Teatro a Molfetta col “Carro dei Comici”: in scena “Alchimie” di Francesco Tammacco
MOLFETTA -È il caso di dire “tanto con poco”.
Scenografia parca, costumi in bianco e nero ma tanta buona sceneggiatura.
“Alchimie”, esperimento teatrale condotto dalla compagnia “Il carro dei comici”, raccoglie tanti applausi con la formula semplicissima di esercizi di recitazione.
Francesco Tammacco, mente del testo e della regia dello spettacolo, strizza il panno della sua esperienza e ne cava fuori il succo migliore. Alchimie, appunto.
Alchimie di qualsiasi fatta, maturate durante le prove o figlie dell'improvvisazione dei bravi teatranti.
Alchimie di chimica dove i commedianti vantano numeri atomici e legami a idrogeno come fossero titoli di nobiltà, e alchimie di elettrodinamica dove tutti si fanno elettroni matti che corrono in una sezione di rame, alchimie in cui Pitagora e Leopardi si stringono la mano, alchimie parmenidee di essere e non essere, alchimie di schiamazzi di pitecantropi trogloditi (magistralmente simulati dalle corde vocali dei commedianti Ivano Bufi e Nicolò Aurora), alchimie di peccati capitali, alchimie di metalli che raggiungono la fusione nella danza. In altri termini un saporitissimo minestrone teatrale.
Le alchimie si fanno e difficilmente si raccontano; ed ecco purtroppo che il lettore, frettoloso o dalla buona immaginazione, coglierà poco da quanto scritto sinora.
Piuttosto illogico raccontare qualcosa senza il familiare e rassicurante filo rosso che ne fa da guida e ne svolge la matassa.
Ma questo, in fondo, è il senso dell'opera di Tammacco; tanto spazio ai sensi, poco al filo rosso.