello si riduce con l’invecchiamento ed è alterata in vari disturbi neurologici e psichiatrici tra cui depressione, disturbo bipolare, schizofrenia e Alzheimer. Di conseguenza, l’identificazione dei meccanismi alla base di questa forma di plasticità può aprire la strada a nuovi trattamenti.

Studi precedenti avevano dimostrato che un particolare tipo di neuroni della corteccia cerebrale – identificabili perchè presentano una specifica proteina chiamata parvalbumina – sono in grado di cambiare in risposta agli stimoli ambientali e hanno un ruolo chiave nella plasticità nervosa. Tuttavia, fino a ora, i meccanismi alla base di questa straordinaria capacità erano in gran parte sconosciuti.

Emilia Favuzzi, figlia di Mimmo figura storica della sinistra locale e già senatore, racconta la sua esperienza all’Associazione Molfettesi nel mondo: «Ho lasciato Molfetta e la casa dei miei genitori a 19 anni per andare a studiare a Roma, alla Sapienza, dove ho formato le mie solide basi scientifiche. L’esperienza di dottorato all’estero, prima in Spagna e poi a Londra, è stata fondamentale per la mia crescita sia professionale che personale.

A livello professionale, mi ha permesso di realizzare il sogno di fare ricerca d’alto livello e non solo esser parte della comunità scientifica internazionale ma anche contribuire significativamente all’avanzamento delle nostre conoscenze nel campo dello sviluppo e della plasticità delle connessioni nervose. L’impegno e il duro lavoro sono stati ampiamente ricompensati, culminando, per esempio, con la ricerca appena pubblicata su una delle più importanti riviste scientifiche di Neuroscienze o l’offerta di lavoro ad Harvard.

A livello personale, sia Alicante che Londra sono state estremamente accoglienti e mi hanno permesso di conoscere culture diverse. Per esempio, i ricercatori del MRC Centre for Developmental Neurobiology del King's College di Londra provengono da più di 30 Paesi differenti, molti europei, ma anche da paesi più lontani come Cina, India o Singapore. Lavorare in un ambiente internazionale e multiculturale indubbiamente arricchisce, permette di conoscere modi di pensare e comportarsi diversi dai tuoi. È sorprendente quanto si possa imparare dal contatto con persone profondamente diverse da noi.

Proprio come le nostre papille gustative si aprono a nuovi sapori e cibi, così la nostra mente si apre a nuove culture. Conosciamo la meraviglia della diversità, ma anche il disorientamento e l’incertezza, la gratitudine nel ricevere aiuto e lo stupore dell’accoglienza.

Vivere in un altro paese non è sempre facile o privo di difficoltà. Soprattutto agli inizi, le barriere linguistiche e culturali possono apparire quasi insormontabili ma è proprio quando si riesce a superare queste barriere che il processo di arricchimento e crescita inizia. Il modo in cui superiamo le sfide poste dal vivere in un nuovo paese si rivela una vera e propria cartina tornasole di ciò che siamo. Permette di apprendere i propri limiti, affrontarli, superarli, e, nel processo, conoscersi. Ed è proprio in quel momento che si diventa capaci di superare nuove sfide. In un certo senso, vivere in un nuovo paese può probabilmente essere considerato la quintessenza di quel gnoti sautón (conosci te stesso) che ha influenzato il pensiero di vari filosofi, da Socrate a Sant’Agostino a Kant.

Sia la ricerca che la carriera scientifica traggono gran beneficio dalla mobilità. Vivere a Roma, ad Alicante o a Londra è stato estremamente differente e formativo. Anche se nessun’altra città potrà mai avere lo stesso valore affettivo di Molfetta, la città in cui sono cresciuta e che avrà sempre un posto unico nel mio cuore, ciascuno dei paesi in cui ho vissuto ha, diversamente ma profondamente, contribuito a plasmare sia le mie conoscenze scientifiche sia la mia personalità. Ci sono aspetti di ognuno di questi paesi che ho molto apprezzato e che avrei voluto conservare nel paese successivo. Ora, spostandomi negli Stati Uniti, mi preparo a vivere quest’esperienza per la terza volta, con rinnovate aspettative e speranze ma anche con una maggior consapevolezza di me stessa».

Emilia Favuzzi, nata a Molfetta nel 1985, ha conseguito nel 2004 il Diploma di maturità presso il Liceo Scientifico "A. Einstein" di Molfetta, con valutazione finale 100/100. Nel 2008 si è laureata con 110 e lode in Scienze Biologiche alla Sapienza Università di Roma, con una tesi su Un modo per inattivare MYC, proteina essenziale allo sviluppo del cancro; nel 2010 ha conseguito la Laurea magistrale in Neurobiologia sempre presso la Sapienza Università di Roma, con votazione di 110 e lode, con una tesi su "Impatto dell’inibizione di Myc sulle proprietà tumorali di cellule di glioblastoma". Dopo aver lavorato con un contratto a progetto presso l’Istituto di Biologia e Patologia molecolari del CNR di Roma, nel 2011 ha vinto una borsa di Dottorato di Ricerca del ministero di Scienze spagnolo (JAE-pre doc). Nello stesso 2011, ha iniziato il Dottorato di ricerca in Neuroscienze presso l’Istituto di Neuroscienze di Alicante in Spagna e poi, grazie a finanziamenti del King's College di Londra, presso il MRC Centre for Developmental Neurobiology del King's College di Londra. Parla correntemente inglese e spagnolo. Agli inizi di settembre conseguirà il Dottorato di ricerca in Neuroscienze con una tesi sui meccanismi che regolano la formazione e le dinamiche dei circuiti nervosi nella corteccia cerebrale ("Cell-type specific programs regulate the assembly and dynamics of cortical circuits"). Una prima parte dei risultati della sua tesi di dottorato sono appena stati pubblicati sulla rivista scientifica Neuron. A fine ottobre si trasferirà negli Stati Uniti, per lavorare come “post-doc” presso la celebre università di Harvard e il “The Broad Institute of Harvard and MIT”. 

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