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Teologia della liberazione e marxismo Lettere persiane
15 aprile 2013

Nel recente passato vi sono stati intellettuali marxisti che si sono confrontati con la Teologia della liberazione. Uno di questi è stato Louis Althsusser che negli anni Ottanta prima della tragedia (morì suicida) ebbe una lunga serie di colloqui con Stanilas Breton sul marxismo e la teologia della liberazione, sul proprio percorso intellettuale, sulla possibilità di incontro fra marxisti e teologi della liberazione. La sua fiducia nella strategia politica dei partiti comunisti era ormai scarsa tanto che pensava di varare un seminario internazionale sulla rifondazione del marxismo; partiti e sindacati erano ormai diventati dei morti viventi, dei morti in piedi e non esistevano più energie in grado di ostacolarne la burocratizzazione. Il Partito comunista francese non riusciva a venir fuori dalla sua povertà strategica e progettuale, mentre il passaggio del guado inaugurato dal Partito comunista italiano era visto con sospetto. Meglio rivolgere lo sguardo all’America Latina, ai nuovi popoli che volevano fare la storia, ai dannati della terra che nel ventennio precedente avevano occupato la scena mondiale. I riferimenti alla religione nel percorso intellettuale di L.Althusser sono condensati in alcune sintetiche affermazioni relative al misticismo e alla teologia negativa contro la forma di integralismo religioso proposto da papa Karol Woytila. Una religione della sofferenza, la religione degli scarti della storia, la religione della mancanza d’esistenza imposta ai poveri del pianeta, il mancare ad esistere che può diventare la condizione di tutti i soggetti. Per il filosofo francese, la religione e il bisogno di religione può esprimersi solo nell’atto mistico, quel momento fuggente, lacerato in cui il credente pone la domanda sulla sua esistenza, perché qui, ora, in questa condizione di miseria e di disperazione e non altrove col cappello a falde larghe del petroliere texano che ha la villa con piscina con la staffa di cavallo all’ingresso e i pozzi che si vedono in lontananza, ma è più nevrotico di me perché W. Allen o chi per lui ha detto che sono tutti nevrotici e la febbre dell’oro li rende tali. Perché qui, ora nella foresta amazzonica che sta per essere invasa, tagliata, smembrata, percorsa da superstrade; perché qui, ora deve arrivare dio, sulla catena andina dove regna la miseria e ogni tanto viene qualche giornalista a fare un reportage, ma il Che lo hanno già ammazzato; perché qui, ora e non altrove in Sud Africa dove i negri non hanno ancora la dignità di uomini; perché qui, ora e non altrove in Serbia o Croazia con le pulizie etniche; perché qui, ora e non altrove in Iraq con le bombe a frammentazione e la guerra umanitaria in corso; perché qui, ora, nel recente passato e non altrove nella giungla vietnamita con gli elicotteri che spandono il napalm e il generale ordina il bombardamento a tappeto sul villaggio vietcong con il sottofondo della musica di Wagner. Perché la bellezza esiste, perché l’esistenza del credente è bella, anche se manca ad esistere; ai credenti viene negata la bellezza di esistere. Questa esperienza del limite, della domanda fondamentale è il senso del misticismo e di tutta la teologia negativa; è il senso della teologia della liberazione, la teologia come domanda limite, come domanda al limite, l’ebbrezza del limite che è la bellezza dell’esistenza. Una teologia che non si affida a postulazioni dogmatiche, ma che mette in gioco l’esistenza di tutti. Breton nelle poche righe che ha lasciato in ricordo del suo amico scomparso elenca ancora altri problemi che lo coinvolgevano prima di morire. La lucida coscienza della mondializzazione dello scontro e della guerra planetaria fra dannati della terra e cittadini delle società opulente, la quarta guerra mondiale. Il riferimento continuo, ossessivo alla potenza creativa dei soggetti che collocava nel causa sui di Spinoza; l’essere causa di se stessi, il nascere prepotente alla vita, il canto alla vita del dio-uomo che non aveva bisogno di mettersi sulla scena come Antonin Artaud, ma che era la vita bella di combattente e filosofo di Louis Althusser, come è bella la vita di tutti. Il fascino dell’incontro con i molti, come si dice oggi con la multitudo, nella richiesta incalzante, prepotente, corale, vincente dell’appagamento del desiderio che per i molti è bisogno di mangiare, bere, vestirsi, abitare. Erano i quattro verbi enunciati da Marx, quattro zone, quattro spazi del desiderio che vedeva compromessi su scala planetaria e che voleva realizzare con il comunismo. Qui e ora, subito il messaggio della nuova narrazione, qui e ora, in questo momento, non c’è più spazio per le mediazioni. Le donne del mare, le dee del mare mi dicono qui e ora perché forse non le rivedrò, sorvegliano il mio sonno, ma un giorno potrei non svegliarmi, lasciando una situazione drammatica, piena di contraddizioni. Le due figlie emigrate, una ad Amburgo, l’altra a Parigi. Non vedo più i ragazzi nei corridoi perché mi hanno messo in pensione; qualcuno è partito per la Germania, so che sono tutti alla ricerca di qualcosa, un posto di lavoro, una compagna da amare, una famiglia, dei figli. Noi abbiamo il dovere morale di garantire queste cose a quelli che verranno. Abbiamo il dovere morale di dare una guida, un governo alla nostra nazione. La Chiesa in pochi giorni ha insediato un capo spirituale che ha avviato un nuovo corso; la Chiesa dei poveri sta mettendo in angolo la chiesa degli scandali, degli affari e della finanza. Il mondo laico deve accogliere il messaggio che viene dal mondo cristiano e mettere in campo politiche a favore dei giovani, dei diseredati, dei poveri, degli emarginati, dei migranti. Il diritto di tutti ad esistere, quel diritto che le moltitudini hanno conquistato nel corso dei secoli.

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